MARCO MORELLO
I coetanei si imbrattano le mani compilando striscioni arditi contro la Gelmini, loro intanto si godono satolli il sole in giardino, con gli occhi chiusi, il naso all’insù e la musica a tutto volume sparata nelle orecchie. Ragazzi e ragazze della scuola pubblica bivaccano al Circo Massimo e schiumano rabbia nelle strade del centro, loro intanto mandano a memoria composti la lezione di Rousseau e quella di Montesquieu. Gli alunni romani sobillano e si spingono fin sotto il tricolore del Senato, gli alunni dello Chateaubriand sfilano sorridenti all’ombra della bandiera francese dopo l’ultima campanella di giornata. Sortilegi del privato d’importazione, magnetismo fascinoso d’Oltralpe, forza motrice dei soldi di casa nostra che ingrassano le vacche altrui: dove si paga non si sciopera, dove la moneta unge il meccanismo, quello funziona senza incepparsi.
Ci vogliono da 3.486 a 4.074 euro l’anno, più mille per l’iscrizione, più 914 per la mezza pensione per cinque giorni a settimana, più 286 per gli esami obbligatori, ma ne vale decisamente la pena: mentre le classi in città sono praticamente tutte vuote, nel liceo di via di Villa Patrizi c’è il pienone comprato solo da chi se lo può permettere. «Si va dalla materna alle superiori – ci spiegano in segreteria, pardon nell’administration – abbiamo tre sedi in tutto dove si insegna e si parla rigorosamente in lingua francese. Gli studenti sono 1.500, tra figli di diplomatici, di politici, membri della Fao e di altre organizzazioni internazionali». Numeri importanti per gente che conta: è non esserci che fa rumore, è la casella vuota quella che nel mucchio si nota di più. «In tanti ci provano, spesso spinti dai genitori, ma non tutti ci riescono – ammette un’impiegata – il livello è alto, non è ammesso il minimo errore di grammatica, abbiamo cominciato da poco eppure già in quattro hanno rinunciato».Continue reading