Banana Yoshimoto a Napoli: foto ricordo con collinetta di monnezza

yoshimotoMANUELA CAVALIERI

La scrittrice giapponese più amata dagli italiani è in questi giorni a Napoli, ospite del Napoli Teatro Festival.
Banana adora la città ed ha confessato di esserne rapita.
Lo scorso sabato era di scena il suo Chie-Chan e io adattato per il teatro dallo storico traduttore Giorgio Amitrano dell’Orientale. La piece, diretta da Carmelo Rifici, tratteggia l’insanabile ed eterno conflitto tra i desideri materiali e quelli dell’anima.
Quando, questa volta, la Yoshimoto ha comunicato l’intenzione di venire in Italia, a Napoli per la precisione, parenti e amici dopo lo sconcerto iniziale, hanno inutilmente tentato di dissuaderla: “Vai a Napoli? Ma sei pazza? Camminerai nella spazzatura!”.
Timori che la stessa scrittrice riporta in un’intervista.Continue reading

Ciliegie, munnezza e una “radio libera”

jatevenneSERENELLA MATTERA

Radio libere. Anni ’70. Giovani pronti a cavalcare la liberalizzazione dell’etere per dare voce a impegno civile, idee, bisogni, sogni. Mezzi poveri e voglia di dire. Ma soprattutto qualcosa da dire, qualcosa per cui lottare, qualcuno contro cui lottare. Una “causa”, si diceva una volta. Se ricorrono questi elementi si torna sempre lì, con strumenti diversi. Un pc, una webcam, una prolunga e qualcuno cui scroccare la connessione a internet. E magari un gazebo fornito dal Comune e una protesta che ti fa sentire in trincea.
Quando è iniziata la tregua tra amministratori locali e governo, i cassonetti rovesciati a mo’ di barricate hanno lasciato il posto agli stand della “Sagra della ciliegia”, frutto di stagione elevato a simbolo di una rivolta silenziosa. Dalle parti della rotonda “Titanic”, luogo dal nome beffardo, sono stati allineati tende, banchetti e un grande palco. Sulla via che porta dove potrebbe nascere una discarica l’atmosfera è calma, gli animi bellicosi sono sedati, ma promettono nuova battaglia se il governo dovesse fare quel che ha promesso, sversare a Chiaiano tutta la “munnezza” di Napoli. Durante la tregua, però, le telecamere si allontanano, la gente si distrae, la protesta rischia di scomparire, agli occhi di chi abita fuori dal suo epicentro. E allora non resta che farsela in casa la tv, nelle orecchie il suono lontano di una radio libera.Continue reading