Fantasmi sotto i portici, solo le ombre riempiono le strade de L’Aquila, la città inutile. Domani saranno quattro gli anni che ci separano da quella frustata, la scossa che sommerse di pietre 309 persone. Sono gli anni della nostra ultima vergogna, che raccontano la cattiva coscienza degli italiani e anche perché tacerlo? la disposizione spesso supina degli aquilani ad accogliere tra le braccia ogni scempio, e ritrovarsi disperati dopo che i soldi hanno imbiancato le strade come fiocchi di neve del Gran Sasso.
Arrivo a Preturo e guardo l’aeroporto, la pista che doveva dare all’Aquila ferita ali nuove, per tornare a volare. Ci è atterrato Berlusconi quando era presidente muratore, poi, raccontano, una volta l’imprenditore Barilla e infine il nulla. Erbacce al costo di una ventina di milioni di euro. Preturo ha davanti L’Aquila e lei guarda il Gran Sasso. Sta facendo i conti con i soldi che non arrivano, che si perdono nelle promesse, oppure che ci sono ma non bastano. I soldi sembrano averla affamata, resa astiosa, incredula che, dopo l’interminabile show mediatico di cui è stata protagonista. Ora nessuno bada più alla sua condizione. Non un rigo sui giornali, un minuetto in televisione, una dichiarazione alle agenzie di stampa. “Se l’Italia ci ha dimenticati, ammaineremo la bandiera dal municipio, cacceremo perfino il Prefetto se ci toccherà farlo, rammenteremo a tutti la nostra dignità”. Sante parole quelle del sindaco Cialente che rivendica il diritto alla memoria, alla solidarietà e soprattutto alla ricostruzione.Continue reading