Sorrisi al funerale. Mai tanti, mai così decisi ed esibiti, grati e convinti. Nel giorno della disfatta Fiumicino esulta. Il varco dei piloti, budello che conduce le hostess al lavoro, gli assistenti ai banchi del check-in e i piloti in cabina, si intasa di mani e di abbracci, di urla e di slogan. Al megafono è stata appena letta la resa di Cai. Sono a un passo dal licenziamento, eppure: “Meglio falliti/che in mano a stì banditi”.
Trombette e trombette. Pare vinta una guerra di liberazione altro che l’oblìo della sconfitta, il baratro della disoccupazione. Aerei a terra, cassa integrazione, mutui da pagare, figli da mantenere. Non c’è dispiacere ma odio sulle labbra di Francesca, capoturno: “Ci volevano unicamente mortificare, ridurre a miserabili, toglierci la dignità. Non desideravano un accordo ma la nostra morte civile”. Raffaella, bella e triste, un cartello al collo: “Colaninno, non siamo gioielli ma neanche fondi di magazzino”. In Alitalia comandano i piloti. Le trattative riescono o falliscono se loro dicono di sì o di no. Questa volta, anche questa volta hanno detto no. “Perché no? Volevano un accordo che ci seppellisse. Puntavano unicamente a fare una cosa contro di noi, a renderci la vita impossibile”, dice il comandante Eugenio, appena atterrato da New York. I piloti. Cioè l’Anpac. In Alitalia l’Anpac conta quanto dieci Cgil: senza il comandante l’aereo non parte e non atterra. Quel che non si è detto, che forse non si sa, è che l’orientamento politico dei piloti fino a ieri è stato compattamente vicino al centrodestra. Mario, assistente di volo: “Noi eravamo pronti a firmare con Air France, ma i piloti decisero di boicottare la trattativa quando Berlusconi chiese di rompere”. Giovanni, assistente di volo prevalentemente su rotte di lungo raggio: “Air France ci dava molto di più di ciò che volevano offrirci questi signori. E si caricava anche di tutti i debiti. Abbiamo detto no allora, com’è possibile pensare che avremmo potuto accettare le condizioni vessatorie poste oggi”.Continue reading
Bondi chiede aiuto ad Alitalia
Ci sarà un modo per sopire la paura e infine digerirla. Ci sarà qualcuno, si è detto Sandro Bondi, che mi aiuti a salire su un aereo e mi costringa a restare seduto, con le cinture allacciate. Fermo, dritto, composto. E mi ricordi quel che scriveva Spinoza: “la paura non può essere senza speranza”. Solo chi subisce il terrore di volare può comprendere la straziante decisione del nostro ministro della Cultura. Nella sua vita stupefacente ha già sostenuto prove crudeli. Poco più che ragazzino al comando militare per gli obblighi di leva lo destinarono in Aeronautica: “Rimasi a terra tutto il tempo”. Vent’anni dopo scoccò la scintilla, il grande amore per Berlusconi. Si trasferì ad Arcore e obbligò moglie e figlio a seguirlo. La consorte resistette alcuni anni, poi migrò lontano. Boston, America. “Prendo la nave per andare a trovarla”. Coordinatore di Forza Italia, su e giù per lo Stivale: “Sapesse che strade, e quanti burroni…”.
L’innocua paura ha costretto quest’uomo gentile a sacrifici disumani, a notti insonni, e curve e cuccette puzzolenti. Fin quando ha potuto ha dunque resistito. Purtroppo però ogni resistenza si piega, ogni forza si consuma. Alla vista dell’agenda ministeriale, e delle mille miglia imposte dagli impegni di Stato, il più cocciuto, selvatico, irriducibile avversario dell’aereo ha chinato la testa. La sua resa non ha per fortuna testimoni, né occhi compassionevoli che possano raccontare lo sfinimento dell’anima e del suo corpo.Continue reading