Immobilità sociale e “riforme”

MANUELA CAVALIERI

“La classe di origine continua ad avere effetti sulla classe di destinazione, anche tenendo conto dell’istruzione. Più la classe di origine di un individuo è privilegiata, meno è importante la sua istruzione nel determinare dove egli andrà a collocarsi all’interno della struttura di classe. Le prove attualmente disponibili gettano molti dubbi sull’ idea di un inevitabile avvicinamento a una meritocrazia basata sull’istruzione”.
John Goldthorpe
(Sociologo, docente a Cambridge e Oxford)

“La situazione al Santa Caterina? Tutto regolare. Lezioni regolari. Buongiorno”.
Salvatore Carfagna
(Preside dell’Istituto Tecnico Santa Caterina di Salerno e padre del ministro delle Pari Opportunità)

Studenti e docenti in rivolta. I fondi italiani destinati alla cultura e alla ricerca, già notevolmente insufficienti ed assai lontani dagli standard europei, subiranno ulteriori decurtazioni. Oggi l’Italia investe 1.500 euro in meno per studente rispetto all’Europa e addirittura 12.000 euro in meno rispetto agli Stati Uniti. Cifre che indignano quel che è rimasto della coscienza civile di questo Paese; cifre che spiegano eloquentemente le ragioni del brain drain. Non solo numeri. Il declino dell’istruzione e della ricerca non è un problema per ricchi e benestanti però. Chi è nato con la camicia è destinato a cadere sempre in piedi. Il X Rapporto Almalaurea rivela che il nostro è uno dei Paesi a maggior immobilità sociale. Secondo l’indagine, il 44% dei padri architetti ha un figlio architetto; il 42% degli avvocati ha un pargolo giurista; il 41% dei padri farmacisti ha un erede a cui lasciare l’esercizio; il 39% degli ingegneri ha un figlio ingegnere; il 39% medici ha un dottore tra la prole. Per i figli di operai e impiegati le cose si complicano. Poche e faticosissime le possibilità di carriera ed avanzamento sociale.
Ma queste questioni non impongono serie riflessioni.
Meglio parlare del grembiulino, nodo nevralgico dei dibattiti italiani

L’altrove della protesta

liceofranceseMARCO MORELLO

I coetanei si imbrattano le mani compilando striscioni arditi contro la Gelmini, loro intanto si godono satolli il sole in giardino, con gli occhi chiusi, il naso all’insù e la musica a tutto volume sparata nelle orecchie. Ragazzi e ragazze della scuola pubblica bivaccano al Circo Massimo e schiumano rabbia nelle strade del centro, loro intanto mandano a memoria composti la lezione di Rousseau e quella di Montesquieu. Gli alunni romani sobillano e si spingono fin sotto il tricolore del Senato, gli alunni dello Chateaubriand sfilano sorridenti all’ombra della bandiera francese dopo l’ultima campanella di giornata. Sortilegi del privato d’importazione, magnetismo fascinoso d’Oltralpe, forza motrice dei soldi di casa nostra che ingrassano le vacche altrui: dove si paga non si sciopera, dove la moneta unge il meccanismo, quello funziona senza incepparsi.
Ci vogliono da 3.486 a 4.074 euro l’anno, più mille per l’iscrizione, più 914 per la mezza pensione per cinque giorni a settimana, più 286 per gli esami obbligatori, ma ne vale decisamente la pena: mentre le classi in città sono praticamente tutte vuote, nel liceo di via di Villa Patrizi c’è il pienone comprato solo da chi se lo può permettere. «Si va dalla materna alle superiori – ci spiegano in segreteria, pardon nell’administration – abbiamo tre sedi in tutto dove si insegna e si parla rigorosamente in lingua francese. Gli studenti sono 1.500, tra figli di diplomatici, di politici, membri della Fao e di altre organizzazioni internazionali». Numeri importanti per gente che conta: è non esserci che fa rumore, è la casella vuota quella che nel mucchio si nota di più. «In tanti ci provano, spesso spinti dai genitori, ma non tutti ci riescono – ammette un’impiegata – il livello è alto, non è ammesso il minimo errore di grammatica, abbiamo cominciato da poco eppure già in quattro hanno rinunciato».Continue reading

Tele Giuggiole 5

tg5CARLO TECCE

Corriere.it, apertura: «A Roma sfilano in migliaia. Ma gli studenti si spaccano». Repubblica.it, taglio centrale: «Roma, destra e sinistra verso Senato. Metà degli italiani con gli studenti». La Stampa.it, primo piano: «Scuola, la mobilità va avanti». Tg5, ore 13: la notizia sulla protesta è data alle 13.06. Il servizio dura 58 secondi, metà riporta l’intervista del ministro Gelmini e la protesta contro chi protesta (una volta li chiamavano secchioni invertebrati), l’altra metà fa vedere scuole occupate e lezioni all’aperto (tipo bazar orientale). Poi cronaca, delitto di Perugia, caso Mez. La mediocrità veste taglie disparite, nella mediocrità ci stanno benissimo giornalisti (e soprattutto direttori, gentile Mimum) che hanno smesso di fare il proprio mestiere e servono la televisione del capo. Oltre a sentirsi mediocri, chissà se provano un brivido di vergogna.

Lezioni di piazza

lasapienzaSERENELLA MATTERA

Il patto tra Partito democratico e Italia dei valori “si è rotto”. È accaduto mesi fa, il giorno dopo le elezioni, a urne ancora calde. Ce ne eravamo accorti tutti. Ma ieri ce lo hanno voluto dire. Ha iniziato Veltroni: Di Pietro è molto lontano dall’ “alfabeto democratico del centrosinistra”. Pronta la risposta dell’ex pm: i tentativi di dialogo del Pd col governo sanno di “collaborazionismo”.
Ma il 25 ottobre Di Pietro sarà in piazza con Veltroni. C’è da riempire il Circo Massimo. Tutti insieme appassionatamente. Ognuno coi suoi distinguo e le sue ragioni. Ma che importa?
Intanto è già una settimana che “la scuola” manifesta. E non ha intenzione di smettere. Da oggi gli studenti di Fisica della Sapienza si pianteranno coi loro prof davanti a Montecitorio e faranno lezione lì. “Contro i tagli all’università e alla ricerca, contro la trasformazione degli atenei pubblici in fondazioni di diritto privato e contro il turn over bloccato al 20%”.
C’è tanto di orario.
Dalle 10.30 alle 12.30, campi elettromagnetici nel formalismo relativistico.
Dalle 12.30 alle 13.30, struttura dello spazio e del tempo.
E la promessa di continuare nei prossimi giorni. Mobilitazione, finché servirà. Qui e subito. Senza aspettare il Circo Massimo. Anzi, con un’avvertenza: “Dichiariamo in anticipo che, durante le lezioni all’aperto, non saranno accettate strumentalizzazioni da parte dei Parlamentari dell’opposizione che nulla stanno facendo contro lo smantellamento dell’istruzione pubblica italiana”. Non si preoccupino, gli studenti di Fisica. Quelli della sinistra aspettano il 25 ottobre.

L’oro blu e il colabrodo della rete idrica nazionale

acquaorobluSABRINA PINDO

Qualche anno fa alcuni personaggi che a molti saranno sembrati allora dei ‘visionari’ dissero che l’emergenza del nuovo millennio non sarebbe stata la mancanza del petrolio come sbandierato da tutti sino a quel momento, ma quella dell’acqua. Mediaticamente era una notizia bomba. La chiamarono “l’oro blu” e i giornalisti giù a scrivere articoli e servizi per le televisioni, le riviste e i quotidiani. “Oddio, l’acqua finirà” campeggiava un giorno sì e un giorno sì in tutte le prime pagine e copertine.
Poi più nulla. Nessun provvedimento a livello globale o locale per risolvere il problema: né nel nostro orticello italiano, né nel giardino europeo , né tantomeno nel grande parco mondiale.
I giorni sono passati e i media si sono dimenticati che prima o poi saremmo stati a secco. Ma tutto d’un tratto ecco che le borse crollano, il sistema va in tilt, tutto il nostro benessere sembra ad un passo dalla sparizione. Siccome le cattive notizie non arrivano mai da sole, eccoci di nuovo a parlare dell’acqua. Questa antipatica che ha pensato bene di rimanere una risorsa scarsa proprio ora che i problemi ci arrivano fino al collo.
Altro che scarsa, l’acqua per i media di colpo è tornata ad essere una rarità.
Millimesimata direi, come il buon vino.Continue reading

L’anticipazione

Ecco l’anteprima del mio nuovo libro, apparsa oggi sul quotidiano la Repubblica

L´Italia è piena di giovani talenti ma resta immobile e vecchia, ricca ma consegnata alla vita precaria, bellissima eppure sfregiata, accogliente però insicura. L´Italia è piena di mediocri. Organizzati per cordate, sorretti dalla corporazione, dal club dall´accesso esclusivo, o garantiti dal nome di famiglia. Meglio i parenti dei concorsi; meglio serrarsi nella difesa degli interessi delle lobby che affrontare il rischio della concorrenza.
Meglio i portaborse servili dei collaboratori svegli ed efficienti. Valori capovolti e merito taroccato. Entra solo chi si mette in fila e aspetta, docile, il suo turno. La prova del nove è davanti ai nostri occhi. Perfetti sconosciuti – grazie a mirabili carriere da Signorsì – hanno confezionato un cursus honorum che riserva loro omaggi e riverenze di Stato. Figurarsi in Parlamento. Lì la mediocrità è una virtù. Mi ha colpito, come credo molti, il modo in cui la politica ha raccolto «i migliori», il metodo di selezione dei candidati nelle ultime elezioni. Un disegno organico e complementare, che ha unito destra e sinistra e premiato gli adulatori dal pensiero liquefatto al primo raggio di sole.
Avevo un´idea fissa in testa, anzi una equivalenza che spiegasse l´inestirpabile e perniciosa natura della mediocrità: il potere della mediocrità misura esattamente la distanza che separa il talento dal successo. Quanto più quel potere è pervasivo, tanto più il successo sarà distante da colui che effettivamente lo merita. Ho chiesto a due ragazzi, Andrea Petrella e Andrea Tesei, giovani economisti che vivono e fanno ricerca a Barcellona, di provare a tradurre appunto in una formula la mia idea. Questo è il risultato:
Prob (Tt = St) = (1-Mt)k
Definiamo un indice della distanza che separa il talento di un individuo (T) dal suo effettivo successo in ambito lavorativo e sociale (S). La differenza assoluta tra questi due termini rappresenta il grado di inefficienza nell´allocazione del talento di un individuo. Traducendo queste considerazioni in termini probabilistici, in una società ideale la probabilità che T=S è pari a uno. Quanto più bassa è tale probabilità, tanto più inefficiente sarà la società. La variabile M rappresenta la proporzione di mediocri sul totale degli individui, k >1 è un parametro costante nel tempo, e il pedice t è un generico indice temporale.Continue reading

Una malattia: il gioco (legale)

schedaenalottoFLAVIA PICCINNI

Davanti alla febbre del superenalotto l’Italia non è mai stata così unita. Il 14 ottobre sono stati spesi ben 52 milioni di euro in tutta la Penisola per raggiungere un sogno, quello del jack pot di 83,5 milioni di euro. Hanno giocato ovunque, in milioni, ma nessuno ha indovinato la combinazione dei sei numeri fortunati.
Mentre in un bar alla periferia di Roma assisto alla follia superenalotto, mi sembra di essere nella tabacchino/ricevitoria di Bocca di Stella, una zona industriale vicino Prato dal nome romantico e dalla struttura fatiscente. Mi sembra di stare fra i cinesi dei pronto moda che, abbandonate le macchine da cucire e gli orari di sfruttamento, da padroni vanno a tentare una fortuna tutta italiana.Continue reading

La casta bianca

cornagliaferrarisMANUELA CAVALIERI

Sono trascorsi dieci anni da “Camici e pigiami”. Paolo Cornaglia Ferraris (foto) segnalò le storture della sanità italiana: un organismo malato e corrotto. Scoppiò la bufera. Lo scandalo coinvolse medici e case farmaceutiche, ospedali e aziende sanitarie. Ma non solo. Il pediatra genovese a più riprese denunciò la deleteria prassi italiana dei concorsi universitari: in teoria aperti a tutti, nella consuetudine, invece, indetti ad hoc.
Un sistema marcio, che ignora il merito e costringe i talenti alla fuga.
Sono migliaia ogni anno i giovani ricercatori che rinunciano a lottare e fanno le valigie. Valigie piene di sogni e speranze, di bravura e ambizione. È il brain-drain. Un vero e proprio regalo che la nostra nazione fa ai centri di ricerca internazionali.
Penso al professor Antonio Iavarone, oncologo pediatra di fama internazionale, che sigla le sue scoperte scientifiche alla Columbia University di New York. Iavarone è stato costretto a lasciare l’Italia dopo aver denunciato un caso di nepotismo al Gemelli di Roma. Una storia emblematica, ma non un unicum. Purtoppo.
Cornaglia Ferraris, che attualmente si occupa di piccoli immigrati clandestini, torna con “La casta bianca”. Una nuova inchiesta che racconta il dramma dei camici: dalle truffe che coinvolgono le aziende ospedaliere alla corruttela del familismo amorale degli atenei. È l’azienda Italia, endemicamente corrotta e malata di merito.
Nulla, dunque, è cambiato in questo ultimo decennio. Stessi attori, identiche tragedie.

Crocevia di simpatia: come spiazzare il merito con una battuta

rampanteberlusconi

Un giovane Silvio Berlusconi, rampante imprenditore nel 1978, anno del suo tesseramento nella P2. (Foto Giuseppe Pino)

SABRINA PINDO

Il libero mercato si fonda sul libero scambio e sulla concorrenza.
Tecnicamente la sola invenzione del marchio (con nome e logo riconoscibili dai clienti) già distorce il mercato, portandolo da concorrenziale a mercato di monopoli settoriali. Per esempio: se uno vuole una Lambretta non può andare alla Piaggio e viceversa, ma se uno vuole del pane può andare a Tokio o a Eraclea mare e trova del pane la cui bontà dipende solo dalle capacità del panettiere.
Il libero scambio e la concorrenza – si sa – dovrebbero portare ad un miglioramento sociale collettivo.
Purtroppo però, anche in un meccanismo perfettamente concorrenziale, si trovano delle piccole storture. Le regole del mercato, ad esempio, non tengono conto dell’amicizia (disinteressata o meno): in un paniere di merci equivalenti o quasi, infatti, si sarà propensi a scegliere quella offerta dall’amico, penalizzando così chi magari è stato un poco più bravo a sviluppare il prodotto, ma che per mala sorte non rientra nelle amicizie del potenziale cliente.
Piccole grandi storture crescono.Continue reading

Veline, veline, veline

fotovelineSERENELLA MATTERA

Velina? What’s velina? Mestiere televisivo, fenomeno sociologico, epiteto offensivo? La parola all’esegeta.
Silvio Berlusconi (intervista a Lilli Gruber): “Il termine veline? È denigratorio, ha un sottinteso discriminatorio e un po’ razzista, e ben poco femminista, secondo il quale una bella ragazza dovrebbe essere necessariamente sciocca o incolta. (…) Mi pare si sopravvaluti la portata reale della questione, e nello stesso tempo, la si fraintenda. Le cosiddette veline sono ragazze che svolgono un compito molto meno facile di quello che si crede. Devono avere, oltre ad un bell’aspetto, anche talenti che spesso si sottovalutano”.
Silvio Berlusconi (in campagna elettorale): “Vedo qui tanti parlamentari che sperano di essere candidati. Voglio dire loro che non sono vere le cose che si leggono, non candideremo veline o soubrette”.