Quirinale, la crisi “affonda” la squadra dei consiglieri

Qual è il plurale di Mattarella? Chi suggerisce, chi ricorda, chi verbalizza, chi controlla? E chi consiglia il presidente della Repubblica in questa crisi dai tratti fantastici, sorprendente, estrema e, diciamoci la verità, anche un po’ pazzerella (o dobbiamo dire matterella)?

Tutto il contrario del suo inquilino variamente definito: chi lo vede grigio, chi lo trova invisibile, chi schivo, chi incapace di un sorriso, chi dolente e creativo, e anche mite, fragile, e soprattutto pio. Insomma “un monaco”. Un uomo “in bianco e nero” usci to dagli anni 60. In verità il presidente conosce il potere e le sue regole e si fa suggerire il tanto che basta. Divide la sua folta squadra in due: i consiglieri tecnici, a cui si rivolge con il lei, e quelli politici, con i quali usa il confidenziale tu. Il terremoto politico del 4 marzo ha però finito per squassare antiche certezze cosicché, nell’interminabile liturgia della crisi, anche gli assistenti, i consiglieri, i suggeritori hanno preso strade nuove e anche tra loro distanti. Si dice che Ugo Zampetti, il segretario generale, iperpotente, iperfluente, una divinità nella burocrazia italiana essendo riuscito a governare la Camera dei deputati dai tempi di Violante fino a Boldrini, si sia convinto da subito che l’unica via d’uscita fosse il governo del presidente. Scialuppa di salvataggio costituzionale conosciuta ma di fortuna dubbia. L’ipotesi, prima avanzata, poi accantonata infine riesumata si è scontrata al principio con quella, più gradita al gruppo dei cosiddetti cattolici di sinistra (Garofani, Guerrini, Astori, Grasso) di agevolare un governo cinquestelle col Pd. Ma s’è visto com’è finita. Quando è giunta la Lega nella sala dei Corazzieri la situazione è precipitata. Luigi Di Maio ha detto: “Io non ce l’ho col presidente, ma con i suoi consiglieri”.

La crisi s’è perciò bollita al punto che anche il Quirinale è finito lesso, oltraggiato sui social, contestato in Parlamento. E Mattarella. l’uomo invisibile, è divenuto bersaglio fisso di una rabbia crescente, nei flutti di un’onda che monta e inquieta.

da: Il Fatto Quotidiano, 30 maggio 2018

Governo, spunta un Fico dietro Di Maio

Luigi Di Maio, il giovane capo politico dei Cinquestelle, moderato, equilibrato, sempre a modo, con la cravatta giusta e i pensieri giusti, né di sinistra né di destra, mostra i segni di una debolezza emotiva, una fragilità di carattere che fino al 4 marzo era imprevista. Nel tentativo goffo di restituire a Salvini il cerino acceso che il leader leghista gli ha lasciato tra le mani, ha appiccato l’incendio dell’impeachment al capo dello Stato. Una mossa nervosa, frettolosa ed estrema. Gli errori di gestione di Mattarella sono sotto gli occhi di tutti, ma la richiesta di metterlo sotto accusa per attentato alla Costituzione pareva fuori da ogni logica, prudenza e limite.

Se è stata ritirata un po’ di merito va a Roberto Fico, il presidente della Camera dipinto come leader dell’ala movimentata, battagliera e piazzaiola dei Cinquestelle. Ha curato gli interessi delle Istituzioni prima che del suo Movimento, col suo silenzio ha tenuto custodito il rapporto di comunicazione con il capo dello Stato e ha consigliato i suoi compagni di ridurre i decibel della protesta e ricucire invece di strappare.

La prova di galateo politico di Fico conferma che ciò che appare non è mai ciò che è.

da: ilfattoquotidiano.it

Savona come Froome: l’unico che ha le carte in regola è colui che sembra non averle

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella oggi dovrebbe fermarsi mezz’ora, sedersi in poltrona e vedere ciò che è riuscito ieri a Chris Froome al Giro d’Italia. Ha scalato le Alpiaffrontando le salite con una azione che gli esperti ritengono “fuori da ogni logica, persino violenta nell’uso del suo corpo” rendendo perciò possibile l’impossibile, lecito il vietato, vittorioso lo sforzo da sconfitto sicuro. Mattarella, se rivedesse l’epica e vittoriosa fuga lunga ottanta chilometri del ciclista britannico, rifletterebbe sul fatto che in questo governo-baillamme l’unico che ha le carte in regola è colui che sembra non averle: cioè Paolo Savona. L’unico prudente davvero è lui, che un giornalismo un po’ macchiettista considera improvvidamente ai confini dell’eversione. E, se proprio un rilievo va fatto, sarebbe quello di ricordare che l’aspirante ministro dell’Economia da mezzo secolo è immerso nella vasca da bagno dei poteri, forti e fortissimi, e sempre meravigliosamente a suo agio, illustre rappresentante di quell’establishment contro il quale è stato chiamato a dare martellate.

da: ilfattoquotidiano.it

M5s-Lega, dal fan di Balducci all’innamorato del cemento: scopri i ministri

Oggi misuriamo la distanza tra l’apparenza e la realtà. Grazie a due preziosi ritratti di Gianni Barbacetto e Marco Lillo comparsi oggi sul Fatto Quotidiano, conosciamo un po’ meglio alcuni dei papabili ministri. Uomini forti dei partiti che comporranno il nuovo governo.

Uno – Vincenzo Spadafora – è stato un fan (“sono un balduccino!”) di Angelo Balducci, quello della cricca degli appalti, condannato a quattro anni per associazione a delinquere.

L’altro, Giuseppe Bonomi, è mister Grandi Opere, un innamorato perso del cemento, persona di vastissimo potere e relazioni.

Indovinate chi è il grillino e chi il leghista.

da: ilfattoquotidiano.it

Confindustria già schierata contro il governo del cambiamento (ma a favore di chi?)

Tra tante cattive nuove, finalmente una buona notizia. Fa bene al cuore sapere che la Confindustria, per la prima volta dal 1962, prende posizione contro il governo. A differenza di 56 anni fa, quando gli industriali si schierarono contro la nazionalizzazione dell’energia elettrica, provvedimento che avrebbe dovuto condurci all’apocalisse socialista, questa volta nemmeno aspettano che si formi un governo, già quello paventato è terribile.

Non diremmo ciò che ciascuno pensa, e cioè che nei decenni gli industriali hanno sempre esultato, chiunque fosse l’inquilino di Palazzo Chigi. Buono o cattivo, pulito o sporco, progressista o conservatore. Sempre belle parole e buoni affari. Al punto che gli imprenditori italiani sono stati chiamati, per rendere l’idea, “prenditori”.

Il fatto che oggi espongano chiaramente il loro pensiero li toglie dalla storica funzione ancillare di servitori di qualunque padrone a patto che il padrone servisse a tavola per i commensali pietanze prelibate e concedesse il superfluo a chi non era stato ammesso al pranzo. Questa scelta di campo fa bene alla democrazia, perché toglie il dubbio che esista un ceto sociale al quale sta bene tutto. Se è vero che questo è il governo del cambiamento, come i i capi della coalizione si affannano a ripetere a ogni piè sospinto, allora non ci resta che verificarlo. Capiremo presto per chi se ne avvantaggia e chi invece un po’ sarà costretto a tirare la cinghia. Perché a sentire Luigi Di Maio saranno per tutti rose e fiori. Ecco, la posizione di Confindustria dimostra che ogni scelta di governo che si compie ha un suo sapore, un odore e perfino un colore. Cambiare a favore di chi? E il fatto che siano dovuti arrivare gli industriali a ricordarlo a Di Maio è sì bizzarro, ma tutto sommato una buona notizia.

da: ilfattoquotidiano.it

Abbiamo fatto finta su Berlusconi, sui due mandati di Napolitano e sul Pd. Ora forse stiamo esagerando

Abbiamo fatto finta che Silvio Berlusconi fosse eleggibile. Anzi l’abbiamo festeggiato parlamentare, premier e padre della Patria lasciando il compianto professor Paolo Silos Labini ad illustrarci in perfetta solitudine la legge dello Stato precedente alla sua cosiddetta discesa in campo che ne statuiva l’ineleggibilità assoluta.

Abbiamo fatto finta che il presidente della Repubblica potesse fare due mandati, invece che uno. Abbiamo fatto finta che il presidente della Repubblica potesse autonomamente nominare dei saggi per scrivere la nuova Costituzione.

Da ultimo abbiamo negato a Luigi Di Maio, nella sua qualità di capo del partito di maggioranza relativa, di avere titolo per ottenere almeno il pre incarico per formare il governo. Abbiamo anche negato a Matteo Salvini, nella veste di rappresentante della coalizione di governo maggiormente votata, di ottenere il pre incarico per formare il governo.

Abbiamo approvato, anzi esultato, per la decisione del Pd di non prendere nemmeno un caffè con i Cinquestelle.

Adesso non ci piace neanche il premier terzo. Non è che a furia di far finta abbiamo esagerato prima e stiamo esagerando adesso?

da: ilfattoquotidiano.it

Metterci la faccia: il coraggio di Pablo Iglesias

Metterci la faccia. È una bella espressione che segna la nostra responsabilità. Ciascuno è chiamato a metterci la faccia nelle cose che fa o che sa, a rendersi responsabile della cose dette o delle decisioni prese. Pablo Iglesias, leader del partito spagnolo Podemos e la sua compagna Irene Montero (tesoriera diPodemos) hanno indetto un referendum tra gli iscritti per conoscere il grado di adesione alla loro scelta di vita coniugale: l’acquisto di una villa del valore di 615mila euro.

Decisione che ha suscitato critiche da parecchi militanti che rinvenivano in questo acquisto uno stile di vita “borghese”lontano dai valori di sinistra a cui il loro movimento si ispira. Sembrerà eccessiva questa chiamata alle urne, giacché la contestazione non è sulla legittimità dell’acquisto, ma sulla forza simbolica di esso. Però giudicare con un voto di massa se la casa del leader è adeguata o meno allo standard è un modo per contenere dentro i fatti quel che si dice, o per difendere con i fatti le nostre parole.

Iglesias è onesto e coraggioso e ha scelto di impugnare l’antico motto “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Non foss’altro che per questo io voterei sì. In modo che all’adagio vecchio si sostituisse per i politici uno nuovo, del tipo: se i soldi sono i tuoi compra la casa che vuoi.

da: ilfattoquotidiano.it

Di Maio, Salvini e gli altri maschi (rigorosamente) che scrivono la Storia

Stiamo scrivendo la Storia, esse maiuscola, dice Luigi Di Maio, 32 anni, maschio. Si riferisce all’incontro con Matteo Salvini, 45 anni, maschio (che tra l’altro è stato effettivamente studente di Storia, poi abbandonata causa la debordante passione per la politica, dopo l’ottavo infruttuoso anno fuori corso). La Storia la stanno scrivendo in dieci: nove uomini e una donna. Coloro che la insegnano, che presidiano i luoghi del sapere, della conoscenza e della scienza, cioè le università, sono 78: 73 uomini e 5 donne. Solo “historia magistra vitae” è tutta al femminile.

da: ilfattoquotidiano.it

Riabilitato Berlusconi, il nostro Sol dell’avvenire

Silvio Berlusconi è riabilitato. La riabilitazione descrive una patologia: il Nostro era interdetto. Le sue funzioni, e le ambizioni, ridotte di grado, la sua reputazione livellata al ribasso, e come conseguenza funzionale la sua ridotta capacità di rappresentare gli altri. E questo come effetto di una sentenza, cioè di una punizione collettiva (in nome del popolo italiano) per via di un reato commesso.

Mai come in questi mesi il Berlusconi interdetto è invece stato presente, attivo, capace, decisore e risolutore di grandi questioni vitali come il governo della Repubblica.

Il capo dello Stato l’ha infatti ricevuto come si conviene a un leader di peso e prestigio e a lui Matteo Salvini si è rivolto affinché concedesse benevolmente il suo placet per far sì che l’Italia potesse avere un esecutivo con gli odiati Cinquestelle. E lui, compassionevole come papa Francesco, ha concesso che i suoi nemici salissero le scale del potere.

Adesso da interdetto passa a riabilitato.

Se le parole avessero un senso, e se la giustizia fosse veramente equa, dovremmo convenire che Silvio Berlusconi ora avanzi di un gradino nella scala della reputazione socialeInvece quello che era resta. Potente prima, e malgrado il principio di realtà, potente ora. Se possibile, come se la riabilitazione non fosse una cicatrice chiusa su una ferita ma un premio alla rispettabilità, ancora più potente.

Ansiosi e gaudenti, gli ascari di sempre già applaudono felici. Gli avversari, anche quelli più determinati, gli girano al largo per una comprensibile riverenza, stante l’esemplare condotta politica e l’autentica fede mostrata nella democrazia dell’alternanza.

Chi, se non Lui, è il Sol dell’avvenire?

da: ilfattoquotidiano.it

 

 

“Petrolio e spopolamento ci uccideranno”

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE   inviati a Matera

Vecchi e badanti, e basta. E poi case, la maggior parte chiuse in diecimila chilometri quadrati.

Tanto è grande la Basilicata.

Davvero, è proprio grande.

Il doppio della Liguria – dice Ulderico Pesce, attore e autore di Asso di Monnezza, in scena con Petrolio – solo che i liguri sono un milione e seicentomila, mentre noi siamo sempre meno. Cinquecentomila? Per non dire della Campania, grande tredicimila chilometri quadrati con sei milioni di abitanti…

Si svuota sempre di più la Lucania.

È un allarme ancora più grave di quello ambientale; i paesi se ne muoiono; ci si ritrova a dannare le proprie radici; mia nonna, contadina, e mio nonno, arrotino, lavorano senza tregua per dare una casa ai tre figli, ma tutte le generazioni venute dopo, sono tutte fuori dalla Basilicata, e le case – r i m aste ad aspettare i nipoti e i figli dei nipoti – fanno da sentinella al vuoto; mi affaccio dalla finestra di casa mia, a Rivello, scruto la rotta dei fenicotteri, le tracce delle lontre, e mi trovo davanti un altro paese, Nemoli, altrettanto vuoto; ci sono solo i nostri vecchi e le bulgare, le rumene, le moldave…

La ghigliottina ha due lame…

La prima – spiega appunto Pesce, direttore del Centro Mediterraneo delle Arti – è quella dello spopolamento; la seconda si chiama petrolio, con tutto quello che ne consegue di veleni e scorie tossiche. Le trivelle, a cinque chilometri di profondità, trovano il bendidio…

La Basilicata è il Kuwait d’Italia.

Settecentocinquanta chilometri di tubi, quanto la distanza che separa noi da Bologna.

Proprio un bendidio di lavoro, prosperità e futuro.

E certo, solo che quando il greggio sale in superficie, questo bendidio si trascina l’H2S, ovvero, l’idrogeno solforato col suo inconfondibile odore di uova marce… il cianuro. A Viggiano, la fiammella che lo brucia, riesce a neutralizzare solo lo 0,0006 al milionesimo di particella di H2S quando il parametro in tutto il mondo – mai diventato legge in Italia –stabilisce il 5%; lo racconto attraverso Petrolio, la storia di Giovanni, addetto alla sicurezza dei serbatoi del Centro Oli di Viggiano. Ma le battaglie si scontrano con il muro opposto dall’Eni; segreto commerciale, dicono, manco si trattasse della ricetta della Coca Cola e non di dare risposte alla gente flagellata da altissime incidenze tumorali.

Tutto questo si racconta in scena.

Ed è ogni volta come una sorpresa, soprattutto per i lucani, per quelli che già dovrebbero saperle queste cose e mi dicono: davvero è così? Davvero è così, rispondo.

da: Il Fatto Quotidiano, 10 maggio 2018