L’uomo dei gelati o il marito depresso, il francese violento e spaccone o il musulmano tunisino di recente e indemoniata fanatizzazione, ha maciullato –oltre i corpi– un luogo.
Quel lungomare inizia a Genova e finisce a Marsiglia, e Nizza è per un terzo sabauda e ligure, prolungamento estivo di Torino e Cuneo, di Savona come di Imperia. Nizza parla anche italiano, e le vittime sono anche italiane e così lo spavento, la convinzione di aver conosciuto il culmine della paura, la vetta oltre la quale mancano le parole e persino le forze. Quei morti lasciati in terra, e i bimbi trafitti, le carrozzine ferme, i peluche, troppi peluche, sono l’istantanea della dannazione in terra. Esistono i cattivi e Mohamed Lahouaiej Bouhlel ne è stata la massima espressione possibile. Ha esercitato da solo il diritto allo sterminio, muovendosi sulla promenade des Anglais con questo vagone frigorifero, l’enorme bruco di gomma che secondo i piani avrebbe dovuto –e purtroppo così è stato– gonfiare il male come la pancia di una rana e portare alle stelle l’orrore.
La Nizza anche italiana e i nostri risvegli
Un atto terroristico puro, così spaventosamente prodigioso, ha reso l’altra notte spettrale la città delle vacanze, la nostra Nizza, e ammutolito ieri mattina tutta la Francia e anche noi italiani. Lo stordimento è stato tale che persino la caotica Roma si è svegliata con l’affanno: traffico di fine settimana, vero, ma comunque il venerdì di lavoro assicurava un rispettabile sound metropolitano. E invece niente. Marciapiedi deserti, baristi in attesa, vigili inoperosi. Troppo il terrore, bocche cucite e televisione accesa. Ha fatto paura non tanto la morte ma la sua smisurata quantità. Ha fatto orrore non l’arma del delitto ma piuttosto l’idea che un camion frigo potesse compiere una strage così eccessiva. E poi dove? Sul lungomare, a zig zag tra le palme e i lidi, tra la spiaggia e gli alberghi, tra i gelati e i pop corn. Noi europei non siamo israeliani, non siamo abituati ai camion bomba di Hamas e abbiamo, purtroppo o per fortuna, una memoria lunga quanto il becco di una rondine. Ad agosto scorso, al l’altezza del confine con l’Ungheria, la polizia austriaca si insospettì di un tir frigorifero in sosta ai lati della strada. Quando fu aperto il portellone 71 corpi di siriani in fuga furono trovati ammassati.Continue reading