Sono uno storico elettore di sinistra. Scelgo di volta in volta a chi dare il mio voto, e mi è successo spesso di dovermene pentire. Alcune volte ho fatto fronte al timore di sbagliare revocando il mio voto e astenendomi. Non ho consigli da dare, solo un pensiero da esporre. Questa è una brutta campagna elettorale, ipotecata dall’annunciato (finora è l’ipotesi più probabile) governicchio Pd-Monti. Il Pd mi è parso sempre un partito gnè-gnè: dentro la sua pancia esistono persone rispettabili e altre assai meno, idee condivisibili e prudenze inaccettabili. Riformisti e radicali, democristiani e comunisti. L’uno e il suo opposto. Il calderone di personalità così tanto diverse provoca immobilismo e non riforme.
Io sono per la radicalità delle idee, per la loro chiarezza, per la nettezza della posizione in campo. Fosse per me, faccio un esempio, proporrei che il finanziamento pubblico andasse solo alle scuole pubbliche. Vorrei i nostri ospedali salvaguardati e non le cliniche private; vorrei più Stato e non di meno. Fosse per me, lascerei vivere le Province e abolirei le Regioni, vero letamaio legislativo. Accorciare la filiera istituzionale significa eliminare d’un botto almeno un terzo delle cinquecentomila poltrone a cui corrispondono altrettanti bancomat perpetui. La spesa pubblica si disbosca solo se le funzioni di governo vengono semplificate e riassunte. Questo è il mio pensiero. La prospettiva invece è il continuismo: un centrosinistra allargato a Monti. Tutto già visto. Pietanza indigesta. Allora tento di inquadrare le alternative.Continue reading