Il golf, che passione!

Il golf, che passione! Oramai ha la forza suprema di una necessità urgente. L’Italia si dirige sui green con la velocità di una lepre e appena lo sguardo prende spazio l’idea si fa concreta perché, ora è chiaro, a ogni filo d’erba corrisponde un pilastrino di cemento armato, pallina bianca e mattoncino verde, cuore e ragione, sport&business.
Ricchi e felici gli italiani forse lo saranno e comunque nel prossimo ventennio ci troveremo in tanti, lucidati e ripuliti, magari ricchi e in forma, a calpestare il soffice manto erboso. Le previsioni avvisano di una moltitudine in arrivo. Vogliosa e gaudente. La scommessa è realizzarne in fretta, tanti e tanti di questi campi. La Campania, fiutando l’affare, ne ha già costruiti cinque, due sono in arrivo, altri in progettazione. E la Toscana? Primissima fila. A Castelfalfi, a Montaione la multinazionale tedesca Tui ha voglia di stupire. Si inaugurano le diciotto buche, e speriamo che sia così, a Ortovero, in provincia di Savona; a Sciacca, in Sicilia, tutto è già stato fatto per la clientela supervip della catena alberghiera di sir Forte. Nell’isola 48 sono i progetti presentati per dare modo ai siciliani di trovare dovunque una buca adeguata al loro nuovo lifestyle. Un borgo diventa un campo da golf ad Agazzano, Piacenza, anche a Bonassola, di nuovo in Liguria, e a Grado, in Friuli.
La cosa bellissima, e davvero nuova, è che la passione vale milioni ma costa zero alle casse pubbliche: uno sport divertente e verde, educato nei modi, e adesso anche piuttosto pop, perciò molto contemporaneo. Gli imprenditori si fanno avanti e sono pronti a svenarsi pur di realizzare il green. Mister Zamparini, il presidente tuttofare del Palermo calcio, per esempio, ha le idee chiare: solo cinquecentomila metri cubi di volume edificabile, 1200 case e ville, un hotel a cinque stelle. E poi, ecco la meraviglia: un fantastico campo da golf. Un affare per la comunità di Grado e per il Friuli, un ripascimento originale nelle immediate adiacenze della laguna di Caorle, poco distante dall’area dove Hemingway scivolava a caccia di anatre.Continue reading

Sotto la neve

 

 

Il compitino che le maestre crederanno di dovere infliggere oggi ai loro scolari dirà che sotto la neve c’è il solito cane. I giornali l’hanno risparmiato il solito compitino, e hanno trascurato di scoprire con sempre nuova originalità che Torino sotto la neve è cosí e cosà, che i suoi viali alberati sembrano ricami e trine della fata Morgana, la quale si cura ogni tanto di dilettare gli occhi dei cittadini con le sue bizzarre fantasie. A me la neve fa venire pensieri un po’ prosaici e pedestri. (…) Sotto la neve (…) i proletari continueranno a trovare fango e mota, e in questi tempi di illuminazione ridotta, i loro accidenti non saranno meno energici del solito. Vagolano per la notte in certi paraggi poco frequentati dalle carrozze padronali ombre scure precedute dal riflesso di lanternine cieche, e per esse la neve sulle strade non ancora selciate non deve essere una cosa molto poetica e suaditrice di pensieri soavi. Il traffico è cresciuto. Camion, automobili, carri e carretti di tutte le proporzioni si inseguono per le strade schizzando a ventaglio cumuli di una poltiglia grassa ed attaccaticcia che, se testimoniano della fertilità della pianura padana, non promettono nulla di buono per i disgraziati che se ne sentono innaffiati. Ma basta che si provveda per il centro della città! Bisogna che esso sia lindo e ben tenuto, secondo il ragionamento della cocotte che si imbelletta la faccia e trascura l’igiene intima di tutto il corpo. (…) Pensieri, come vede il lettore, triviali, pedestri, ma la neve con tutta la potenzialità di poesia che nasconde sotto il suo insidioso biancore non riesce a farmene nascere degli altri, più fragranti, più vistosi. E la giornata è d’altronde così buia e scolorita, e il cervello mi si ottunde nel riconoscere che senza volerlo, ho scritto il mio bravo compitino, e incomincia a preoccuparmi seriamente il pensiero che sotto la neve io troverò la paura di… sdrucciolare.

Antonio Gramsci
Sotto la Mole, 25 febbraio 1916

Fare i conti con le nostre parole

Se si afferma, come mi pare dica Massimo D’Alema, che per salvare questo Paese, per il bene di questo Paese, per la stessa tenuta democratica di questo Paese, sia necessario trovare con la maggioranza un punto minimo di condivisione. E se questo punto minimo finisce per concidere esattamente con la questione di come tutelare il premier dall’azione pro-tempore della magistratura, è del tutto evidente che si assume come definitiva e inappellabile la tesi che l’ordine giudiziario da potere costituzionale si sia trasformato nel tempo e in alcune sue frange in potere sovversivo. Da cui, appunto, bisogna difendersi con la forza della legge.
Basta essere chiari e dire pane al pane.
Poi però bisognerebbe anche fare i conti con le parole pronunciate…

Pizzo di Natale

WALTER MOLINO

Abiti lisi, viso emaciato, sguardo pietoso e barba incolta. Voce piagnucolosa e postura ossequiosa. In provincia di Palermo inizia l’invasione dei Babbi Natale alla rovescia, non portano doni ma chiedono un pensiero per i carcerati, come non muoversi a compassione? Mica elemosina, volete offendere, che ci facciamo con uno o due euro? Cinque euro è il minimo sindacale, dieci o venti meritano un grazie e una segnalazione nella lista dei generosi su cui poter sempre contare. Con cinquanta ci si riconosce, per qualsiasi cosa a disposizione dottò, menza parola, anzi manco quella, il nostro amico la manda a salutare e ricambi ci mancherebbe. Siamo a posto. Messi a posto. Senza pensarci, cosa vuoi che sia, poveri disgraziati, raccolgono due lire, pure il parrino lo va dicendo.
È il pizzo di Natale. Bando alle ipocrisie, chiamiamo le cose col loro nome. Denunce, ovviamente, zero. Segnalazioni manco. Confidenze, poche e con mille tra avvertenze e distinguo. Mezze frasi smozzicate al bar, ecco davanti al caffè qualcosina evapora, quel sorriso benevolo e fatalista, tutti in fondo dobbiamo campare. A denti stretti, per prudenza e adesso anche con un po’ di rabbia. I negozi dei paesi della provincia di Palermo sono vuoti. Lo shopping di Natale è solo in televisione nei rassicuranti Tg nazionali che ci raccontano come stiamo volteggiando fuori dalla crisi. Palle. La crisi, dalle nostre parti, comincia a mordere adesso. A parte la nuova classe moèchantò, piccola e sempre più sguaiata minoranza alcolica, che fa dello sfarzo esibito il simbolo più volgare di un’esistenza millesimata, la gente comune, dai resistenti alla media e piccola borghesia, stringe la cinghia. Si spende meno, e meno si incassa e per il negozio di paese quelle venti o cinquanta euro pesano. Scoccia sganciare il soldo, e magari in silenzio si fa strada una domanda: ma perché?Continue reading

Il valore di un deputato e le scimmie ubriache

Quando penso ciò che sono costati agli operai e ai contadini i voti datimi, quando penso che a Torino sotto il controllo dei bastoni 3.000 operai hanno scritto il mio nome e nel Veneto altri 3.000 in maggioranza contadini hanno fatto altrettanto, che parecchi sono stati bastonati a sangue per ciò, giudico che una volta tanto l’essere deputato ha un valore e un significato. Penso però che per fare il deputato rivoluzionario in una Camera dove 400 scimmie ubriache urleranno continuamente ci vorrebbe una voce e una resistenza fisica superiori a quelle che io abbia. Ma cercherò di fare del mio meglio: sono stati eletti alcuni operai energici e robusti che io conosco bene e conto di poter svolgere un lavoro non del tutto inutile. Qualche fascista di mia conoscenza si torcerà piú di una volta dalla rabbia.
Antonio Gramsci
Vienna, 16 aprile 1924
Lettera alla moglie Giulia Schucht

 

L’onda che è in noi

La memoria ha un’unica grande virtù: aiuta a riconoscere. Ri-conoscere: nomi, fatti, luoghi. Noi abbiamo il vizio antico di essere aggrappati unicamente al presente, qui e ora. Siamo gente dell’oggi, del che si fa stasera? Del domani è un altro giorno. Cosicché quel che è accaduto domenica a Berlusconi (e all’Italia) in piazza del Duomo scaccia, nella nostra memoria labile, ciò che ci eravamo detti su Berlusconi (e sull’Italia) sabato e prima venerdì.
Adesso siamo tutti impegnati a dare una dimensione, un contesto, un pensiero, una via di fuga civile all’aggressione incivile.
La parola chiave con cui tristemente facciamo i conti è onda. Queste giornate sono caratterizzate dall’ondata emotiva, il 5 dicembre in piazza c’era l’onda viola. Negli stadi l’onda violenta. Eccetera.
Va da sé che l’onda rappresenta un moto, appunto il moto ondoso. Va in alto e poi si acquieta, si distrae, sonnecchia, oggi ho da fare in casa e non posso proprio uscire.
Se sapessimo rinunciare all’onda potremmo innanzitutto riannodare la realtà, e anche – se riteniamo – opporci ad essa, con un filo di ragione in più. Se fossimo più tenaci, e anche più consapevoli, riusciremmo forse a farcela, a trovare una strada, un’idea, una passione comune.
Il berlusconismo nasce come frutto della cattiva politica. Ciascuno di voi avrà una spiegazione più larga e compiuta, ma di certo Berlusconi all’inizio della sua, come la chiamiamo, missione?, offre all’Italia un sogno, un futuro magari di plastica, un nuovo inizio. E offre il suo corpo.
Se invece di aggrovigliare il filo nel corpo e nelle parole di questo leader televisivo lo usassimo per partire da un punto. E tenere quel punto in alto e e teso, destineremmo di sicuro migliori energie al nostro tempo.
Di rivoluzionario ci potrebbe essere l’obiettivo, e faccio il primo esempio che mi viene, di sollecitare la politica ad almeno dimezzare in dieci anni la mole economica della corruzione in Italia che ammonta, secondo il servizio trasparenza del ministero della Pubblica amministrazione, a 60 miliardi di euro nel solo 2008.
Invece che un’onda colorata e pirotecnica, bella a vedersi ma così breve e intensa da spegnersi dopo un giorno, un movimento magari meno colorato ma meglio organizzato, più tenace, meno distratto dal presente. Pronto a conoscersi e ri-conoscersi, a tenere una rubrica telefonica comune, utilizzare un alfabeto minimo comune, selezionare un obiettivo comune e perseguirlo tutti i giorni, festivi compresi.
Cosa c’entra la corruzione con Berlusconi? C’entra.
E c’entra anche con la sinistra, con il suo nuovissimo modello di selezione e di ingaggio della classe dirigente.
Troppo generico, troppo indistinguibile fumoso parziale l’obiettivo?
Allora consideriamone un altro.
A me sembra che però l’unica cosa da non fare è restare come siamo e nel punto dove siamo. Increduli e anche un po’ catastrofisti, nel tinello di casa a bestemmiare guardando la tv.

Gabriella Carlucci, deputata da Guinness

Ipercinetica, atletica, documentatissima. Deputata insuperabile. A Londra, alla direzione centrale del Guinness World Records Ltd, non trovano parole: nessun parlamentare in nessuno Stato del mondo è riuscito ad eguagliare quel che resterà un primato davvero fantastico. Gabriella Carlucci, berlusconiana della prima ora, ha sottoscritto in un solo giorno duecentoquarantuno disegni di legge. E’ accaduto martedì 24 novembre nella seduta numero 251 di questa produttivissima legislatura. La Carlucci, alle prime ore del giorno, si è presentata in aula e ha atteso il suo turno avendo ben chiara la performance che l’avrebbe resa protagonista del record mondiale. Le decine di testi di legge illustravano in maniera particolareggiata quasi ogni antro dello scibile umano. Che lei dominava. Un’altra sua dote è infatti la dedizione assoluta, la ricerca della perfezione. Alle Iene che l’anno scorso registrarono un suo ritardo a una seduta della commissione Infanzia, Gabriella, stizzita, rispose: «Devo studiare, devo leggere… mi devo preparare, mica posso scrivere delle stronzate?». Figurarsi dunque la legittima ansia davanti alla mostruosa mole di leggi che da quel memorabile martedì recano anche la sua firma. Ogni antro dello scibile abbiamo detto. E’ così. Anzi, ecco una breve sintesi dei temi messi a fuoco: tutela della maternità, fiscalità di vantaggio, accelerazione negli avvii imprenditoriali, riordino delle carriere delle forze di polizia, prelievo coattivo di materiale biologico, beni confiscati ai mafiosi, immigrazione clandestina, iva sui pneumatici ricostruiti, regolamentazione dei materiali gemmologici. Di tutto, di tutto. E davvero di più.Continue reading

Lamezia Terme, la città aggredita

Gianni Speranza è un mite professore di filosofia a cui la sorte ha affidato il governo di Lamezia Terme, una città aggredita dal malaffare. Il sindaco Speranza sta restituendo alla sua comunità il senso minimo della legalità. Sta naturalmente pagando: più volte intimidito, più volte sotto scorta, più volte aggredito. Di queste ore la notizie dell’ultima violenza: il genio militare ha iniziato ad abbattere immobili abusivi in città. Ne è seguita, da parte degli abusivi, una spedizione punitiva al municipio. Il web è strumento di relazione e condivisione. Mi sento di invitarvi a sostenere l’impegno e difendere la vita e l’integrità di Gianni Speranza.
Anche una mail può essere una boccata di ossigeno civile, un segno di amicizia.
Se ritenete, scrivetegli qui.

Paese che vai Tar che trovi

Masculi chi masculi. Il Tar del Molise sul punto ha deliberato. Chiamato da due maschi a pronunciarsi sull’assenza di donne nella giunta provinciale di Isernia, ha rilevato carenza di interesse. Siete maschi e difendete le donne?
Paese che vai Tar che trovi. Ogni giudice ha un convincimento, e ciascun convincimento è preso, figurarsi!, a norma di legge. Nasce così una forma di giurisprudenza territoriale che subisce modifiche con l’avanzare dei chilometri. Se a Taranto l’assenza di donne in giunta provinciale, violazione della norma che assicura le cosiddette quote-rosa, è stata un’omissione da sanare in trenta giorni, come recitava l’ordinanza del Tar di Lecce; a Isernia, per l’appunto, le donne possono aspettare anche altri trent’anni. Non c’è urgenza. E non c’è impar condicio.
Nelle tre memorabili paginette sfornate dal Tar di Campobasso è assunto il principio che i maschi non devono interessarsi ai fatti delle donne. Tecnicamente manca “l’interesse legittimo” dei ricorrenti, due consiglieri provinciali di Isernia, a discutere e contestare. I due avevano scritto al Tar esponendo quel che segue: Isernia è l’unica Provincia d’Italia che vede ai posti di comando solo maschi. Maschi non solo in giunta, ma maschi, tutti maschi, anche in consiglio provinciale. Maschi in segreteria, maschi in ogni corsia. Maschi in alto e in basso. Dal momento che lo statuto (articolo 26 comma 5) prevede la presenza femminile, “voglia codesto onorevole Tribunale annullare il provvedimento di costituzione della Giunta provinciale e ordinare l’integrazione al femminile”.
I due consiglieri si erano fatti forza dopo aver conosciuto la decisione del tribunale amministrativo pugliese di imporre al presidente della Provincia di Taranto la presenza rosa. Decisione accolta con un plauso persino dal destinatario dell’ordine, il presidente della Provincia appunto; commentata con soddisfazione dal ministro per le Pari opportunità. Analizzata, condivisa da tutti e illustrata come segno visibile di progresso all’Italia intera. Anche lì la riduzione nell’Istituzione di una quota percentuale di testosterone era stata causata da un esposto sottoscritto da un maschio, rappresentante di un comitato civico. Dunque un maschio, l’avvocato tarantino Romano, che ricorreva vittorioso a favore delle donne (tarantine).Continue reading

La connessione sentimentale

L’elemento popolare “sente”, ma non sempre comprende o sa; l’elemento intellettuale “sa”, ma non sempre comprende e specialmente “sente”. I due estremi sono pertanto la pedanteria e il filisteismo da una parte e la passione cieca e il settarismo dall’altra. Non che il pedante non possa essere appassionato, anzi; la pedanteria appassionata è altrettanto ridicola e pericolosa che il settarismo e la demagogia più sfrenati. L’errore dell’intellettuale consiste nel credere che si possa sapere senza comprendere e specialmente senza sentire ed esser appassionato (non solo del sapere in sé, ma per l’oggetto del sapere) cioè che l’intellettuale possa essere tale (e non un puro pedante) se distinto e staccato dal popolo-nazione, cioè senza sentire le passioni elementari del popolo, comprendendole e quindi spiegandole e giustificandole nella determinata situazione storica, e collegandole dialetticamente alle leggi della storia, a una superiore concezione del mondo, scientificamente e coerentemente elaborata, il “sapere”; non si fa politica-storia senza questa passione, cioè senza questa connessione sentimentale tra intellettuali e popolo-nazione. In assenza di tale nesso i rapporti dell’intellettuale col popolo-nazione sono o si riducono a rapporto di ordine puramente burocratico, formale; gli intellettuali diventano una casta o un sacerdozio (così detto centralismo organico).
Se il rapporto tra intellettuali e popolo-nazione, tra dirigenti e diretti – tra governanti e governati – è dato da una adesione organica in cui il sentimento-passione diventa comprensione e quindi sapere (non meccanicamente, ma in modo vivente), solo allora il rapporto è di rappresentanza, e avviene lo scambio di elementi individuali tra governati e governanti, tra diretti e dirigenti, cioè si realizza la vita di insieme che solo è la forza sociale; si crea il “blocco storico”.

Antonio Gramsci, Passaggio dal sapere al comprendere, al sentire e viceversa, dal sentire al comprendere, al sapere, Quaderni del carcere (XVIII)