Da Pescara alle Marche La città del Vate tra modernità e conti in rosso, poi si risale verso banche collassate e fumi cancerogeni
Hacker di tutto il mondo, unitevi! Bisogna giungere nella città di Gabriele D’Annunzio per scoprire che l’hacker è un buono e non un cattivo. Che non scassa i segreti nei nostri computer ma li aggiusta, che non rovina la reputazione altrui ma la difende. Che il fraintendimento nel quale questa parola è finita è causato dall’ignoranza di chi, come noi, non è nativo digitale e scambia gli smanettoni per criminali. Siamo dei cliccatori alle vongole, navighiamo senza bussola e quelle poche cose che conosciamo della rete sono per lo più dei luoghi comuni. Pescara è la patria degli hacker che sono, se possiamo dire, sindacalizzati. Lucia Zappacosta, 35 anni, si occupa di innovazione tecnologica per i beni culturali e presiede la Metro Olografix, associazione culturale che ogni quattro anni organizza un campeggio europeo degli smanettoni. L’associazione supporta l’etica hacker. “La filosofia hacker è curiosità, ingegno, voglia di risolvere problemi apparentemente insormontabili con soluzioni atipiche. Il che non si traduce solo in un’attenzione per la sicurezza informatica, ma anche nell’approccio pionieristico alle nuove tecnologie”.
Dal Bengodi ai fichi secchi
Dare del criminale a chi non lo è significa, all’opposto, far passare lo scassinatore per una persona perbene. Perciò Pescara merita una tappa. È l’avamposto del futuro, della modernità, una Expo universale del virtuale. Il futuro è dentro Pescara, ma il passato, purtroppo anche. Il passato di un municipio con i conti sballati, sul limite del fallimento. La città è grassa come quelle donne di Botero, ma anni di finanza allegra, trucchi contabili, spese folli, l’hanno condotta alla povertà. “Prima che arrivassi io – racconta l’assessore alla Cultura Giovanni Di Iacovo – si spendeva quasi mezzo milione di euro per eventi legati, diciamo così, agli spettacoli e alle attività culturali. Ora il mio budget è di 2500 euro. Fichi secchi, per intenderci”.
Lasciata la città hackerata e dalle mani bucate piego verso il quadrante geografico della resistenza al nuovismo, alla modernità che consuma soldi e brucia il tempo. Appena superato l’Abruzzo le colline marchigiane indicano il distretto dell’oculatezza, i luoghi dove l’orologio scorre più lentamente per scelta e per principio di vita. Le colline della provincia di Macerata sono segnate da borghi piccoli e fragili. Ripe San Ginesio è la capitale della brigata d’opposizione alla modernità compulsiva e anche un po’ cafona. Da cinque anni chiama i principi del pensiero minoritario, i cultori della vita lenta, del passo sicuro, della spesa essenziale, dell’economia autogestita, più povera ma più felice. Sono avamposti di resistenza, luoghi dove i dissidenti metropolitani possono trovare refrigerio. Terza età, terzo mondo, terza via. I cultori dell’alternativa a questo e a quello.
I marchigiani sono laboriosi e silenziosi. Quasi mai si danno da fare per comparire al telegiornale: nessun giallo di rilievo, nessun omicidio di livello. Non fanno caciara, protestano solo se è davvero troppo. Si danno da fare per conto loro, e i loro guai tendono a non dirli in giro.
Per esempio quelli della Banca Marche. Nella hit parade dei malandrini figurano i dirigenti di questo istituto di credito che ha prodotto “il maggior disastro dopo i casi Sindona e Calvi”. Lo scrivono, e non ridete, gli avvocati degli amministratori della banca che ora chiedono ai loro vecchi soci e dirigenti la restituzione di 280 milioni di euro oggetto di 73 pratiche di finanziamento irregolari. Soldi concessi a chi non poteva riceverli in un sistema di collusioni e connivenze, frutto di “un a pluralità di violazioni commesse e in un crescendo di irregolarità nonostante la censura e le sanzioni comminate dalla Banca d’Italia per ben due volte, nel 2006 e nel 2008”. Ecco, anche il marchigiano insozza, ruba e collude ma con un certo flair play. A proposito di veleni, pure le Marche hanno la loro piccola Ilva. Falconara Marittima, periferia urbana di Ancona, è cugina minore di Taranto. Ospita le raffinerie Api dentro un perimetro di attività industriali e trasportistiche con le quali è perennemente costretta a fare i conti.
“La città è un incubatore di malattie degenerative”
Alessia Sangiorgi, ingegnere quarantenne, una vita da sportiva, si è trovata da un giorno all’altro in ospedale: linfoma di Hodgkin. “Quando me l’hanno detto ho ripercorso tutti i miei passi, ricostruito la mia vita, verificato se nella mia famiglia ci fossero stati altri casi. Niente. Però ho scoperto che io non sono l’unica ammalata di cancro di Falconara, e anzi la mia città è un incubatore di malattie degenerative. Prima dell’ingresso in ospedale non avevo mai pensato all’aria che respiravo, non avevo mai avuto interesse di quel che denunciava il comitato di cittadini che da anni protesta contro la puzza che avvolge questa città, i valori sballati dell’aria, le morti superiori alla media, le affezioni respiratorie fuori controllo. Mai ci ho fatto caso. La puzza c’era ma non la sentivo, non era un mio problema. Le nuvole di fumo in cielo le vedevo anch’io ma senza incuriosirmi troppo. La raffineria era parte del ritratto urbano, come l’aeroporto, l’ex Montedeson, le altre industrie. Pensavo a me, alla mia vita, alla mia dieta salutista, alla quotidiana pratica sportiva. Il resto non era affar mio…”.
Pochi chilometri a nord e la puzza scompare. Anzi in località Trecastelli, appena dietro Senigallia, si raggiunge la città della luce. Sono i discepoli del reiki, pratica insieme spirituale e terapeutica, sistema orientale per raccogliere nel corpo l’energia benigna che la natura libera. Vivono insieme, cassa comune, ma niente ascetismo. La vita è gioia e anche piacere. Umberto Carmignani, il fondatore cinquantunenne, si ispira ai filosofi della repubblica di Platone ma non tralascia uno sguardo ai conti. Facce sorridenti, volti appagati. Tante ragazze e ragazzi, qualche nonna, alcune famiglie allargate. Tutti insieme felicemente e oculatamente. Tanti corsi e prodotti, promozioni, offerte all inclusive per il raggiungimento della felicità o più modestamente un week end a trazione spiritualista. Una grande casa vacanze, moderno outlet dell’anima con vasta gamma di offerta: cucina bio e corsi di ginnastica ayurvedica, astrologia archetipica, psicologia olistica e costellazioni familiari.
Da Il Fatto Quotidiano, 2 agosto 2015