Il miracolo di un uomo trasformato da un anno di governo spariti i tecnici, alla sua corte arriva Lorenzo Cesa

IL MIRACOLO DI UN UOMO TRASFORMATO DA UN ANNO DI GOVERNO SPARITI I TECNICI, ALLA SUA CORTE ARRIVA LORENZO CESA

Il loden è lo stesso e la cravatta di quel celeste palliduccio e la grisaglia perfetta da uomo di Stato. È lui, è Mario Monti. Cambia il contorno, la farina del pane nuovo non è bagnata dalle lacrime della Fornero, e non ci sono più le orecchie a sventola di Piero Giarda, il ministro dumbo, colto e severo. Ecco Lorenzo Cesa, un magnifico esemplare democristiano resistito a ogni tempesta fare ingresso nel suo ufficio al seguito dei big della moderazione italiana: Luca di Montezemolo e Pier Ferdinando Casini. Sono solo i primi tre nomi, quelli che vengono a mente più di ogni altri, che ieri si sono accomodati nelle poltrone dell’ampia sala di palazzo Chigi. Di ospiti il premier ne riceve a dozzine, e tante telefonate e preghiere e intercessioni. E persino evocazioni. Lui zitto: “Ha preso appunti”. Non dissente né consente. C’è ma non c’è. È il candidato del centro, o potrebbe esserlo. Sarà in campo, dentro o ai bordi.
C’È UN MONTI CHE VA e un Monti che viene. Un loden che parte e uno nuovo che si insedia. Quando giunse, appena dodici mesi fa, fece riprendere dal garage di palazzo Chigi la Lancia Thema, vettura opportunamente vintage e al passo col dramma dentro cui stava affogando l’Italia. Sua moglie, riferì il premier in una nota gastronomica assai inedita per i costumi politici a cui gli italiani erano abituati, aveva sistemato cotechino e lenticchie, comperati in una salumeria alle spalle del Palazzo, su due pirofile trovate nella cucina presidenziale, per festeggiare con dignità ma assoluta parsimonia un Capodanno triste. Questo era Mario Monti solo l’anno scorso. “Sono al servizio dell’Italia”, disse e confermò. Infatti il capo dello Stato lo aveva nominato solo poche ore prima senatore a vita per decretarne la terzietà e anche la statura morale e la reputazione molto al di sopra della media. E lui non fece altro che mantenere vivo il ricordo di quanto l’Italia potesse cambiare, e anche di come i guai, alla fine, potessero persino portare beneficio, e il male risolversi in bene, la povertà in virtù, la sobrietà in ricchezza, eccetera. Molto intima, come ogni confidenza sincera e sentita, quella voglia di tenersi fuori, appartarsi: “Mia mamma mi diceva sempre: stai alla larga dalla politica”. Ecco, questo era il professore solo dodici mesi fa. Non aveva fatto i conti con la passione che certo si è impadronita del suo corpo piano piano, senza far rumore. E si è svelata scendendo dalla testa verso i piedi: una discesa in campo. Si scende in politica infatti, non si sale in politica. E quella passione si è manifestata prima con piccoli colpi di tosse, poi con sospiri lievi ma ripetuti, infine con la parola. “Non mi interessa” iniziò a dire. Ma il pensiero evoluto si manifestò a New York il 17 settembre scorso: “Non mi candido però posso dare una mano all’Italia”.
ECCO, QUELLA MANO sembra lo abbia avvinghiato e lo stia trascinando lentamente, ma inesorabilmente verso l’agone comiziante. E il suo ufficio, prima denso di algoritmi, di parcelle da pagare, e tasse e tagli, e ospedali da chiudere, strade da sistemare, ferrovie da costruire, persone da licenziare, si è andato via via affollando di questue, petizioni signorili e anche burberi richiami. Il loden è rimasto lo stesso ma col loden Monti si è diretto all’appuntamento con Giorgio Napolitano, non felicissimo della sua determinazione a occupare il centro del centro del centro. Lui o la sua agenda, il programma che sta stendendo e che, in nome suo, sarà trasmesso nelle mani di Cesa per farne un libro di impegni solenni e irrinunciabili. Saranno quattro liste o solo tre? O addirittura una? E chi ci sarà? Un bel dibattito e un fremito d’ansia: oggi è la volta di Marchionne ed Elkann. Atteso endorsement della Fiat, con il premier in visita a Melfi. E dopo anche quello di Pomicino? Monti uno e trino: tecnico e senatore a vita, super partes e anche un pochettino sotto le parti. Un po’ di destra e anche un po’ di sinistra. Con l’Europa e con l’Italia. Con gli industriali ricchi alla Montezemolo e i militanti della povertà di Andrea Riccardi, plenipotenziario della comunità di Sant’Egidio. Lui sta decidendo il da farsi. Purtroppo lo tirano per la giacca e sua moglie, dicono, è dispiaciuta: vorrebbe che tornasse alla Bocconi. Il suo staff lo vedrebbe invece bene al Quirinale. Il fatto è che una moltitudine di Cesa lo attende fiduciosa e con l’agenda in mano.

da: Il Fatto Quotidiano, 20 dicembre 2012

Gli irriducibili del Parlamento: “Senza politica muoio”

Lasciare questo posto è come dire a un prete di restituire la tonaca. É difficile capire la mia condizione e non voglio esagerare: ma senza la politica io muoio. Non ho faccende da sbrigare, né clientele, né tessere né affari. É questa aria che temo mi manchi, l’ossigeno che ti fa campare”. Dev’esserci amore e chi vuole ci creda. Cesare Marini ha superato da un po’ la settantina, agiato di condizione e con un portafoglio di legislature plurime. Eppure non ce la fa a dire addio. Ha chiesto la deroga al Pd, che gliel’ha data iscrivendolo nel registro degli anziani, i cosiddetti veterani. C’è qualcosa che oltrepassa il potere e prende la testa, un registro mentale che – malgrado tutto – respinge l’idea di archiviare il Palazzo persino quando esso sia finto, magari appariscente come quei fondo tinta che celano il viso sciupato e ferito dagli anni. La cattiva reputazione della politica sembra non sia sufficiente a far mollare la presa. Pochi si ricordano tra coloro che hanno smesso, hanno rotto l’incantesimo. Per esempio Raffaele Della Valle, l’avvocato di Tortora, capogruppo agli albori berlusconiani. “Avvocato ero e avvocato torno ad essere”. Così lui, e così ha fatto – per un solo tempo –Giuliano Pisapia, terminato il mandato è tornato a Milano, nel suo studio. Ma ci è rimasto poco.Continue reading

Prevale un furore leninista e il comico non fa più ridere

Beppe Grillo dovrebbe fare un grande respiro e pensare che, dopotutto, lui è un comico. Ha fatto molto più di quel che poteva, ma resta un comico, non un leader, nemmeno un capo. Un ispiratore, un suggeritore, un grande e fortunato movimentatore di idee. Di più non sa fare e si vede. Un leader non è un poliziotto e la sua autorevolezza non si sostiene con le sanzioni. Ha creato un movimento non un carcere. E i suoi militanti non sono secondini del pensiero, indagatori delle altrui intelligenze, esploratori delle vergogne comuni. I militanti sono per lo più brave persone che hanno voglia di fare qualcosa per l’Italia. Promuova i migliori, non i più fedeli.Continue reading

Non c’è più tempo per le primarie Pd: deputati in festa

SOLO UN MESE PER LE CONSULTAZIONI POPOLARI CHE DOVREBBERO SELEZIONARE I CANDIDATI
Finita la seduta, il Transatlantico ieri sera non si è svuotato come succede sempre all’ora di cena. Questa volta il ristorante ha atteso che i parlamentari del Partito democratico si saziassero con i conciliaboli sulle prossime ricandidature: “Tu sì? E io pure”. Questa volta si festeggia e nell’aria non ci sono trombati né proscritti. Tutti promossi, sembra. Ieri alla Camera c’era anche Bersani, il leader vittorioso, e finalmente si sono potute scambiare due chiacchiere con lui. Clima sereno, temi allegri, futuro (corna facendo) assai roseo. Se le previsioni dicono la verità tutti e 204 i deputati troveranno la poltrona al loro posto. Numero che con le rinunce attese (almeno venti) e gli ulteriori voti promessi dai sondaggi fanno salire alla mastodontica cifra di 340 i seggi che il Pd potrà ottenere.Continue reading

Benvenuti nella città dove lo spreco non c’è

MASSAROSA, VICINO LUCCA, È IL TRIONFO DELLA LOGICA: FOTOVOLTAICO PER BONIFICARE LA DISCARICA DI MARMO E SORGENTI CHE OFFRONO ACQUA MINERALE GRATIS A TUTTI
Massarosa (Lucca) L’ esatto punto geografico della virtù in politica si troverebbe tra il lago di Porta, quello di Massaciuccoli e le Alpi Apuane. Cresce, e speriamo si dilati, nel comune di Massarosa in provincia di Lucca, ventimila abitanti divisi in 16 frazioni, l’amministrazione più virtuosa, più capace, più efficiente, meno spendacciona che esiste in Italia. Insignita delle cinque stelle dal circuito dei comuni che fanno della virtù la ragione di vita, Massarosa diviene così la prima località politica di charme. Più che sul merito del titolo tributato da questo movimento, impressiona la radice del premio. Massarosa non è una città memorabile, chi la visita non va via tramortito dalle opere d’arte o dalla condizione urbanistica, dal paesaggio. Non ha orizzonti imperdibili da immortalare.Continue reading

La prima volta del Colle costretto in seconda fila

Il cielo sopra il Quirinale è gravemente perturbato e il suo inquilino non è stato però avvertito del repentino cambio di stagione. Piove tanto, ma a sua insaputa. Le parole con le quali ieri Giorgio Napolitano ha dovuto commentare l’ingresso in campo di Mario Monti, messe insieme non fanno una frase intera. Con quel “vedremo domani cosa succede”, riferito alla reazione dei mercati alla violenta accelerazione della crisi, il capo dello Stato regredisce d’incanto nel ruolo di mero osservatore, e pone tra sé e il premier uscente un buon metro di distanza.Continue reading

Il pensiero mobile degli ultà di B.

HANNO CAMBIATO IDEA IN POCHE SETTIMANE: LO VOLEVANO PADRE NOBILE, MA VA BENE ANCHE IN CAMPO
È la reginetta dell’idea pendula, del pensiero dondolante. Dipende solo dal vento. Era libeccio il 24 ottobre scorso, e lei, la compitissima Mariastella Gelmini, indimenticata ministra dell’Istruzione, anche particolarmente ispirata. “È ancora una volta un gesto generoso e carico di futuro”. Illustrava l’ultimo regalo di Berlusconi: “Con questa decisione ci insegna la virtù della rinuncia”. Si era fatto da parte e Mariastella, sua intima, aveva tributato l’addio con quell’enfasi che resta scritta. Infatti il 7 novembre, giorno di grecale, iniziò a interrogarsi sul da farsi. Lei la vedeva così: “Uno schema con Angelino Alfano segretario e Luca di Montezemolo premier. Con le primarie e con un bagno di democrazia si realizzano le condizioni del rinnovamento. Anche Monti non mi dispiacerebbe, ha portato avanti un’opera di risanamento con grande onestà intellettuale. Ora si dovrebbe candidare”.Continue reading

Profumo di crisi tra anime vaganti e facce di bronzo

BONDI, BOSSI, ALFANO, D’ALEMA E GLI ALTRI CIONDOLANO TRA LA BUVETTE E IL TRANSATLANTICO. SI STANNO PREPARANDO ALLA FINE DEI TECNICI
Sembrano foglie d’autunno, li sospinge il vento. Dentro Montecitorio i corpi vaganti strusciano senza meta sull’intramontabile tappeto rosso del Transatlantico. Una passerella di volti cupi o bronzi sorridenti. Ecco Italo Tanoni e Daniela Melchiorre, sembrano usciti dal parrucchiere, sorridenti, felici di questo profumo di crisi. Quando Berlusconi sembrava franare lo sostennero con un inchino e due voti. Virtuosi della responsabilità, hanno incassato dal tesoriere di Forza Italia 700mila euro per l’attività politica anche connessa all’impegno. “È l’ennesimo gesto d’amore di Silvio per l’Italia”, dice Luigi Cesaro, alias Giggino a purpetta, aggregatrore umano di voti tra Sant’Antimo e Napoli. I posti disponibili non sono tanti. Per Amedeo Laboccetta “se sappiamo fare una bella campagna elettorale strappiamo 100 seggi qui e cinquanta al Senato e riduciamo di molto il danno”. Lui è sicuro di esserci: “Sono legato al territorio, e coordinatore provincia-le”. Ha le tessere, niente paura. Sbucano tutti e in ogni dove.Continue reading

Smacchiare il partito con il “socio” Renzi

Il giaguaro è stato smacchiato e la porta di palazzo Chigi è aperta. Arriva da Bettola, tremila abitanti divisi dal torrente Nure, sui colli piacentini, il prossimo probabile premier italiano. I conti si fanno alla fine, è vero, e la campagna elettorale deve ancora iniziare. Però sembra venuto il tempo di Pierluigi Bersani, sessantuno anni, figlio di Giuseppe, benzinaio al paese, laureato in filosofia con lode e una tesi su papa Gregorio Magno. “Sono un giovane di lungo corso”, ha detto. Aveva i brufoli in faccia e già sedeva su una poltrona, vicepresidente della comunità montana. Poi sempre col naso all’insù, a scalare posizioni e guardare in cielo, lì dove sorge sempre il sol dell’avvenire: assessore regionale, presidente, deputato e ministro e eurodeputato. Vicino al potere e vicino alle coop perchè le cose che contano per Pier Luigi e per ogni buon dirigente emiliano sono due: il partito e l’industria. Nato e vissuto nel cuore del motore della sinistra italiana, militante ortodosso, perfetto nel Pci di allora e poi in prima linea in tutte le sue filiazioni. Pragmatico, riformista, aggiustatore per indole. Vicino alle Coop, perchè di sola passione si muore e vicino – anzi dentro – all’altra grande fabbrica della politica italiana, Comunione e liberazione. “Occhetto voleva chiamare il nuovo partito Comunione e Libertà”, disse agli amici ciellini, segnando il suo ruolo di partecipe cofondatore.Continue reading