Di Pietro: padre padrone cade insieme a Berlusconi

 

Mettiamo da parte le case, i terreni, i fienili e il grano in senso proprio e figurato di Antonio Di Pietro. Ha titoli per difendere la legittimità dei suoi acquisti e documenti per attestarne la liceità. Fa bene ad esibirli fin nelle più intestine descrizioni e siamo dunque d’accordo con lui: il partito non è una privata abitazione. Forse non se n’è accorto, ma in quest’ultima settimana Di Pietro ha chiuso il partito, somministrandogli l’estrema unzione, e poi l’ha riaperto, decretandone la resurrezione, proprio come fosse la sua porticina di casa. Lunedì Italia dei Valori era morta, mercoledì il leader viaggiava, su proposta di Grillo, verso il Quirinale, giovedì era pronto un altro logo e forse un altro movimento dal nome impressionista (“Basta!”), ieri è invece ritornato sia il gabbiano che la sigla Idv, il partito è risorto e già gode di ritrovata ottima salute. Quel che Di Pietro non ha percepito è la deflagrazione della sua leadership per come si è espressa in questi anni. Il potere assoluto sul movimento e l’insindacabilità delle scelte, anche quelle più misteriose e confuse, degli uomini ai quali era chiesto di issare il vessillo della legalità, fondava sul presupposto dell’emergenza democratica, nella ribellione alla tirannide berlusconiana, nel contrasto alla quotidiana devianza dalle regole, dai doveri e dal diritto. È stata una battaglia campale nella quale il dipietrismo si è fatto carne e spirito, è divenuto linguaggio sempre più comune, intendimento che ha raccolto consensi via via più vasti, dispiegando una non trascurabile forza attrattiva.Continue reading

Sindaco di Cuneo: “Cieco ma nulla a mia insaputa”

“Non c’è nulla di strano”, dice Federico Borgna. Invece sì, è strano non vedere la città che amministri. “La sento sotto le suole delle scarpe, la tocco con i gomiti, mi entra in pancia. La vedo, la riclassifico nella mia mente, il cervello nostro seleziona e ritrasmette, è abituato a fare un lavoro differenziato e supplementare per noi. Mi faccio una mia idea delle cose, del mondo, delle persone che mi stanno vicine. Di chi mi vuole fregare e chi no. Guardo anche le partite di calcio, sono abbonato a Mediaset Premium. Ascolto la voce del telecronista e immagino l’azione, che scorre esattamente come la guardi tu. Mi aiuto con la fantasia”.
LA FANTASIA è giunta al potere di Cuneo nel maggio scorso e con un buon margine di consensi. Al sindaco Borgna piace la politica da quando, ai salesiani, frequentava il liceo. Poi gli studi in legge, infine il lavoro di consulente finanziario. Iscritto al Partito democratico (tessera non rinnovata dal 2009) ha avuto l’opportunità e si è lanciato. Gli hanno offerto di fare il primo cittadino e non ha avuto paura: “Stava bene agli altri, figurarsi a me! Non ho mai avvertito la disabilità come emarginazione, anche grazie al fatto che la cecità mi ha vinto negli anni. Quando sono nato ho aperto gli occhi e visto il mondo. Fino a undici anni, anche se con difficoltà, guardavo come tutti. Quindi la mia memoria è riuscita a immagazzinare una quantità sufficiente di immagini e oggi me le ritrasmetto come fossero delle clip lasciate nel computer, come quei grandi film che si tengono a casa e si rivedono sempre”. Cuneo è una gran bella città. Ai suoi estremi si alza verso le Alpi, al centro invece scende verso la pianura, guarda le vallate che la conducono verso la Francia. Piena di portici, dedita al commercio e all’agricoltura, è serena, racchiusa, riflessiva. Colta oltre ogni sospetto: “L’immagine nostra è un po’ grossier. Sarà che qui è nato Briatore…”. Anche la Santanchè. “No, lei è della provincia. Di Cuneo è DuccioGalimberti, e già è un altro stile”. Cuneo è stata fortunata o scellerata a scegliere un sindaco cieco?Continue reading

Quella lacrima sul viso, l’onore ritrovato di Nichi

“Io sono una persona perbene”, ha detto. E finalmente una lacrima sul viso. La lacrima di Nichi Vendola, che non si è vista ma si è sen-tita, è parsa vera come la sua paura di finire travolto dal disonore, di venire inghiottito dagli sberleffi, di chiudere la sua già densa carriera politica, a metà tra la poesia e il potere, il sentimento e la cura dei voti, nella brace di una condanna penale.
Ieri si è tolto un peso, e si è visto come ha ripreso a macinare la poetica dell’ultimo, dell’uomo qualunque nel senso di uomo comune, senza difese che il suo corpo, la sua verità, il proprio onore. Il suo linguaggio è insieme prova di connessione sentimentale con gli elettori e prova d’altura, dimostrazione di alterità nel mondo parolaio della politica, lieve come una bolla d’aria, ma anche vuota come una bolla d’aria. Ha iniziato subito con la poesia: “L’innocenza era scritta nel cuore”. Bisogna dire che insieme all’assoluzione Nichi ha restituito onore all’onore, “mio padre me lo diceva sempre che era necessario dare un senso a quelle cose lì”, e dato un valore anche al disonore. Lo svuotamento semantico di queste due parole, messe in soffitta dalla classe politica del Paese, prova la responsabilità più grande di chi ha governato finora. Aver cioè finto che non esistesse un dovere ulteriore, un senso ulteriore e anche un onere ulteriore che la vita pubblica assegna ai suoi protagonisti: non soltanto di gestire in modo trasparente e onesto il bene comune, i beni di tutti noi, ma anche di elevare la propria condizione e di misurarla attraverso una scala più rigida. Non già e non solo perchè la pretesa all’onore dell’uomo pubblico è un diritto costituzionale da esercitare, una richiesta da avanzare, ma perchè l’onorabilità di una persona è la cifra costitutiva, la premessa per fare il resto. Certo, noi italiani siamo stati abituati agli “uomini d’onore” e questa sovrapposizione di figure e immagini ha ulteriormente prodotto la riclassificazione verso il basso della parola. Continue reading

“il rottamatore siciliano: il nuovo che avanza”

PARLA PIETRO BARCELLONA:

è un elettore attivo, colto, di ceto medio alto e ha deciso di fare fuori il sistema imbelle che ha governato l’isola e il paese

 

Il nuovo astenuto è un signore colto, impegnato, attivo, di classe sociale medio alta. Una persona che non ha stima sufficiente per Beppe Grillo, non crede ancora oppure non crede affatto nelle sue acrobazie linguistiche, nell’artifizio della sua prosa da teatrante e non giudica possibile sostenere il Partito democratico nella versione edulcorata e un po’ falsificata di Rosario Crocetta. Che è un bravo figlio ma si è montato la testa”. Giurista comunista, di scuola ingraiana, grande vecchio della sinistra siciliana, Pietro Barcellona ha questi numeri in testa. “Il venti per cento in più degli astenuti è sicuramente sommabile al diciotto che ha votato Grillo. È un voto attivo e consapevole che protesta e seppellisce la vecchia classe dirigente e conduce il Pdl nelle catacombe. Il dato vero e nuovo è che Grillo si mostra come il vero, unico rottamatore italiano. Rottama linguaggi, persone, strutture, modi di comunicare. E – a mio modesto avviso – finisce per rottamare anche Renzi, il quale poveretto si ritrova con lo slogan già usurato e da domani avrà la testa piena di nuove preoccupazioni”.
Lei si è astenuto?
Io per tradizione voto a sinistra, sono disciplinato e mi sono imposto di segnare la mia croce su Crocetta. Senza esultare, conoscendo l’intento cosmetico della sua operazione.
Povero Crocetta.
Non è colpa sua, ma non ha meriti e talento sufficienti per affrontare la grande vera questione siciliana: la rendita parassitaria dell’impiego pubblico, della funzione pubblica, della consulenza pubblica. Il fiorire di antichi mostri democristiani dietro il paravento del suo corpo lo condurrà all’immobilismo, se non al fallimento. Se mi sbagliassi ne sarei felice.Continue reading

L’ex sindaco di Gela Comunista, gay e ora governatore

Ride e piange e mastica parole con l’avidità di chi addenta l’enorme arancino al ragù, orgoglio della Sicilia d’oriente: “Sono l’uomo dalle sette Stelle, l’unico vero innovatore. Ho cambiato la Storia!”. L’isola si consegna a Rosario Crocetta e gli regala la sua disperazione e i suoi sogni. E anche la propria dabbenaggine, i voltafaccia, gli inghippi di legge e le preghiere per la famiglia. La Sicilia sa di essere sempre assolta da Rosario, il suo nuovo tribuno.
È LA PRIMA VOLTA che un comunista giunge a palazzo d’Orleans con la vidimazione del voto popolare. “Cose da pazzi”, ha detto Pier Luigi Bersani. E ha ragione da vendere. È davvero un dato storico, un evento, quasi una rivoluzione. È anche l’annuncio di quel che potrà essere il nuovo Parlamento. Crocetta è simpatico, alla mano, disponibile, ciarliero. Crocetta è l’antimafia, viaggia sotto scorta, ha paura di morire “ma so che c’è questa possibilità”. Crocetta è il secondo politico gay italiano a conquistare una poltrona di peso, e dopo Nichi Vendola è il secondo meridionale a imporre la sessualità come elemento centrale della propria personalità. “Quando si hanno ruoli pubblici si deve essere molto casti e io annuncio che se vincerò le elezioni non farò più sesso”.Continue reading

Manlio Sgalambro. Il giudizio del filosofo: “Grillo è un animaloide che si agita”

Manlio Sgalambro abita al limite della coda di una grande scultura di Francesco Messina (Il cavallo morente) nella piazza riparata da via Etnea, la strada che divide in due Catania e la segna dai monti al mare. Filosofo di impianto nichilista, poeta, narratore, infine paroliere e gran redattore dei testi che poi Franco Battiato ha musicato, è il più eccentrico siciliano vivente. “Questa è una terra immobile. Nel suo moto assume l’agitazione dei vermi (da qui: verminaio). Un movimento dunque inutile, circolare, chiuso alla fuga e al sogno. Il siciliano è purtroppo attratto dal nulla e la politica lo ricompensa con un linguaggio insignificante e sciocco. Sono esseri incolti, hanno disprezzo per la storia e per il progresso”.
Non è un gran vivere osservarli da qui.
In effetti la mia vita è sostanzialmente conventuale. Esco poco, una passeggiata rapida su via Etnea che interrompo appena intravedo la marea di corpi che sale.
Lei ne prova disgusto?
Non mi piace stringere mani. Ricordo con orrore, al tempo in cui curavo la parte letteraria dell’estate catanese, un episodio che mi occorse quando ebbi la ventura di mettere piede in municipio. Era la prima volta che lo facevo e con Battiato fummo ricevuti dall’allora sindaco Scapagnini. Il quale salutandomi mi disse: e tu Sgalambro… Non ebbe il tempo di finire la frase. Lo interruppi: Tu? Assurdo darmi del tu. Si scusò e passo al lei.Continue reading

elezioni, la Sicilia nonostante Grillo:“Nessun riscatto”

IVAN LO BELLO: “CI SARÀ UNA MAREA DI VOTI DI PROTESTA, MA NON SPOSTERÀ GLI EQUILIBRI”
I siciliani dondolano sull’orlod ell’abisso mirandolo dall’alto, come giapponesi curiosi che fotografano le rovine di Pompei. È la prima campagna elettorale che si gioca senza“piccioli” in campo, senza soldi da spartirsi, da far scivolare nelle tasche, da disperdere al vento delle promesse. I piccioli sono finiti purtroppo. Non che siano sparite le clientele sull’isola che anzi certamente viaggiano secondo le consuetudini, ma si è inceppato il sistema, rotta la pratica divina dei finanziamenti a fondo perduto, dei corsi fantasma di formazione professionale, il centro di gravità del minimo reddito garantito, l’universo virtuoso dei nullafacenti di professione. La cesta dei soldi è svuotata e gli effetti sono già clamorosi. Undici sindaci del ragusano occupano l’assessorato agli enti locali, i dipendenti dei comuni di Modica, Ispica e Comiso da due mesi non ricevono gli stipendi, a Gela nessun politico, tranne BeppeGrillo, ha potuto tenere comizi. Presi a pernacchie, colpiti dai vaffanculo, dalle urla, dai fischi, tutti hanno dovuto arrendersi a quella che è stata battezzata la piazza della contestazione.Continue reading

Superficialità e ignavia mortali

NON È COLPA della scienza se ci sono i terremoti. Ma è responsabilità degli scienziati offrire ai cittadini gli elementi essenziali per far fronte a un rischio ipotizzabile, plausibile. Rossella Graziani ha raccontato in un diario i giorni che precedettero la sciagura. Proprio quel diario angoscioso e furente, che qui pubblichiamo, documenta l’approssimazione, la superficialità se non l’ignavia che hanno accompagnato la città alla morte. È parso infatti che la principale occupazione delle istituzioni fosse l’iniezione quotidiana di dosi massicce e collettive di valium.
L’AQUILA è stata tradita due volte. Prima è andata incontro inconsapevole alla terribile forza della natura, per poi divenirne un perfetto set della morte. Assieme agli uomini anche la coscienza civile è stata rinchiusa e recintata nelle tendopoli. Non si entrava e non si usciva da lì. Obbligata al silenzio mentre il dolore diveniva teatro. Se L’Aquila ha una colpa, perchè al mondo non esistono i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, è di non essersi in qualche modo ribellata. Non poteva farlo prima della sciagura, certo. Manon l’ha fatto nemmeno dopo. Prima ha bevuto il valium,dopo ha assistito inerme alla sua regressione democra-tica, allo scarto tra la sua condizione e la realtà. E al fiume di soldi che l’ha inondata affamandola quasi.
da: Il Fatto Quotidiano, 24 ottobre 2012

la rivoluzione di Petrosino alla conquista della dignità

IL SINDACO GIACALONE: “La Sicilia riparta dal decoro”


Esistono le capitali del cuore, esiste la forza del sentimento, esiste per fortuna anche il coraggio, la sfida per una nuova vita. Gaspare Giacalone è un siciliano del ritorno. Ha scelto la strada inversa, il viaggio capovolto. Parte da Londra e atterra a Petrosino, tra Marsala e Trapani. Lascia uno stipendio eccellente, un’ottima reputazione di analista finanziario, la carriera (benedetta carriera!), il mondo che conta, la banca che conta per sedersi sulla sedia sgangherata di sindaco del suo paesino.


A PETROSINO fanno un ottimo vino, il Grillo, un bianco secco. E poco altro. Hanno il mare, e quindi hanno tentativi anche riusciti di speculazione edilizia. Sono circondati dai capisaldi della mafia che qui diventa solo odore, arriva a folate. A volte si sente, a volte no. Petrosino non è un paese sciagurato, non è un paese dominato dai clan, non è un luogo invivibile. Campa secondo lo standard meridionale: clientele numerose, i soliti che si spartiscono le migliori commesse, i soliti che gestiscono i progetti, i soliti che fanno affari. Però c’è vita, c’è dibattito, c’è opposizione. C’è contestazione. “Da maggio è cambiata la mia vita. E quando cambia così radicalmente non hai parole per spiegarlo bene. Non avevo previsto tutto questo, non avevo calcolato questo bel botto che la mia vita avrebbe fatto. Non pensavo di stare al sole tanti mesi all’anno. La nebbia, ero certo che la nebbia mi avrebbe portato fortuna”, assicura Gaspare. É vero, le banche esistono nei luoghi in cui la nebbia è più fitta, la pioggia più insistente.Continue reading

D’Alema pronto al partito nuovo

È CONVINTO CHE SE RENZI VINCE, CADRÀ IL PD. MA “LA SINISTRA ESISTE IN NATURA”

Costruire un nuovo partito nel caso l’attuale cadesse nelle mani di Matteo Renzi. È deciso a timbrare con la sua opera un nuovo simbolo sulla scheda elettorale, il simbolo di una formazione autenticamente socialdemocratica, “perchè la sinistra esiste in natura” e non può essere destinata a divenire un rottame del Novecento, deglutita nelle fauci di questo fiorentino e del suo pop stil novo. È pronto dunque a scommettere che il Partito democratico esploderà, cadrà in una sanguinosa guerra civile, se dovesse accadere l’irreparabile, l’evento politico più disastroso di questo nuovo secolo: la caduta di Bersani, la vittoria dell’altro. Del nemico. Ieri, anche ieri come oramai accade ogni giorno di questa lunga e sfibrante disfida, Renzi ha proseguito nel suo incedere. La caduta del Lider Maximo coincide con la conclusione “della fase uno della rottamazione” ha decretato un po’ militarescamente. Poi però l’ha definita “una scelta nobile”, si è rivolto a D’Alema chiamandolo “presidente” garantendo che “non ci sarà più mezza parola su questo argomento”. Continue reading