Matteo Renzi appartiene alla schiera dei “figli-padroni”. Un figlio-padrone fa più simpatia di un padre-padrone, non è mica Andreotti? È giovane, teorico di quella che si chiama la grande sveltezza. È infatti sveglio e svelto, ma resta che simpaticamente comanda come un padrone.
Un renziano le risponderebbe così: Salvatore Settis è pura archeologia, è il simbolo della sinistra chic, elitaria e perdente.
Ho dispiacere di non apprezzare la speranza che cova in così tanti animi. Purtroppo quando guardo alla sostanza delle cose mi convinco che la mia diffidenza affonda in un terreno fertile.
Iniziamo allora a dire che il continuo, insopportabile richiamo alla volontà popolare è il frutto di una possente alterazione della realtà. Ha lo stesso stampo del trucco berlusconiano sul mandato del popolo. Ho fatto due conti: il 40,8 per cento degli italiani ha votato Pd. E pure ammesso che siano tutti voti per Renzi, dal primo all’ultimo, verifico che il primo partito è di chi si è rifiutato di votare: ha il 41,32 per cento. Se aggiungo astenuti e nulle, assisto al miracolo rovesciato. Renzi ha ottenuto il 40,8 per cento del 50 per cento che ha votato. Dunque possiede tra le sue mani il favore del 20,62 per cento degli italiani. È questo venti per cento una maggioranza strabiliante? Una moltitudine senza pari? A me appare molto più drammatico per la democrazia che la maggioranza degli italiani si sia rifiutata di consegnarsi a questa politica.Continue reading
Parate parallele, Matteo il pedone e Silvio il pavone
IL 2 GIUGNO SECONDO I DUE PREMIER. RENZI LASCIA L’ALTARE DELLA PATRIA PER UN BAGNO DI FOLLA A FAVORE DI TELECAMERE. BERLUSCONI E IL SORRISONE ALLA CROCEROSSINA, SOSIA DELLA LARIO
La parata Renzi si è svolta il 2 giugno, il giorno giusto, senza mezzi meccanizzati e con ridotte attività di intelligence. Molto più impressionante il seguito di pistole e auricolari che Silvio Berlusconi subiva come cinta necessaria alla difesa del suo corpo sacro, come sempre capitava quando la Repubblica lo festeggiava. Perchè è certo che come ai tempi di re Silvio anche il nostro caro super leader abbia voluto trasferire a sé stesso i festeggiamenti organizzati per la nascita della Repubblica. Festa, e qui si scrive tra parentesi, molto sobria, costata soltanto un milione e ottocentomila grazie a un appalto chiavi in mano che l’Italia intera ha affidato a una Spa. Nel tutto compreso anche una nutrita pattuglia di metronotte che ha sorvegliato i Fori imperiale e difeso da attacchi di terra le forze armate. Al ministero della Difesa hanno infatti spiegato che la legge vieta inderogabilmente ai militari di tutelare la sicurezza nelle aree civili. O c’è la guerra o niente.
Michele Emiliano: “Rottamazione, con qualche pausa”
Esistono anche i diversamente renziani. Michele Emiliano è il leader di questa speciale famiglia di parenti di secondo grado. “Fino all’anno scorso sostenevo Bersani. Ma davanti allo spettacolo dei 101 che trafiggevano Prodi ho alzato le mani e sono passato dall’altra parte”.
Finalmente è cascato bene. Ora è capolista alle Europee.
Aspettiamo prima di parlare. Ho dalla mia la faccia, quel po’ di visibilità per le idee che avanzo, ma non possiedo una rete di rapporti, quelle cose che servono a stare tranquilli in campagna elettorale. Continue reading
Per chi suola la campanella
La sincerità non ha casa in politica, come anche la lealtà. Eppure il gesto che ieri ha compiuto Enrico Letta, il ripudio di qualunque segno di affetto verso il presidente del Consiglio, nel brevissimo rito della consegna della campanella a palazzo Chigi, toglie opacità, retropensiero e ipocrisia alle gesta del protagonista. Ritraendo istantaneamente la mano sua da quella di Renzi, che lo guarda per la prima volta con occhi bassi e imbarazzati, e correndo via da una cerimonia che sembra offenderlo, Letta non perde il senso dello Stato (è lì infatti ad adempiere ai suoi doveri) ma non rinuncia a manifestare in pubblico il proprio dolore, la disapprovazione per come gli è stata sottratta la poltrona. Ma la mano che lo sconfitto quasi rifiuta di porgere al vincente è anche un manifesto di cattive intenzioni, annuncia che nulla al giovane, magari talentuoso ma inesperto premier sarà risparmiato, che la vita del suo governo, specialmente nelle aule parlamentari, dovrà superare ostruzioni impreviste, antipatie inattese. Letta se ne va da palazzo Chigi, non dalla vita politica. Le sue relazioni nel mondo che conta sono ampie e resistenti al tempo e alle mode, e la voglia di una rivincita è più che plausibile. E infatti sempre ieri, sul suo profilo twitter, ha cancellato l’incarico di premier riprendendo quello di deputato. “Deputato della Repubblica”, ha scritto. Non più del Pd.
da: Il Fatto Quotidiano 23 febbraio 2014
L’antropologa: Renzi? Fate attenzione, è un baby Berlusconi
LA PROFESSORESSA AMALIA SIGNORELLI SPIEGA IL PARAGONE CON IL CAVALIERE ”VORREBBE FARTI SENTIRE CHE È UNO DEI TUOI. MA PURTROPPO DIETRO C’È IL VUOTO”
Di fronte a profezie che si rivelavano errate, gli Azande mettevano in gioco una serie di meccanismi di giustificazione che impedivano di contraddire l’oracolo, rinvenendo l’errore nella mancata comprensione della profezia” (dagli scritti di Evans Pritchard sul popolo degli Azande)
Te ne accorgi che è nuovissimo da come ti dà la mano. Matteo Renzi usa appiopparla a cinque dita, col palmo aderente sull’altro. “L’ho notato anch’io, dà il cinque. In verità è un costume giovanile, lo vedo fare ai miei nipoti ventenni e lui sarebbe anzianotto per questa pratica. Rientra nella sua linea di estraneità ai rituali istituzionali. Come sa il corpo del Sovrano è sacro, riassume la potenza salvifica, sintesi della società. Poco tempo fa ho visto in tv una scena da un comizio di Berlusconi in Sardegna: una bimbetta che urlava “l’ho toccato, l’ho toccato”. Era riuscita ad arrivare al suo corpo. Continue reading
“Ha fretta e insegue il potere. Ma in fondo Matteo è un insicuro”
IL REGISTA ROBERTO ANDÒ RACCONTA RENZI, A METÀ TRA FASCINAZIONE E RIFIUTO: “HA VITALITÀ E VUOLE STUPIRE. LA POLITICA PERÒ NON È LA RUOTA DELLA FORTUNA”
I due veri partiti che si lottano sono quella dei “Contadini ” e dei “Luigini”. Sono “Contadini ” tutti quelli che fanno le cose (…) che non vivono di protezioni, di sussidi, di mance governative. E i “Luigini” chi sono? Sono la grande maggioranza (…) quelli che dipendono e comandano, e amano e odiano le gerarchie. E servono e imperano. (da L’orologio di Carlo Levi)
La sinistra vinse finalmente e si legittimò, e conobbe il piacere delle folle osannanti quando scambiò il depresso leader navigato e impomatato con il suo fratello gemello, dai tratti invero singolari ma effervescente, sorridente, ottimista, anticonformista. Uno scambio di persona, letteralmente una truffa. Ma risolutiva, palingenetica. L’idea dello scambio è di Roberto Andò, che prima l’ha scritta nel suo romanzo Il trono vuoto e poi l’ha portata al cinema. Viva la libertà non è solo una grande illustrazione della politica come commedia, ma è un magnifico film. Renzi un po’ assomiglia a Giovanni Errani, il filosofo eccentrico interpretato da Toni Servillo che veste i panni dell’improvvisato leader.Continue reading
“Per lui non bisogna scomodare i Classici Basta citare Crozza”
LUCIANO CANFORA FA UNA DISAMINA SPIETATA DEL NUOVO PRODOTTO NATO IN CASA DEMOCRATICA: È CINETICO, PER QUESTO L’HANNO MESSO SUL TRONO
“La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno” (dal Manifesto del futurismo, Filippo Tommaso Marinetti)
Fermarsi alla parola e definire con Luciano Canfora, filologo dell’età classica e osservatore sgomento della lunga crisi italiana, i parametri espressivi di Matteo Renzi, la forza della sua leadership. Immaginare il nuovo mondo dentro il quale il giovane fiorentino sta conducendo il Paese ha una sua utilità, in qualche modo è fatica necessaria. “Riprendo in mano Aristofane e a mente rivado a “I Cavalieri”, quando fa dire a uno dei suoi protagonisti: emetti dalla bocca delle polpette ripugnanti”. Renzi è Paflagone? Il servo che conquistato il comando spadroneggia in casa? Il professore vive un pessimismo cosmico, sembra così atterrito dal nuovo che addirittura affida a Crozza l’interpretazione più degna del renzismo.Continue reading
Mille vite di Dario, ex vicedisastro
PRONTO PER IL NUOVO ESECUTIVO. JOVANOTTI GLI DISSE: “LASCIA LA POLITICA E SCRIVI ROMANZI”
Forse anche questa volta c’è insieme trama e ordito, ma non sapremo mai se Dario Franceschini oggi viva il dramma e la passione, lo stupore e la commozione di Iacopo Della Libera, figlio di Ippolito, gran puttaniere, padre di altri 52 fratelli concepiti nel rapimento di un istante con altrettante donne di vita. Libere, forti, orgogliose dei loro peccati. E soprattutto solidali. L’amicizia non è affare della politica, e Dario in questi giorni è accusato di alto tradimento, come se la convenienza fosse un capriccio e non una categoria indiscutibile, un principio assoluto col quale affrontare la durezza del potere, questo cinico e grandioso teatro della vita. Continue reading
“Le dimissioni non si danno per manovre di Palazzo”
Come se una bolla magica l’avesse trasformato in mezzo brigante, tutto d’un tratto Enrico Letta ha presentato all’Italia il suo quid alternativo: se Matteo mi vuole cacciare me lo deve dire. Senza acuti, con spirito zen, la faccia levigata, perfettamente rasato e di un magnifico pallore dc, Letta ha sferrato calci e pugni con quella gentilezza che lo distingue, “io sono un uomo delle Istituzioni”. Tonico e perfino su di giri è giunto nella palestra di Palazzo Chigi per dare al Paese la prova che nulla è impossibile: oggi è la volta dei due premier in contemporanea. Altro che la lotta tra D’Alema e Veltroni. Il nuovo che avanza è pieno di sciabolate. Chi spinge per entrare e chi non si sposta. Letta ha ritrovato anche gli aggettivi giusti, ed è parso molto f re e , persino disinibito. Ha detto che Matteo è un casinista (gli crediamo) e sta “incasinando” l’Italia come peggio non potrebbe fare.Continue reading
L’ultima pugnalata: il classico duello Dc
ENRICO & MATTEO, COSÌ VICINI COSÌ DIVERSI. IL PRIMO PREDATORE, L’ALTRO GOMMOSO: SI CHIUDE UN’EPOCA, NE RESTA UNO SOLTANTO
In fasce e già incapsulati a una poltrona. Babies in carriera, introdotti dal potere affluente e coincidente. Ambedue hanno il corpo da democristiano. Quello di Matteo è più vispo, forse anche un po’ più stronzo, però simpatico, umano, vincente. Enrico è legnosetto, troppo giudizioso, tenero e perfettamente inconsistente. É infatti il nipote meglio riuscito di Gianni Letta, vapore acqueo della Dc, pura condensa, cortina fumogena, nebbia negoziatrice. Enrico è quasi così. Con loro la bugia democristiana ritrova uno stile, un’estetica che la distingue dalla frottola gradassa berlusconiana.Continue reading