I numeri alle Invasioni barbariche. Il vero (e il falso)

Ho inviato la seguente mail al sindaco di Verona, intervenuto con me al dibattito dalla Bignardi, ieri sera


Gentile Tosi,
la televisione è il luogo ideale dove le affermazioni assertive e inappellabili hanno poi fondamenta fragili e piuttosto fantastiche. Cosicché lei ha ritenuto, quando affermavo che anche i numeri sono simili a bolle, e possiamo giocare, camuffare, irridere attraverso le cifre, che stessi producendomi in un esercizio ugualmente creativo.
Come le ho promesso, tento di illustrare la genesi delle mie parole (e delle mie cifre) allargando la mail, giacchè la breve discussione si è svolta sotto i riflettori, al suo collega Michele Emiliano:Continue reading

Terremoti spa, il nuovo libro di Antonello Caporale

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Trent’anni fa, il 23 novembre 1980 una terribile scossa stravolse l’Irpinia. 3000 morti, 9000 feriti e 300.000 sfollati: ma mentre il presidente Pertini denunciava le responsabilità di chi avrebbe dovuto prevenire e intervenire, su quella tragedia si erano già lanciati come sciacalli potentati locali e aziende del nord, già pronti ad accaparrarsi i frutti della ricostruzione. Il libro di Caporale parte da un quadro comparato dei costi e del valore politico di quattro terremoti, dall’Irpinia all’Aquila (2009), passando per Molise e Umbria. Il dato sorprendente è che sono stati dirottati in un anno a L’Aquila risorse cinque volte maggiori di quanto speso per l’Irpinia. Poi, con la scoperta della cricca, il primo soccorritore d’Italia è scomparso dalle scene. E anche Berlusconi ha visto offuscata la sua stella.

L’ELEMENTO FEMMINILE

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Entra in scena l’elemento femminile. E noi siamo soliti rispettare le signore. Perché non c’è molto sugo a prendersela con le signore, quando nella vita esse si accontentano di curare la lucentezza del pelo del loro canino o la riuscita di un five o’ clock elegante, o altre simili squisitezze proprie delle moderne femmine della grassa borghesia, che amano tanto far le scimmie delle dame della vecchia nobiltà. Ma la gonnella profumata vuol fare anch’essa del femminismo. E del femminismo il quale ci fa arricciare un po’ il naso. Femminismo che è intermediarismo politico, cuscinettismo politico. Una forma di intrigo perfettamente moderno e democratico… la lotta di classe alla violetta di Parma, incipriata, e arricciolata proprio come il cagnolino da manicotto. E qualche categoria proletaria femminile disorganizzata si presta a fare il cagnolino e a strisciare le gonnelle della signora del vice-ministro. E la signora di S. E. Cesare Rossi, socio di Teodoro, si compiace della sua missione di pacificatrice delle lotte sociali. E il modesto miglioramento alle signorine telefoniste diventa l’elegante corrispettivo di un mazzo di rose, di una conversazione da boudoir. La donna come calmiere sociale; tema suggestivo per operetta! Noi rispettiamo le signore, anche quelle delle eccellenze e sotto-eccellenze. E rispettiamo le donne in genere, anche le telefoniste non organizzate. E appunto perciò vorremmo che le une si accontentassero di far le signore, e le altre fossero meno servilmente striscianti. Anche e specialmente quando vogliono migliorare le loro condizioni economiche.
Sotto la Mole, 24 novembre 1916

Dell’amore e della letteratura

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D’altronde, chi legge Dante con amore? I professori rimminchioniti che si fanno delle religioni di un qualche poeta o scrittore e ne celebrano degli strani riti filologici. Io penso che una persona intelligente e moderna deve leggere i classici in generale con un certo «distacco», cioè solo per i loro
valori estetici, mentre l’«amore» implica adesione al contenuto ideologico della poesia; si ama il «proprio» poeta, si «ammira» l’artista «in generale».
Lettere dal carcere
(Lettera alla moglie Giulia, 1 giugno 1931)

SLEALTA’

Come tutti i dilettanti di astrazioni sono settari e ipocriti. Se trovano degli avversari sulla loro via, cercano eliminarli con mezzi obliqui, insidiosi: come tutti gli impotenti usano le armi sleali dell’insinuazione, della voce calunniosa.


Il triangolo e la croce, Sotto la Mole, Avanti!, 25 dicembre 1917

CARATTERI ITALIANI

“Una delle forme più appariscenti e vistose del carattere italiano è l’ipocrisia. Ipocrisia in tutte le forme della vita:nella vita familiare, nella vita politica, negli affari. La sfiducia reciproca,il sottointeso sleale corrodono nel nostro paese tutte le forme di rapporto:i rapporti tra singolo e singolo,i rapporti tra singolo e collettività. L’ipocrisia del carattere italiano è in dipendenza assoluta con la mancanza di libertà. E’ una forma di resistenza. L’ipocrisia nei rapporti tra singolo e collettività è una conseguenza dei paterni governi polizieschi che hanno preceduto e seguito l’unificazione del regno d’Italia. L’ipocrisia nei rapporti tra singolo e singolo è una conseguenza dell’educazione gesuitica che si è impartita e si continua a impartirsi nelle scuole e nelle famiglie,e che scaturisce spontanea dall’esperienza della vita quotidiana”.

Antonio Gramsci, L’Avanti, marzo 1917

Dalla tomba del tuffatore alla culla del truffatore

di Valerio Calabrese

Più di Agrigento poté Paestum. Dinnanzi alla maestosità delle cifre e alla spregiudicatezza della colonia achea del Comune di Capaccio (SA), nemmeno la celeberrima valle dei templi agrigentina, pur nota per essere sfregiata da 600 tra case e villette abusive, può reggere il confronto. Eh sì, perché entro o immediatamente a ridosso del perimetro delle mura dell’antica Poseidonia, l’agenzia delle entrate ha scovato ben 3.597 case fantasma, ovvero abusive. Paestum è il paradigma della contraddizione italiana. La città, fondata dai sibariti nel VI sec. a.C., è infatti l’unica area archeologica d’Italia ad avere una legge ad hoc che la tuteli, la numero 220 del ’57. La legge fu scritta e voluta dal celebre archeologo Umberto Zanotti Bianco che, confinato a Pastum dal regime fascista, portò alla luce lo splendido santuario di Hera Argiva alla foce del fiume Sele e impiegò la sua vita e la sua attività parlamentare per la tutela del sito archeologico.Continue reading

L’altra verità su medici e ospedali

Chi si arricchisce e chi si ferma a uno stipendio da serie c.
Chi è costretto a sessant’anni a trascorrere la notte del ferragosto in corsia e chi inaugura l’ultimo yacht ad Ansedonia.
Com’è possibile che nello stesso ospedale le buste paga ci siano così clamorosamente diverse? Quali relazioni, quali coperture e quali trucchi servono per legare pochi a indennità d’oro? A Piccola Italia, dopo la pubblicazione di alcuni scandalosi redditi agguantati nei meandri di una normativa che allarga le maglie della discrezionalità e premia i pochi e soliti noti, sono giunte testimonianze che raccontano un’altra verità sui medici e sugli ospedali. Sull’Italia e su questo cattivo tempo.
Giuseppe è pediatra oncologo, vive e lavora a Perugia: “Arrivo a circa 52 mila euro scarsi l’anno, ho 36 anni, ho due figli e moglie a carico. E sono precario. Sono specialista in oncologia, lavoro come pediatra oncologo, ho un dottorato di ricerca in ematologia e diversi altri post-it nel mio curriculum. Perché dico questo? Perché della smania e della voglia di essere “medico” non me ne resta più traccia. Della passione iniziale adesso solo routine. In reparto siamo in quattro e facciamo turni massacranti, un week end libero al mese. Non abbiamo diritto a ferie scientifiche o di aggiornamento. Non ci viene pagato lo straordinario che facciamo e ci viene imposto di ridurre le ore di accesso notturno. L’assistenza ai malati del nostro reparto è lasciata al nostro buon cuore e al rimorso che un giorno in più di ferie possa essere troppo per loro. Ed oggi leggo di illustri colleghi che prendono fino a 600 mila l’euro l’anno. Io che non ho tempo per me ed i miei figli, che devo pregare la banca per un fido di 3000 euro, cos’altro devo aspettarmi da questa Italietta? E loro come fanno ad arrivare a tali retribuzioni? Che tristezza ed amarezza”.Continue reading

Lo stipendio dei medici, più “l’altro” e la trasparenza fa trasparire molto poco

La legge Brunetta avrebbe imposto di mettere on line i redditi, ma un viaggio tra varie Asl rivela che su questo fronte ben poco è stato fatto. E quel che si può sapere suscita brutti pensieri: le prestazioni straordinarie gonfiano le retribuzioni.


Tu hai uno stipendio, e poi un altro. Altro è la formula con cui alcune aziende sanitarie raccontano le retribuzioni integrative dei propri medici. Altro non significa altro che il monte di ore straordinarie pagate ad alcuni per sopperire le carenze di personale, i vuoti in corsia e in laboratorio, in radiologia e in anestesia. Altro non è che un modo per illustrare quanto siano a volte iniqui i tagli, quanto spreco produca l’azzeramento di ogni ingresso negli organici della sanità. Altro non è che il fondale contro cui periscono i professionisti giovani e disoccupati, perennemente poveri. A fronte della ricchezza ulteriore di chi già gode di ottimi stipendi. La parola altro, in questo caso, conferma definitivamente che l’Italia è destinato a rimanere un Paese per vecchi. Non c’è speranza né futuro per chi sia all’inizio della carriera e non sia figlio di papà. Porte sbarrate. Continue reading