Enrico Letta Premier, il potere equivicino

Enrico Letta è così bravo, ben educato, disponibile e prudente che sembra lo zio Gianni. Insieme non fanno una famiglia ma compongono un sistema di potere equivicino. Enrico, che è stato il ministro più giovane d’Italia al tempo del governo Prodi, ha sempre le idee ben pettinate: nè di qua nè di là. Ha il senso della posizione in campo, la capacità di stare quasi sempre dalla parte che vince. Enrico, che oggi è chiamato a premier, era il vice di Bersani, il vice disastro. Eppure il capo della ditta è dovuto tornare a Bettola, smacchiato prima da Berlusconi e poi dagli elettori del Pd, grandi e piccoli, mentre lui ha aperto l’ombrello e schivato la pioggia. Ombrello sempre sopra il capo, nessuna somiglianza con quello di Altan.
Enrico è un bravo democristiano, limpido e solare. Non urla ma dibatte. Non decide, lui concerta. Non invita, lui auspica. E’ perfetto nella figura del presidente-arbitro: conterà poco, perchè dietro di lui si staglia l’ombra di re Giorgio, ma a quel poco ci tiene tantissimo. E’ stato fortunato, ha avuto sempre una carriera in discesa. Non conosce la militanza, come del resto tanti altri colleghi dirigenti, però è onesto più degli altri e fedele alla parola data.
Non è vanaglorioso, sa stare al suo posto. Essendo un predestinato non deve competere, non deve sgozzare. Sono gli altri che pensano a lui. Sceglie l’immobilità, fermo al centro dell’universo. E attende che le stelle lo conducano dove egli spera. E’ stato così anche adesso. Non una parola, un cenno, una sgomitata. Gli altri hanno lavorato per lui. Per capirci: gli amici del Pdl. Cioè Berlusconi. Cioè Letta, l’amato zio Gianni.


Dal blog di Antonello Caporale su Il Fatto Quotidiano, 24 aprile 2013

Finalmente insieme applausi e lacrime tra B. e Democratici

BERLUSCONI FA IL GESTO DI DIRIGERE L’ORCHESTRA, FIORONI SI SPELLA LE MANI A FORZA DI APPLAUDIRE E ANCHE I LEGHISTI PENSANO AL PROSSIMO GOVERNO


Quando gli ha detto che sono imperdonabili, versione appena più soft di impresentabili, un lungo battimani, delle decine con cui hanno accompagnato le parole del presidente, ha nuovamente scosso cravatte e gonnelle. Beppe Fioroni, deputato dichiaratamente sadomaso, si è ustionato le dita per la forza impressa al cla clap. Il più bello spettacolo d mondo, e da sinistra come da destra finalmente un coro unanime, un tributo condiviso, un scena di gioia e non di dolore, solidarietà e non di divisione.
MALGRADO il cerone nelle dosi identiche del secolo scorso, Silvio Berlusconi è parso ringiovanito di vent’anni e col dito d maestro d’orchestra ha musicato le parole di Napolitano. Seguiva il discorso con il trasporto di una canzone dell’amato Trenet, col cuore in gola, l’indice ondeggiante e gli occhi lucidi: “Le mie ragazze mi hanno salutato cantando Meno male che Silvio c’è. Ho detto loro di cambiare nome: Meno male che Giorgio c’è”. Continue reading

Scheda segnata e segnalata. Il Parlamento illegale

Il Mezzogiorno d’Italia ha subìto più di ogni altro territorio la vergognosa pratica della cosiddetta scheda segnalata. La compressione dei diritti politici e delle libertà civili è stata sistematicamente perpetuata da una prassi odiosa e illegale: la violazione della segretezza del voto. Gli archivi dei tribunali amministrativi e delle procure sono zeppi di storie e di reati di voto di scambio. La turbativa elettorale, il ricatto invincibile del potente sull’umile, ha condizionato la democrazia sfregiandola e intere comunità, grandi e piccole, hanno visto umiliata la loro libertà. Più di ogni altra forza è stata la sinistra a patìre questo sopruso, sono state le forze del progresso e del cambiamento, i movimenti contro la criminalità organizzata, a veder sconfitte con un abuso le loro legittime ambizioni. E’ la triste storia del nostro Paese a recare le stimmate di questa crisi civile e democratica. Osservare che alcune decine di parlamentari, durante l’atto solenne del voto segreto per il presidente della Repubblica, siano ricorsi a segnalare la propria preferenza attraverso un artifizio (uno su tutti e pongo mente solo all’ultima votazione: “Napolitano G.”) per rendere visibile e pubblico ciò che doveva restare libero e segreto fa venire la pelle d’oca. Ho visto il grillino Roberto Fico esporre, come un trofeo di guerra, la sua scheda votata all’aula. Immagino che l’onorevole Fico, nuovo alla politica, negli anni passati abbia avuto altri interessi e non si sia curato di conoscere non dico la storia contemporanea ma neanche la cronaca minuta del suo Paese. Ma cosa dire di Beppe Fioroni (Pd) che ha addirittura fotografato la scheda, come si usa in alcuni comuni mafiosi, esibendo l’immagine come prova a discarico? E, soprattutto, come commentare l’atteggiamento imperdonabile di Sel, il gruppo di Nichi Vendola, che ha organizzato, attraverso il ricorso al mezzuccio del nome siglato, la violazione della norma? Quando la classe dirigente perde ogni rispetto per i suoi doveri si avventura nell’illegalità senza neanche farci caso, senza nemmeno domandarsi: ma cosa diavolo stiamo combinando?

Romano attacca i carnefici: “Siete voi i responsabili”

IL GIORNO DELLE VENDETTE E DELLA VERGOGNA: NEL TRANSATLANTICO IL PD SI TRASFORMA IN UNA CASBAH. I SUOI: “QUESTO È UN ASSASSINIO POLITICO”

Chi mi ha portato a queste decisioni se ne assuma la responsabilità”. Nel giorno in cui il Pd sotterra sotto i colpi di 101 voti nemici la figura e la storia di Romano Prodi, il de cuius decide di trascinare l’intera classe dirigente nel luogo dell’oblìo. Questa breve e definitiva accusa di alto tradimento giunge alle otto di sera dal Mali, dal fronte caldo della guerra sahariana. È un giorno orribile per il professore, cade lui proprio mentre muore il suo più fraterno amico e collaboratore politico, Angelo Rovati. È insieme disfatta politica e tragedia umana, letterale e teatrale cupio dissolvi degli eredi della sinistra italiana. Corpicini che escono dall’aula coperti dalla vergogna sottile di chi ha ormai un conto aperto e una ostilità dichiarata con la reputazione. Le mani nei capelli di Rosy Bindi, figura emblematica di un potere declinato nella farsa, segnano l’atto finale della decimazione alla quale non sembra esserci riparo. Continue reading

Bersani versione serial killer uccide il Pd con un abbraccio

L’ULTIMO GIORNO DEL SEGRETARIO: LA FOTOGRAFIA CON ANGELINO ALFANO PRIMA DEL VOTO A MARINI CHE DILANIA IL PARTITO E FA RIVOLTARE LA BASE


Quindi è giunta Marianna Madia: “Mi sono chiesta: vuoi vedere che Bersani mette in scena un apparente suicidio per mascherare il suo vero piano? Sta seguendo un copione che ha un senso, una logica. Dici che sono molto ottimista, eh?”. Nei giardinetti di Montecitorio, dove il Pd si ritrova esausto e sbandato siamo alla lettura giallista della politica di Pier Luigi Bersani. Che oggi appare al suo partito come un serial killer. In effetti nel corteo funebre che si allarga per fargli spazio, Pier Luigi si mostra insolitamente sereno, con un bel sorriso saluta l’inquietudine che lo accompagna.
I GIOVANI TURCHI danno forza alle gambe e girano al largo. I renziani si raccolgono nell’an golo di sinistra, come muta di cani in attesa di azzannare. C’è Franceschini che segue, ed è giusto. Poi Enrico Letta, il giovane Speranza, l’anziano Zanda, la Finocchiaro vestita di bianco. Se le sono date l’altra sera di santa ragione, e si vede. Zanda ha chiesto, come si fa al liceo, di mettere ai voti finanche la scelta di votare il nome di Marini, “la bella sorpresa” l’aveva chiamata il segretario. Ma oggi eccolo lì Bersani, pimpante. La giornata deve dare i suoi frutti e la sua mano fascia nell’aula la spalla di Angelino Alfano. Un flash, due tre quattro. L’icona dell’inciu cio, la fotografia del governissimo è bell’e fatta. Vendola assiste con raccapriccio, ma anche la bionda Alessandra Moretti, che fino a due sere fa comunicava in televisione le direttive dell’uomo di Bettola, sforna un colpo di tosse. Su Facebook inizia a scrivere del turbamento e dell’apprensione. Le biondine e le carine del Pd sono quasi tutte turbate, quelle del Pdl piuttosto colpite dalla voragine che sta inghiottendo il partito dirimpettaio. Continue reading

Ma i franchi tiratori sono pronti a sparare al lupo marsicano

SESSANTA RENZIANI BASTANO E AVANZANO PER BLOCCARE L’ELEZIONE AL COLLE DELL’EX SINDACALISTA E TRA I DEMOCRATICI NON SONO GLI UNICI A DISSENTIRE


Non sono franchi, ma santi tiratori. I corpi immobili che ieri dondolavano nel Transatlantico in attesa di conoscere chi diavolo votare, su quale faccina mettere la croce, oggi trasformeranno la matita in freccia e inizieranno il tiro al bersaglio contro Franco Marini, vittima – forse inconsapevole – di una ribellione imprevedibile in queste dimensioni che forse lo trasformerà da annunciato Papa in cardinale. Candidato di bandiera, bruciato e poi dimenticato. Forse. Se la dissidenza nel Pd superasse i 54 grandi elettori (solo i renziani sono una sessantina) Marini non potrà essere eletto nei primi tre scrutini. Non è tanto e non è solo Matteo Renzi, che pure conta nel Pd qualche grande elettore, ad aver innescato la più potente e schierata falange di contrari, di coloro che a viso aperto diranno no e no. Sotto la cenere covava il sentimento e il risentimento, la voglia di rompere le righe e il desiderio di affermare una novità. Che è anche questione anagrafica. “Il Parlamento non è più quello che ricorda Bersani. Ho 47 anni e sono nella media dell’età, ma quando stamane ho incontrato un signore anziano (che poi ho riconosciuto come mio collega) mi è venuto da pensare a lui come a uno dello scorso secolo, di una storia passata e finita. In aula diremo tanti no, e li diremo ad alta voce. Io voterò Bonino”, annuncia Ivan Scalfarotto. Ecco la conversione antropologica del franco tiratore, omino nascosto dietro la segretezza del voto, potente velato, tiratore per scelta cinica non per amor di patria.Continue reading

Mauro Corona: la salvezza è nella terra, riprendiamo la zappa

L’ALPINISTA, SCULTORE E SCRITTORE INGANNA LA CRISI ECONOMICA COLTIVANDO FRUTTA E VERDURE. CONSIGLIA DI RISCOPRIRE IL NECESSARIO PER ELIMINARE IL SUPERFLUO E LE PAURE DEL TEMPO
Nell’incrocio tra un barbaro, un alpinista e un poeta si sviluppa il corpo e si modella il pensiero di Mauro Corona. Ha spaccato pietre e usato le parole per raccontarle. Il martello nell’inchiostro. Dunque scrittore a sua insaputa. Guarda dall’alto in basso gli umani, che forse un po’ gli fanno schifo, e il mondo, che forse un po’ lo rattrista. Si gode lo spettacolo dalla parete di una montagna, una roccia chiamata Erto, paese di 400 abitanti collegato a Longarone con il bus e all’Italia dalla tragedia del Vajont. “Grazie ai morti del Vajont siamo italiani. È la disgrazia che ci ha fatto riconoscere. Le televisioni e i giornalisti e le autorità sono giunte a Longarone, mai nella mia Erto che infatti va in malora senza che un cristo (un ministro, un deputato, un potente semplice) faccia un colpo di tosse, una telefonata per chiedere come va. Gli risponderei che serve della ghiaia, serve riparare una strada perché d’inverno tutto smotta e noi rimaniamo isolati, celati alla vista e anche al pronto soccorso, a un medico che ci aiuti, un tabaccaio che apra per noi, un postino che ci faccia imbucare le lettere”. Noi in città ci disperiamo per la recessione economica, lassù lei sta peggio. “Peggio un cavolo! Al netto delle peripezie che tocca fare perché la montagna richiede sacrifici, le rispondo: una favola. Coltivo verze, cavolfiori, patate (le patate sono decisive per vivere). E susine, ciliegie, mele, pere. Toccherà anche a lei imparare a zappare. Il nostro futuro è nella terra: a ogni cosa si può rinunciare tranne che a soddisfare la fame. Quindi, niente paura: una zappa ci salverà”.Continue reading

Botte da orbi: Renzi e Bersani tornano a spaccare i democratici

IL SINDACO: “IL PARTITO MI PUGNALA: ESCLUSO DA GRANDE ELETTORE PER IL COLLE DOPO UNA TELEFONATA DA ROMA” IL SEGRETARIO: “NON SONO STATO IO, CHIEDI A TELECOM”
Il candore di una banale constatazione, confessata qualche giorno fa da Matteo Renzi in trattoria, “più passa il tempo e più mi brucio”, produce in Pier Luigi Bersani il sentimento esausto per le “quotidiane molestie” di cui si sente vittima. Qui è il punto, e da qui si parta per raccontare l’ultima, feroce divisione tra i due blocchi. Il Pd oggi è allo strazio e piange il suo telefono interno. La questione telefonica (su chi abbia bloccato con la cornetta la nomina di Renzi a grande elettore toscano nel prossimo voto per il presidente della Repubblica) ha ieri ricondotto al ruolo di “m o l estatore” il giovane Matteo, alter ego di Pier Luigi, anzi il futuro prossimo del Pd, suo leader ombra. Continue reading

Bill Emmott “Dalla politica alla chiesa, l’Italia è al collasso”

LO STORICO DIRETTORE DELL’ECONOMIST: “DEL VOSTRO PAESE RESTA SOLO IL CORPO SCHELETRICO, RIDOTTO ALLA FAME. IL VOTO A BEPPE GRILLO NON È ALTRO CHE UN RANTOLO DI FINE CORSA”
Se state annegando in una crisi che definite senza precedenti è perchè gli argini della società civile non hanno retto. In Italia si è verificato un collasso di tutti gli organi vitali della comunità: prima la politica certo. Ma poi la Chiesa, poi la famiglia, infine l’informazione. Un birillo caduto sull’altro, un effetto domino disastroso. Non c’è istituzione salva, integra, degna. Alla fine, del vostro Paese resta il corpo scheletrito, ridotto alla fame. Lo scuoti ma non ricevi segnali di vita. Lo osservi e lo trovi immobile, insensibile a qualunque sollecitazione. Il voto a Beppe Grillo non è altro che un sussulto, un rantolo di fine corsa, un moto di rabbia e impotenza insieme”.Continue reading

L’Aquila: la città inutile in lotta con i suoi fantasmi

Fantasmi sotto i portici, solo le ombre riempiono le strade de L’Aquila, la città inutile. Domani saranno quattro gli anni che ci separano da quella frustata, la scossa che sommerse di pietre 309 persone. Sono gli anni della nostra ultima vergogna, che raccontano la cattiva coscienza degli italiani e anche perché tacerlo? la disposizione spesso supina degli aquilani ad accogliere tra le braccia ogni scempio, e ritrovarsi disperati dopo che i soldi hanno imbiancato le strade come fiocchi di neve del Gran Sasso.
Arrivo a Preturo e guardo l’aeroporto, la pista che doveva dare all’Aquila ferita ali nuove, per tornare a volare. Ci è atterrato Berlusconi quando era presidente muratore, poi, raccontano, una volta l’imprenditore Barilla e infine il nulla. Erbacce al costo di una ventina di milioni di euro. Preturo ha davanti L’Aquila e lei guarda il Gran Sasso. Sta facendo i conti con i soldi che non arrivano, che si perdono nelle promesse, oppure che ci sono ma non bastano. I soldi sembrano averla affamata, resa astiosa, incredula che, dopo l’interminabile show mediatico di cui è stata protagonista. Ora nessuno bada più alla sua condizione. Non un rigo sui giornali, un minuetto in televisione, una dichiarazione alle agenzie di stampa. “Se l’Italia ci ha dimenticati, ammaineremo la bandiera dal municipio, cacceremo perfino il Prefetto se ci toccherà farlo, rammenteremo a tutti la nostra dignità”. Sante parole quelle del sindaco Cialente che rivendica il diritto alla memoria, alla solidarietà e soprattutto alla ricostruzione.Continue reading