L’aritmetica futurista del governatore

MICHELE Iorio, il governatore del Molise, sarà ricordato per la sua impareggiabile capacità di far di conto. E’ uno dei politici che meglio si applicano. E’ riuscito a trasformare l’aritmetica in un esercizio di stile futurista cambiando finalmente i connotati e i destini agli addendi.

Riassunto delle puntate precedenti. La sanità della sua regione è sotto scacco, gravida di debiti, collassata al punto che il disavanzo storico è il più alto d’Italia: secondo la ragioneria dello Stato raggiunge il 18 per cento. Il governo corre ai ripari e nomina un commissario che faccia le pulci allo spendaccione Iorio. Chi nomina? Michele Iorio, naturalmente. Commissario di sè stesso e delegato a risanare la sanità che lui medesimo ha contribuito a gonfiarla di debiti. Mentre il commissario Iorio si mette all’opera per preparare il piano di rientro, e vedremo dopo quale accoglienza riceverà dai tecnici del ministero dell’Economia, il presidente Iorio governa con la consueta operosità la piccola regione. Chiama a sé molti esperti e tra questi l’ex presidente della corte d’appello di Campobasso, ora in pensione, Nicola Passerelli. A lui chiede di occuparsi – guarda un po’ – di sanità, e lo nomina assessore. Scolpita nel marmo la sua prima dichiarazione: “Nella mia vita ho sempre indossato la toga. Mi metto immediatamente al lavoro per capire com’è strutturato il servizio sanitario molisano e attuare una politica, graduale, di eliminazione delle spese inutili”.

Perfetto, ma serve già un primo ricapitolo. Il governo, commissariando la sanità, ha azzerato l’autonomia politica della regione in questo settore. E la funzione dell’assessore è interdetta ex lege, resa praticamente impossibile essendo stato tutto ricondotto al potere sostitutivo commissariale.

Iorio dunque nomina l’assessore all’Impossibile. Ecco perché merita una speciale menzione nella classifica dei politici più creativi di ogni tempo. Il nuovo assessore si mette al lavoro ma comprende che gli serve una stanza, anzi più uffici. E scrive alla direzione Affari generali della Regione: “Così non si può lavorare”. Continue reading

Auto blu, i numeri di Brunetta

I giornali di oggi illustrano un altro dossier di Brunetta sul costo delle auto blu e il numero di esse. Un quarto sono i dati raccolti ad oggi, e si sa che le auto in circolazione al servizio dei vip sono 90mila, 40mila fra autisti e garagisti, 297 milioni di euro la spesa parziale complessiva.
Mi scrive Stefano Zanero, un ricercatore del Politecnico di Milano, e dice che faremmo meglio, noi giornalisti, a fare ripetizioni di matematica prima di accreditare cifre offerte a caso.
Copio e incollo la sua mail:


“L’articolo pubblicato fa acqua da tutte le parti. Se ne deduce che di 90000 auto blu, 60000 non lo sono, 20000 non hanno autista, 10mila hanno autista. Prendiamolo per buono.
Se per ognuna delle 90.000 auto blu ci sono 1,4 dipendenti impegnati, come è possibile? O anche le 20.000 auto “senza autista” hanno un paio di autisti, oppure per ognuna delle 10.000 con autista ce ne sono almeno 10. Vedete voi se è possibile.
E se ci sono 130.000 persone (!) impegnate per quelle auto, vorremo o non vorremo calcolare i loro 40.000 euro lordi di stipendio a testa nel costo totale?!?!
Se anche fosse vero (e non è vero di certo!) che queste auto costano 3.300 euro l’anno (costa 500 euro al mese l’affitto prolungato di una mercedes classe A…), anche senza contare gli 1,4 dipendenti per autoblu… spiegatemi come fa a venirvi 88 milioni moltiplicando 3300 euro per 90000.
Al mio conticino fa circa 300 milioni. Senza il personale (che se avete i numeri giusti sono altri 5 miliardi di euro l’anno da aggiungere!!!!!!!!). E considerando un costo che reputo sottostimato ALMENO della metà. E parliamo di circa un quarto delle amministrazioni, non si capisce se il risultato è una proiezione o se va ancora moltiplicato per quattro.
Insomma, signori: se questi sono i dati, vi hanno servito una bufala”.

Siamo il Belpaese di navigatori poeti e peccatori

gazzetta_mezzogiorno1 di Gino Dato

Noi come gli altri. La legge dell’emulazione è la stessa che ci detta i comportamenti più singolari, che ci fa guardare nell’orticello dell’altro per invidiarne pregi ma, soprattutto, difetti e peccati. Gli stessi che facciamo nostri in una lotta per distruggere ogni comandamento morale. Come la nostra deriva stia avanzando è uno spettacolo che richiede capacità di uscire, allontanarsi dal quotidiano, quasi volassimo su un elicottero che si solleva sul paesaggio e riesce a disegnare un quadro d’insieme. Servono quelle che un tempo, nel gergo giornalistico, si chiamavano le inchieste. Con l’aiuto di alcuni giovani colleghi, ne ha costruita una il giornalista di «la Repubblica» Antonello Caporale. Dieci capitoli di un immaginario e tremebondo girone d’Italia raccolti per l’editore Baldini Castoldi Dalai nel titolo Peccatori. Gli italiani nei dieci comandamenti, una verosimile fotografia delle idolatrie e devianze del nostro tempo.Continue reading

Casa mia, casa tua (da Impuniti, anno 2007)

copertina_impuniti1

 

Case svendute, case regalate. Ah, le case! L’elenco giunge con inconsapevole perfidia durante le settimane in cui l’opinione pubblica si allarma per le voci sulla crisi dei mutui in America: gli americani infatti non riescono più a far fronte ai loro mutui “subprime”, polpette avvelenate nello stomaco di impiegati e operai che hanno contratto debiti a un costo che nel tempo è salito fino a uccidere la loro speranza di un avvenire. Le case prima ipotecate, poi sequestrate, infine perdute.

Nel giorno in cui George W. Bush annuncia misure straordinarie a favore degli insolventi (anche nelle cancellerie dei tribunali italiani fanno capolino i mucchietti di decreti ingiuntivi delle banche nei confronti di clienti incapaci di onorare le rate dei mutui che l’Abusdef, associazione dei consumatori, già stima in 450 mila). L’Espresso rivela di ministri e leaders di partito, magistrati, giornalisti, sindacalisti che hanno ottenuto l’acquisto dell’appartamento in cui vivono, e anche di appartamenti in cui non potranno vivere (a meno che non godano pure del dono esclusivo dell’ubiquità) a un prezzo clamorosamente scontato.Continue reading

Il cachet del 1 maggio

C’è un motivo per festeggiare il primo maggio anche con un concerto? Certo che sì.
E c’è un buon motivo perché il concerto, anzi concertooone, costi due milioni di euro?
Che tristezza vedere gli organizzatori, cioè i sindacati, depositati nelle retrovie del palco, con il fantastico trio Bonanni-Angeletti-Epifani rinchiuso in uno sgabuzzino a rispondere a una fantastica domanda (“siete pentiti di aver scelto questo pezzo di presentatrice?”) della altresì fantastica conduttrice, presumo a gettone.
Impacciatore si chiama lei.
Io dò una festa ma devo evitare gli ospiti. Curioso…
È solo la cattiva coscienza degli organizzatori, la cattiva fama che il sindacato ha, la non sempre onorabile opera di tutela degli occupati (e dei disoccupati) a permettere questo cortocircuito della decenza.
Fossero stati con la coscienza a posto, e coerenti e determinati, i tre avrebbero saldato il conto anziché del concerto soltanto del palco, magari con qualche luce psichedelica in meno. E avrebbero invitato gli artisti, i concertisti, gli autori, i direttori, i conduttori (e le conduttrici) a prestare la propria opera gratuitamente. Proprio in ragione della festa del lavoro. Per chi ce l’ha e per chi l’ha perso.
Alla fine della festa o all’inizio o in mezzo si sarebbero presentati tutti e tre affrontando le rose e le spine del palco e rispondendo a domande vere di una presentatrice senza cachet e perciò parecchio incazzata. Magari esibendo un assegno: ecco un milione di euro. Sarebbe molto servito, tanto per fare un esempio, agli schiavi di Rosarno, città che pure ieri i tre hanno visitato. O anche, se proprio avessero voluto strafare, destinando, che so, 200 assegni di ricerca da cinquemila euro ciascuno.
È festa? E festeggiamo allora.
Ma le cose semplici sono stupide.

I posacenere di Bertolaso

Fermi, e senza ridere. Bertolaso non ha colpa se i potenti fumano. Le cicche andavano fermate e inghiottite in qualche posto. Custodite e poi eventualmente smistate in un termovalorizzatore. Il G8 dell’Aquila, quello del dolore e della sobrietà, è stato anche segnato da emergenze impreviste e naturalmente urgenti: traghettare in brevissimo tempo, forse proprio da La Maddalena, posacenere in grado di tenere a bada il vizio del potere. E’ stato chiesto a una società milanese, la Nolostand, di fornire i preziosi oggetti: i posacenere. E per 10200 euro è stato risposto, con la solita efficienza, anche a questa piccola urgenza. Non sappiamo se fossero di vetro o di legno, concavi o stilizzati. Si presume che fossero intonati al clima, dunque segni molto minimal, rispettosi di un luogo dove la natura aveva così crudemente infierito.

Non serve nemmeno fare la lista dei potenti che fumano. Berlusconi no di certo, forse Obama, sicuramente esclusa la Merkel. Ciascuno di loro era però accompagnato da vaste delegazioni che s’intuisce fossero assai sfumacchianti. Né serve osservare come in Italia esista una legge antifumo che vieta la sigaretta nei locali pubblici. Anche in questo caso: il G8 può essere assimilato a un luogo aperto ai passanti? Nossignore. Il vertice mondiale, nelle sue diverse sedi legiferanti, è un luogo chiuso per eccellenza, un club esclusivo.

E la deroga è il principio costituente con cui il potere si manifesta. Il precetto vale per voi, noialtri deroghiamo.
Il G8 all’Aquila era un modo di condividere il dolore, restituire alla città ferita l’onore del mondo, aiutarla a rinascere: spendere il minimo per avere il massimo. Era un gesto di solidarietà, un segno di civismo, una intelligente operazione politica. Così è stato detto. Così è apparso. Così dunque si è certificato.Continue reading

Gramsci

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Volete che chi è stato fino a ieri uno schiavo diventi un uomo?
Incominciate a trattarlo, sempre, come un uomo, e il piú grande passo in avanti sarà già fatto.


Antonio Gramsci
L’Ordine Nuovo, 27 dicembre 1919, sotto la rubrica «Cronache dell’Ordine Nuovo»