da: Il Fatto Quotidiano, 19 novembre 2015
ALFABETO – VITO MANCUSO, teologo. Il tempo al contrario: un Paese papista senza religione civile
A Roma neanche la Chiesa è santa, figurarsi il resto. Quel resto siamo noi.
C’è un quid che ci manca: si chiama religione civile. Il teologo Vito Mancuso ne parlò diffusamente ancor prima che declinasse il pantheon berlusconiano. E spiegò che anche un nostro tratto antropologico, la scaltrezza, la condizione di assestare il passo dove meglio il piede potesse proteggersi, si andava dilatandosi fino a divenire costante ed estrema furbizia. Alla fine della giostra però la furbizia diviene null’altro che devianza dell’intelligenza.
Era il 2009 quando lei ne scrisse. Nulla è cambiato.
Non facciamoci illusioni, sono condizioni che non si colmano certo in un lustro. La religione (da re-ligio) è il senso di collegamento, di appartenenza, un legame fortissimo con qualcosa di più grande. Come cittadini è la disposizione della mente e del cuore a essere parte di qualcosa di più grande di noi stessi.
Perché siamo così?
Perché siamo divenuti italiani troppo tardi. Perché siamo figli di uno Stato che si è unito solo da pochi decenni, ha subìto la frammentazione, è stato ostaggio di domini potentissimi, non ultimo quello dello Stato Pontificio.
E siamo alle colpe della Chiesa.
La religione cattolica, a differenza di quella ortodossa e protestante molto votate alla identità nazionale e anche di più, ha preteso di essere l’Assoluto in terra e i fedeli hanno individuato la Chiesa come un succedaneo dello Stato, sovrapponendo l’una a discapito dell’altro: la comunità ecclesiale, il Regno dei cieli.
Poi la politica ha fatto il resto.
In Italia è stato sempre fortissimo il filone socialista e comunista. Non è un caso che nelle loro riunioni si cantasse l’Internazionale. E non è un caso che la parola Patria fosse intesa come una parolaccia e il senso nazionale vanificato sistematicamente.
E infine ci siamo noi italiani a completare l’opera.
È indubitabile che la natura dell’italiano sia individualista, e che questo carattere si mostri ancor più decisamente scendendo da Nord a Sud. Non c’è misura tra il senso di compattezza e unità del popolo tedesco rispetto all’italiano. Ma uguale differenza risalta anche se il raffronto è fatto tra un trentino o un piemontese e un siciliano.
Quanto ci costa essere individualisti?
Ci accreditano di essere un popolo di notevole intelligenza. Molto creativo con punte di genialità davvero non comuni. Ed è tutto vero. Però malgrado questa forza è l’uso distorto dell’intelligenza a farci affondare. Quando l’intelligenza diviene furbizia sistemica e di massa allora sono guai.
Troppo furbi. Un suicidio collettivo dell’etica.
La misura esorbitante della furbizia produce il caos, un divenire caotico della nostra vita. L’intelligenza vede quel che vuole vedere. Esiste il primato della volontà. E noi selezioniamo scientemente. Rifiutiamo il collegamento all’idea madre, a un qualcosa di più grande che ci unisca e ci faccia sentire comunità.
Individualisti, furbi e devotissimi.
Ma spesso la religione sconfina nell’intimismo, il credo si fa superstizione. È il sintomo di una religione immatura, così distante dalla predicazione di Gesù. Beati i perseguitati per la giustizia, per la loro voglia di vedere affermato il diritto. E che dire dei profeti? Per tutti si legga Isaia: “Quel che voglio è che il diritto non venga calpestato”. Invece esiste un senso comune diverso, differente.
Quel che succede in queste ore in Vaticano conferma il senso comune: non può esistere rigore, diritto, pulizia. Ma soltanto il rovescio, lo sporco.
Roma è l’emblema di questa incapacità di credere ai grandi ideali. La città santa è divenuta la città cinica, disillusa, tradita. Del resto la storia del papato è contrassegnata dalle stagione dei corvi. La storia ci offre casi a ripetizione: da papa Formoso alla papessa Giovanna, ai Borgia, fino ai giorni nostri…
Una stagione infinita di corvi.
Ora l’opposizione a Francesco è così visibile e la notizia del male al cervello è così simbolica. Il cervello ci guida e se si ammala si produce un processo di cancellazione, di lacerazione del tessuto. Ma la lacerazione è l’esatto contrario della religione. Mi aspettavo questo epilogo.
Se lo aspettava?
Assolutamente sì. Significa che Francesco sta duramente provando a cambiare la Chiesa, a trasformarla. Ogni azione di rinnovamento produce opposizione, al Concilio si creò lo scisma lefebvriano. Ora siamo di nuovo al punto, al bivio.
Da: Il Fatto Quotidiano, 24 ottobre 2015
Giovanni Sartori: “Obama è un incapace, il Papa un furbo e Renzi un furbetto”
Ho solo quattro peli sulla lingua. Se lei riuscirà a schivarli ci divertiremo”. Giovanni Sartori ha superato una guerra mondiale, il ’68 e tre polmoniti virali. È il più brillante politologo italiano, il più attrezzato nell’uso della parola come falce espressiva, il più disinibito nel piacere con cui aggroviglia e riduce a cenere i protagonisti del nostro tempo, al di qua e al di là delle Ande. L’incontro domenicale è nella sua casa romana: “Come mi trova? Un po’rincoglionito, vero? Guardi il bastone, purtroppo ora mi serve. Guardi il medaglione messicano che mi hanno affibbiato. Con i messicani vado proprio d’accordo. E guardi questo dono del principe delle Asturie, non male eh?”.
La trovo in forma.
Le polmoniti, tre di seguito, mi stavano accoppando e lei mi trova in forma. Bel pezzo di bugiardo.
Le rispondo con una sua fantastica espressione: siamo dei bipedi implumi. Adulatori impenitenti.
L’ho usata in questo ultimo libro. Gli uomini sono animali strani. Due piedi e senza piume. Questo libro avrei voluto titolarlo La corsa verso lo sfascio. Poi mi hanno convinto a cambiarlo (La corsa verso il nulla. Dieci lezioni sulla nostra civiltà in pericolo, Mondadori). L’editore mi aveva invitato a non pubblicarlo d’estate. Dice che in estate gli italiani leggono solo cose leggere. Gli ho risposto che allora era giunto il momento per me di provare il brivido di restare invenduto.
Siamo ignoranti.
Spesso ignorantissimi. Non è un’esclusiva italiana, però. Prenda Obama. Frequentava alla Columbia il corso di laurea dove insegnavo. Ma non l’ho mai visto alle mie lezioni. Le sembra uno capace?
Non conosceva il professor Sartori. Avrà pensato di aggirare i corsi apparentemente infruttuosi.
Ma io avevo due corsi importantissimi per lui! Uno sulla teoria della democrazia, l’altro su metodo, logica e linguaggio in politica. Tu vuoi fare politica e non segui questi corsi? Gli interessava solo di essere eletto. Personaggio da quattro soldi.Continue reading
Giuliano Ferrara: “Il pontefice si mimetizza”
Dell’ateo devoto Giuliano Ferrara ha ogni caratteristica. È un po’ scolaro del magistero ecclesiastico e un po’ no. Il papato di Francesco per esempio, tende continuamente ad annullare le maestose effusioni con le quali aveva illustrato l’avvento di Benedetto XVI. Ferrara vive come un doloroso contrappasso l’avvicendamento papale. È come se le parole di Bergoglio lo deprimessero rivelandosi così ostili, fonte di uno spasmo acuto, di quelle fitte cattive.
Il Papa riceve i politici, ma non li perdona…
Non è di ieri, e mi fa specie che voi non lo conosciate questo giudizio di Francesco.
I corrotti no.
Sono un corrotto e un peccatore.
Pensavo: ora Ferrara attaccherà il Papa giustizialista, il Papa manettaro.
Il giudizio è contenuto in un’omelia di tre/quattro mesi fa. Come intuisce, io seguo ogni esternazione della Chiesa.
Quindi stiamo travisando.
Lui dice: un conto sono gli agenti del male, i corrotti.
Gli agenti del male. Anche così si alimenta la cattiva opinione che lei ha di questo Papa?
La mia opinione è che l’Occidente non regge senza la sua religione. È una condizione insuperabile. E la Chiesa ha sempre detto: spalancate le porte a Cristo, siate felici ma poi alla fine restate obbedienti alla sua parola.
E questo Papa, invece?
Questo Papa invece si mimetizza. Uomo tra gli uomini, lui come gli altri. Sentitevi liberi, aggiunge. Praticando fino al punto estremo della dissipazione spirituale questo atto di tolleranza, questa fiducia nella differenza, questo amore nella libertà assoluta degli atti di ciascuno.
È l’estremo che la inquieta?
È questa libertà assoluta.
Questa tolleranza?
Ma lei li conosce gli uomini?
da: Il Fatto Quotidiano 28 marzo 2014