MARCO MORELLO
«Più che per dar loro una mano, sembra che siamo qui per accopparli». Non scherza affatto una delle due dottoresse sedute al tavolo della commissione per le invalidità del II distretto della Asl Roma B. Sono da poco passate le tre del pomeriggio e nella stanza cinque della sede di piazza dei Mirti, la stessa del «Tribunale per i diritti del malato», il caldo è soffocante. L’aria condizionata non esiste, i diritti nemmeno, e i ventilatori fanno soprattutto rumore. Dietro il corridoio, ad aspettare boccheggiando con il numeretto in mano e un occhio fisso all’orologio, due decine di persone tra accompagnatori, anziani, cardiopatici e malati terminali di cancro. Tutti convocati dall’azienda sanitaria a quell’orario improbabile per accertarne o confermarne la reale infermità. Tutti obbligati a rispondere alla chiamata dopo due mesi d’attesa o a presentare, in caso di impedimento serio, un certificato medico. Uguale identico a quello che si portava a scuola in caso di assenza prolungata. E il caldo, a parere di chi gli appuntamenti li ha fissati a mezzogiorno o alle due e mezzo, non è affatto un impedimento serio.Continue reading