Pd, il funerale frettoloso di un partito imploso

ALLA FIERA DI ROMA, TRA DIRIGENTI CHE SBADIGLIANO, GIOVANI NATI VECCHI E “CACICCHI ” CHE PICCHIANO SULLE SCELTE SBAGLIATE
L’inumazione del Pd si è svolta ieri alla fiera di Roma. È stato un rito breve e senza lacrime, come succede per quelle zie lontane e sconosciute che si conducono al cimitero alla svelta perchè domani c’è da andare al lavoro e i figli premono per tornare in città. La sala semivuota garantisce libertà di passeggio nel capannone 10 della fiera di Roma, lato nord. Alle undici del mattino incontro Marco Follini già ai cancelli di uscita: “Tutto deciso ieri”. Bene così, tutto fatto e già visto, perchè perdere tempo per esempio ad ascoltare Roberto Speranza, il capogruppo con i piedi saldamente in aria? In effetti non ha tutti i torti Follini. Speranza dal palco: “Dobbiamo essere autonomi. L’autonomia significa riformismo”. In realtà quella frase non significa niente e infatti ogni cosa va per il verso giusto: lui parla e gli ascoltatori –nella cifra va compresa la quota dei congiurati sbadigliano, o leggono i giornali o barattano la presenza per qualche photo-opportunity.Continue reading

Un partito senza

La malattia del Partito democratico si chiama autismo. L’ambizione di offrire un orizzonte unico a chi vi milita o soltanto simpatizza pare destinata a perire sotto il peso dell’irresponsabilità della sua classe dirigente. Si ha l’impressione che la testa del partito non conosca il proprio corpo, non ne capisca più le necessità, le speranze, le domande, le urgenze. È come se avesse paura di ascoltare perché se lo facesse troverebbe avanti a sé un’altra idea e un altro Paese e altri bisogni e altri doveri e altri diritti. Questo partito, che oggi chiama Guglielmo Epifani a farsi largo tra le macerie e tenere in vita una casa senza più fondamenta, resta però ancora l’unica formazione che ha luoghi in cui dibattere, ritrovarsi. È l’unica sigla politica che in ogni capoluogo abbia un indirizzo, un portone, un campanello dove bussare e qualcuno che apra. Ha ragazzi preparati, capaci, vogliosi di contribuire alla fatica, desiderosi soltanto di essere ascoltati. Continue reading

La tratta delle lacrime PD: “Il PCI era bitter, noi siamo prezzemolo”

DA TORINO A TREVISO: “CHIEDIAMO UN PARTITO FORTE, INVECE OGNI GIORNO SI CAMBIA LINEA”
Domani ci sarà lui qua: tutto il partito a piangere insieme al condannato. E questo evento così immorale non gli costa voti. Anzi ricompatta, tiene ferma la sua barra. Perciò la mia quantità di incazzatura è notevole, allearsi col Pdl annienta ogni orgoglio. Adesso questi nostri cosiddetti big devono farmi il piacere di non sfiorare Brescia. Ce la vediamo da soli che ci fanno solo danno. L’unica invitata è Debora Serracchiani per il momento”. Nella città della Loggia si vota tra due settimane ed è in arrivo Silvio, carico della seconda condanna e straripante di energia vitale. Mariastella Gelmini, come una vice ape regina, rassicura il capo e già cinguetta: “Saremo tantissimi”. Ecco il punto, ecco la ferita che a Emilio del Bono, candidato del Pd alle comunali di fine mese, brucia sotto la pianta dei piedi. “Scarpiniamo da mattina a sera e siamo a un passo dal fregare il Paroli, sindaco immobile di una città avvelenata nel senso proprio del termine e iniziata alla corruzione”. A Brescia nacque la prima giunta Dc-Pds, sindaco Corsini. La città della Loggia partorì l’Ulivo, Mino Martinazzoli, l’ultimo segretario del Ppi, lo sostenne e lo guidò, dopo essersi pensionato da Roma. La Leonessa aspetta Silvio ma forse, alla fine, una legnata gliel’assesterà. Malgrado ogni tradimento, malgrado il suicidio di massa che i dirigenti romani stanno praticando, malgrado le correnti e gli odi, qui il Pd perde poco: dal 28 al 26%. Prima forza comunque, e a distanza quegli altri del Pdl, con i cinquestelle ridotti al lumicino del 5%. Sicuri di giungere al ballottaggio e di giocarsela per benino. “Noi non annunciamo che smacchieremo il giaguaro, fessi una volta ma due no!”. Giorgio De Martin, segretario cittadino, finalmente un militante dal sorriso facile e dall’animo aperto alla battaglia dentro questo mortorio che è il Pd del nord, quello pedemontano, la linea che congiunge Torino a Treviso, il viaggio delle lacrime. “Andiamo in osteria a festeggiare” dice Giorgio.Continue reading

“Rottamare i capi tribù, Renzi compreso”

DA PESARO FINO ALL’EMILIA ROSSA, LA RIVOLTA DI “OCCUPYPD” CONTINUA: FORLÌ, ALBINEA E LA MITICA SEZIONE DELLA BOLOGNINA


Prima di giungere al Piave dello sgomento che è la Bolognina – il centro del centro della storia della sinistra italiana, il luogo dove sono accorsi, nelle ore della disfatta del Pd, furenti e disperati, i militi estranei alla guerra degli odi e delle correnti – c’è bisogno di percorrere tutta la via Emilia verso la Romagna. Con una lieve e dolce retromarcia da Rimini giungere a Pesaro, dove il presidente della Provincia Matteo Ricci pensa che un partito che si rispetti al primo posto metta un sentimento che si rispetti: “La felicità sarebbe un bel punto programmatico e noi che qui ci facciamo un festival diciamo che esiste un aspetto pubblico di questo sentimento prevalentemente privato. La radice di un buon governo è il buon vivere, dunque la felicità possibile, praticabile, raggiungibile. Un partito come quello che intendo io non avrebbe avuto alcuna remora a usare questa parola così limpida e così dolce, delicata, riformista, radicale. Il fatto è che io sono figlio del Pd, loro, quelli di Roma, sono figli di due ex partiti che non ci sono più”. C’è quest’altro Matteo, di 38 anni, a voler resettare, chiudere in cantina la vita e le opere dei protagonisti della disfatta. “Non ne salvo nessuno. Le correnti ci hanno ucciso e il ceto dirigente patisce una malattia autoimmune. Rigenera cellulemalate e con i loro rancori, gli odi, le vendette e i tradimenti tragici stanno facendo la pelle a questo partito che non sentono loro, e che infatti non è loro”.Continue reading

“Siamo al governo con B. È tutto sbagliato, capite?”

A PRATO E PISTOIA MILITANTI E DIRIGENTI LOCALI PREPARANO L’APPUNTAMENTO NAZIONALE (IL 19 MAGGIO) DEI GIOVANI DI OCCUPYPD


Il partito è partito. Uso il participio passato con dolore. Ma come potevi pensare che avesse vita una cosa nata dagli scarti di due opzioni. Non abbiamo voluto essere socialdemocratici e limpidamente di sinistra, e non abbiamo creduto al partito di coalizione, quello dell’Ulivo. Allora abbiamo scelto il principio degli opposti: fare un partito nuovo con dirigenti vecchi, promuovere l’inclusione attraverso la cooptazione, esibire volti inquietanti in tv, gente che calibrava la postura da inquadratura ma zero idee. Abbiamo cambiato bandiera e programma a ogni cambio di leader. E così abbiamo trasformato il Pd in un participio passato, uno scheletro ancora aggrappato a quel che residua di D’Alema e Veltroni. Due dirigenti in gamba che hanno dato tutto quel che avevano in corpo nel secolo scorso. Ma non hanno più benzina, e si vede”. Si chiama Samuele Bertinelli, libraio disoccupato di 37 anni, sindaco di Pistoia. Continue reading

Miguel gotor: “Vi racconto la via Crucis di Bersani da Grillo al governo con Berlusconi”

Queste sono le brevi memorie di Miguel Gotor, l’intellettuale che con l’ansia del consigliere entusiasta e fidato ha vissuto la crudele debacle politica di Pierluigi Bersani. “Mi avete chiamato spin doctor, intendendo me come lo stratega, l’esperto di comunicazione non so cos’altro. Ero invece un ufficiale di collegamento tra il gruppo che lavorava ai programmi del governo Bersani e il partito. Lo specifico perchè è giusto ridare a ciascuno il ruolo e la responsabilità che si è assunto. Sapevo e so che il nostro mondo è fatto di fortune repentine e non ho nulla di cui dolermi. Ho fatto ogni cosa per evitare lo scenario che poi si è impadronito della realtà. Dunque non sono pentito, non ho pianto, non sono demoralizzato né distrutto. Avevo ogni cosa ben chiara”.Continue reading

La domanda dei Democratici: “Ma siamo più coglioni degli altri?”

IL PARTITO TRAMORTITO E LE LACRIME DI COCCODRILLO SULLE LARGHE INTESE

Si arriva al nodo dei nodi e Francesco Sanna, sardo d’azione per via del carattere votato al fare qui e ora pone sul tappeto la domanda centrale: “Siamo più coglioni di quegli altri? Siamo noi i più coglioni di tutti?”. È una bella questione che vale un viaggio dentro palazzo Madama. Infilato nel vicolo della paura il volto di Nicola Latorre, splendido dalemiano dalle larghe vedute, benché sicuro e convinto della linea lievissimamente teme che la furbizia, quando raggiunge un suo apice grossolano e presuntuoso, si trasformi in una devianza dell’intelligenza e che il sapore di questa avventura prenda presto il senso della fregatura. “Avverto nella pancia qualcosa, rimugino e ripenso. Hai voglia tu se non lo faccio! Ma ha senso prendersi paura? La verità è che è saltata la democrazia, è in crisi il concetto di rappresentanza, il vincolo ideologico, l’appartenenza. Dobbiamo saperlo e interrogarci prima che sia troppo tardi”. Continue reading

D’Alema oggi: un grande futuro dietro alle spalle

CON GIULIANO AMATO È IL BIG ESCLUSO DAL NUOVO ESECUTIVO: EPPURE È ENTRATO COME PAPABILE NELLA LISTA DI OGNI POSSIBILE INCARICO


L’impermeabile chiaro, la scorta ad aprirgli la strada e il cane al guinzaglio. L’unica traccia visiva di Massimo D’Alema resterà l’indimenticabile passeggiata ai giardinetti, il più grande effetto ottico di questa interminabile crisi di governo. Del Giano bifronte Massimo conserva i caratteri fondativi: è il passato e il futuro insieme. Trascolora e si rottama senza perdersi mai. È macchia cangiante: lo credevi dimenticato e sconfitto, e lo ritrovi vivo e potente in un moto circolare in cui scompare e riappare. Oggi è scomparso, per esempio. Ed è certificato dai notisti politici come il super sconfitto: lui e il vecchio amico Giuliano Amato fuori dal governo. Un pestaggio ideologico. Guai a esultare, ammesso che lo stiate facendo, perchè la prudenza non è mai troppa e i baffi sono sempre gli stessi. Chissà domani.Continue reading

Sparatoria Palazzo Chigi: i commentatori dell’odio

Bisognerebbe fare un lungo respiro e riordinare il pensiero prima di commentare i fatti accaduti stamane davanti a Palazzo Chigi. Avere la prudenza di indicare le circostanze conosciute e finora accertate senza agevolare il galoppo della fantasia. Tre ore fa due carabinieri sono stati feriti da uno sparatore la cui biografia, stando a quel che finora si conosce, contiene null’altro che la disperazione di una vita senza più lavoro e senza più famiglia. Disoccupato da mesi e divorziato. Ha sparato nel momento in cui il nuovo governo giurava fedeltà alla Costituzione. Non sappiamo se la coincidenza, così tragica e suggestiva, sia stata voluta. Quel che è certo è che la connessione dei due momenti ha fatto uscir di bocca ai numerosissimi commentatori istantanei, alcuni per obbligo (i giornalisti) altri per passione (gli schiavi di twitter) tesi ardite o ridicole. Continue reading