Andare da un pizzo all’altro. E andarci comodi, quasi in carrozza. Grazie al pizzo, allo spuntone di roccia che maestoso separa il borgo dalla marina, Pizzo Calabro è diventuto un luogo famoso, visitato, segnalato in tutta Italia. Il suo mare turchese, la costa stupefacente, i vicoli e i profumi inconfondibili. Nel 1984 il sindaco ebbe un’idea grandiosa: se bucassimo il pizzo, se gli facessimo un foro interno invisibile, come usano i pasticcieri col panettone riempito di crema chantilly, avremmo la possibilità di installare un ascensore. Riparato dagli occhi ma vicino al cuore (e alle gambe) di tutti coloro che si risparmiano gli scalini e il sudore dell’arrampicata.
L’idea parve davvero ottima e malgrado qualche contestazione del solito comitato spontaneo pro natura (“Pizzo si chiama così perché c’è il pizzo di montagna, e chi viene lo sa che si sale e si scende e questo è anzi il bello”) fu subito contratto un mutuo da un miliardo per la realizzazione. Subito proprio no. Ma in Calabria il tempo passa più lento che altrove, quindi: 1995 inizio dei lavori. Undici anni di riflessione sono sembrati il giusto. Serve una parentesi: quando un’amministrazione pubblica deve contrarre un debito ha la mano leggera. Quel debito peserà sulle casse, produrrà interessi, dovrà essere restituito. Ma in Italia non c’è l’ufficio della resa del conto: cosa fai, quanto costa, perché lo fai e chi paga. Nessuno deve rispondere a nulla. Geniale.Continue reading