M5S, l’onestà non basta. Ecco cosa serve per amministrare bene

di ANTONELLO CAPORALE E FABRIZIO D’ESPOSITO

26062016

 Il grido, ultima evoluzione dell’atavica questione morale, è rimbombato nella notte della vittoria, domenica scorsa: “O-ne-stà, o-ne-stà”. È questa, la pietra miliare su cui poggia il boom del M5s. Però, da sola, l’onestà non basta. Il Fatto ha chiesto a dieci opinionisti di declinare un dizionario politico.

ALDO MASULLO

Che cos’è l’onestà nelle istituzioni

Ancor peggiore della disonestà nelle sue forme volgari è quella del politico, il quale, pur avendo sperimentato la sua incapacità di governo, si ostina per tornaconto o anche solo per vanità a resistere nella carica e continua così a produrre guasti umani irreversibili. Suprema disonestà propriamente politica è infine di chi, eletto, tradisce ideali, programmi e promesse giustificandosi con insormontabili ostacoli o condizionamenti di irrinunciabili alleanze. Il presidio della libertà di chi detiene un potere democratico non viene mai meno: sono le dimissioni pubblicamente motivate.

ISAIA SALES

Corruzione e partiti: dal Pci ai pentastellati

Nei diversi cicli politici che hanno interessato le amministrazioni locali in Italia (1975-1993-2016) la percezione della corruzione e la rivolta elettorale contro di essa hanno giocato sempre un ruolo fondamentale. Ad avvantaggiarsene nel passato è stato il Pci. Se a beneficiarne sono oggi i Cinque Stelle, ciò lo si può spiegare solo con il fatto che è radicalmente cambiata la percezione dell’elettorato verso il Pd (non un partito anticorruzione ma un elemento della corruzione) mentre non è affatto cambiato il bisogno radicale di una politica non corrotta come base della buona amministrazione.

VINCENZO VISCO

Competenza ed esperienza

Per governare un Paese, o anche un grande Comune, l’improvvisazione non è ammessa. Occorrono competenze istituzionali e normative, conoscenza e possibilmente competenza nei problemi tecnici che devono essere affrontati, consapevolezza degli interessi coinvolti nelle decisioni che vengono assunte, capacità di gestire i rapporti con le assemblee legislative, i sindacati, i rappresentanti delle categorie, e anche abilità e serietà nel comunicare le scelte. I filosofi greci, da Socrate in poi, diffidavano della democrazia intesa come gestione assembleare (democrazia diretta) delle città e teorizzavano il governo degli ottimati (dei filosofi, secondo Platone). Nelle democrazie moderne il compito di selezionare le classi dirigenti è stato affidato ai partiti (con qualche successo). Oggi sembrano prevalere per i politici criteri di selezione basati su qualità diverse dalle competenze (età, genere, aspetto fisico). Abbiamo anche assistito al l’elogio dell’inesperienza, dell’incompetenza o addirittura dell’ignoranza. Così non si va lontano.

ERRI DE LUCA

Sporcarsi le mani o tenerle pulite? Continue reading