Molise, una metro “in famiglia” (del Governatore)

24 MILIONI PER I 40 KM TRA MATRICE E BOJANO: IL VIA LIBERA GRAZIE ALLO STUDIO DELLA SOCIETÀ DI FRATTURA, PRESIDENTE DELLA REGIONE, E DEL SUO SOCIO, OGGI DIRETTORE GENERALE
Adora il Molise, la regione che governa. Ha molte idee e progetti nel cassetto (insuperabile l’incipit della sua biografia: “Amo l’etica e l’estetica della professione di architetto”) e adesso che è governatore, dopo aver immaginato una bellissima metropolitana leggera se la finanzia. Paolo Di Laura Frattura è un caso speciale di conflitto d’interessi, una stellina lucente e imperdibile tra le mille che popolano il cielo d’Italia. Frattura è un figlio di papà e in una regione abituata a consacrare i notabili, omaggiarne virtù e vizi, l’anagrafe profuma quanto un glicine in primavera.
Frattura nelle vesti di socio della Proter srl, viene incaricato nel 2003 da un ente di derivazione regionale (guidata dall’allora amico Michele Iorio) di studiare un sistema di mobilità veloce tra il comune di Matrice (1071 abitanti) e il comune di Bojano (ben 7946). Una quarantina di noiosi chilometri con attraversamento di Campobasso. La Proter immagina di ritmare corse metropolitane ogni mezz’ora nelle fasce orarie più acute, di un’ora in quelle morte. Garantisce che saranno almeno settemila pendolari, secondo calcoli piuttosto orientativi, a farne uso quotidiano. Provvederà una società privata a gestire la tratta. Sarà un successo molisano! Comprare quattro Minuetto diesel, costruire dodici pensiline per altrettante stazioni o fermate, far scorrere tutto sul tracciato storico delle ferrovie. E il gioco è fatto. Oggi il sogno finalmente è realtà: con soli 24 milioni di euro sarà possibile scollinare senza l’incubo del traffico paesano. La Regione finalmente ha deciso. Frattura presidente ha accolto l’idea che Frattura progettista propose senza successo dieci anni fa.Continue reading

La minaccia di Minzo: “Torno al giornalismo, non ho mai leccato B.”

SULLA CONDANNA PER LA CARTA DI CREDITO RAI DICE: “ERO A FAVORE DELL’IMPEACHMENT DI NAPOLITANO, HA PESATO”
Augusto Minzolini, romano, 56 anni, è separato con un figlio. Giornalista politico tra i più influenti, è stato direttore del Tg1 su indicazione dell’allora premier Silvio Berlusconi. Per vicende legate all’uso della carta di credito aziendale è stato processato e assolto in primo grado. Sentenza ribaltata in appello (27 ottobre 2014) con una condanna a due anni e sei mesi per peculato continuato. È pendente il ricorso in Cassazione. È stato eletto senatore nelle file di Forza Italia alle ultime elezioni politiche.
COM’È che si dice? “Non sono io un campione, sono quelli a essere brocchi”. È una delle ragioni, non certo però la principale per cui ho deciso di ritornare a fare il mio mestiere. L’esperienza politica mi è servita eccome, però la mia passione è il giornalismo. È ciò che voglio fare ed è quello che farò. Non so ancora come (sono direttore degli uffici di corrispondenza della Rai) e dove, ma qualcosa mi inventerò. L’offerta di candidarmi mi è venuta da Silvio Berlusconi, io non sono il tipo che chiede, e l’ho accettata perché mi pareva utile: era una sorta di completamento della mia professione. Dopo aver raccontato da esterno la politica avrei avuto la possibilità di guardarla da dentro. Mi è bastato un mese del governo Letta per capire che dovevamo immediatamente tornare alle urne. Tre forze quasi alla pari: il Pd da una parte, noi in mezzo e poi i Cinquestelle. Ce la saremmo potuta rigiocare, tentare il colpo. Mi presero per pazzo, ça va sans dire. Continue reading

Civiltà 2.0 Tra le lamiere niente aiuto, meglio farsi qualche selfie

Un incidente in un incrocio romano, due auto che urtano violentemente, uno dei due autisti che resta ferito e intrappolato. In strada solo un passante. Così almeno pensa la signora Daniela che dalla finestra di casa – riferisce al Messaggero – assiste a quel triste rituale metropolitano. S’accorge però presto che il soccorritore invece di provare a estrarre il ferito dalle lamiere prende dalla tasca un cellulare.
INVECE DI TENTARE di modificare la scena, aprire un varco al malcapitato o soltanto recargli conforto nell’attesa di un’ambulanza, inquadra. Fotografa. E scatta, scatta, scatta. Tutta roba buona per Facebook, Twitter oppure Instagram. A tanto è giunta questa nostra sottomissione ai social network. Un potere onnipotente e disumano che ci costringe, per farvi parte, di esserci a qualsiasi costo. È come se internet ci avesse cavato dalle budella un desiderio insopprimibile di segnare la nostra presenza per qualunque ragione, in qualunque contesto. In questo processo di progressiva schiavizzazione dai nuovi riti che la community ci assegna, la nostra identità è ridotta alla misura minima della presenza inconcludente, a cui non è chiesto un atto di responsabilità, di partecipazione, di solidarietà ma di testimonianza muta e piuttosto spaventosa. Io c’ero e ho scattato la foto.
GIÀ QUESTO COSTUME di filmare e fotografare ogni dettaglio della nostra vita ha un che di abnorme, di efferato, di irriguardoso verso un minimo, essenziale dovere di riservatezza che dovremmo agli atti privati della nostra esistenza. Se poi l’ossessione si manifesta nei riguardi degli altri, di chi conosciamo e di chi nemmeno conosciamo, di chi è in piedi e in buona salute e di chi invece ferito giace per terra, allora il nostro comportamento diviene vera e propria devianza, disabilità civile. Una angosciosa forma di narcisismo collettivo della quale c’è solo da atterrirsi. da: Il Fatto Quotidiano 11 febbraio 2015

Michela Marzano, l’onorevole incompresa: “È la legge del Parlamento, se non sei fedele sei invisibile”

Cosa ci fa una filosofa in un Parlamento senza pensieri? Scrocchia le dita, sbuffa, s’annoia. Michela Marzano è deputata in sovrannumero. È un’intelligenza in esubero, un corpo in più a cui hanno detto di stare buona e lasciare fare agli altri. “Mi hanno subito spiegato, appena ho varcato il portone, che in politica la competenza non è una qualità oggettiva, un dato certo, il risultato di una fatica. Buffo, no? Perché so che non esiste talento senza fatica, applicazione, studio”.
Lei sta per lasciare Montecitorio. Arrendersi, esporre bandiera bianca e dire: scusate, sono entrata nell’edificio sbagliato.
Io sarei fuggita già un anno fa, non ora. Appena ho capito che qua dentro sei invisibile, che ogni tipo di investitura risente dell’obbligo della fedeltà, di avere truppe nel contado, armi di scambio a disposizione. Sa come mi hanno catalogata al tempo della schedatura dei grandi elettori per il voto? Indipendente a rischio. Essendo indipendente, cioè pensando con la mia testa, ero obbligatoriamente un voto ballerino.
Lei fuggirà da questo Palazzo.Continue reading

L’anziano sconosciuto “sbrinato” dagli onorevoli ragazzini

IN PARLAMENTO C’È CHI ANDAVA IN PRIMA ELEMENTARE QUANDO IL PRESIDENTE IN PECTORE SI DIMETTEVA DA MINISTRO: COSÌ IL ROTTAMATORE HA RIPORTATO IN AUGE LA CLASSE 1941
Siamo alla macchina del tempo. Il corpo di Sergio Mattarella, senza sua colpa, è stato sbrinato e servito a tavola. Ma come i croupier con le carte da gioco, l’intera figura ancora non è pubblica. Ci si è fermati al volto, formato tessera o ristretto nell’abito di giudice costituzionale con quella meravigliosa ruota merlettata al collo. Una traccia di busto a livello del polmone, la più aggiornata evidentemente, lo ritrae nel solito grigio esistenziale in una cerimonia pubblica a fianco di un interdetto Matteo Renzi costretto al silenzio per via dell’abitudine del suo occasionale compagno di sedia a non agitare una sola lettera dell’alfabeto. Molti elettori del candidato in via di definitiva quirinalizzazione, avevano sei anni quando lui abbandonò il governo per via dei favori a Silvio Berlusconi, sempre lui. Giuditta Pini, del suo stesso partito, deputata di Modena, ne aveva invece quattro. Aveva lasciato da poco la pappa. Da giovanetta il primo e ultimo contatto.Continue reading

Tra aula e Transatlantico la disperazione dei delusi

BOSSI: “QUELLO A B. LO FREGA SICURO”. CHIAMPARINO CAMMINA TRISTE A ZIG ZAG: FINITI I SOGNI DI GLORIA. LA GELMINI: “MANCA SOLO IL TWEET #silviostaisereno”
L’andatura fa l’umore. Umberto Bossi procede a zig zag, visibilmente scosso e intorpidito. “Quello lo frega sicuramente”. Quello è Mattarella, il fregato è Berlusconi. Sergio Chiamparino anche è un po’ fregato. Quirinabile sconfitto. Zig zag e testa china. Ritorno in Piemonte previsto per domani sera e addio sogni di gloria.
Rosy Bindi, invece, a testa alta e a passo lento perché tutti notino la novità.
Nichi Vendola, festoso, ha appena detto che Mattarella è la versione uomo della Bindi. Lei: “Molto meglio di me”. Lui: “Renzi ha messo due dita nell’occhio di Berlusconi. Sono contentissimo”. C’è un cumulo di forzisti in disarmo, corpi adagiati sul divano di destra dell’aula. Ex valchirie berlusconiane segnano la disfatta con movimenti asimmetrici.Continue reading

I senatori in fila al patibolo: omaggio a Silvio & Matteo

NESSUN VINCITORE, SOLO ATTORI CHE TEMONO DI PERDERE IL POSTO DOPO AVER AFFOSSATO IL SEGGIO SU CUI SIEDONO. E FORMIGONI SPERA DI STRAPPARE UN POSTO ALLA CAMERA
Il patibolo è in fondo al salone, dietro quella porta di castagno che conduce al seggio di velluto. Entrano per pigiare con l’indice il pulsante della resa. Si vota in aula la sottomissione a Renzi e Berlusconi, più al secondo che al primo. B. è il segno di un potere intramontabile ed effettivamente invincibile. Mario Mauro aveva lasciato Forza Italia pensando che fosse fallita. Era riuscito persino a essere ministro della Difesa di Enrico Letta. Ora è pronto a rimediare: “In fondo in quell’area stavo e lì resto”. Josefa Idem ha capito che la politica è uno sport pericoloso. Aveva annunciato il no a Renzi e la sua adesione alla linea di Miguel Gotor, conducator perdente, ma poi, albeggiando il nuovo giorno, ha scelto di dire di sì al capo. Abbiamo paura e abbiamo famiglia. Domani il Senato non ci sarà più e l’Italicum consegna al capo il potere assoluto di nomina. La fedeltà diviene virtù dell’intelletto. “Io sono uno pratico, e in Parlamento servirà sempre uno pratico”, garantisce Maurizio Gasparri. E servirà anche il pragmatismo di Laura Puppato. Sua la giravolta in limine mortis. Scurdammuce o’ passato.
La smemoratezza, persi gli argini di prudenza, tracima perfino in baldanza. Il senatore Stefano Esposito sarà noto per aver legato mani e piedi ai suoi compagni di cella prima di scappare nelle braccia di Renzi, il carceriere buono. Come quel reporter occidentale che ha concesso ai suoi sequestratori il volto e la voce per illustrare le meraviglie dello Stato islamico, così Esposito, da Torino, dopo aver combattuto a fianco di Cuperlo la battaglia congressuale contro Matteo Renzi, ha firmato l’emendamento che condanna a morte i suoi fratelli. “Ho fatto tutto da me”, assicura dopo aver definito “parassiti” i suoi ex amici.Continue reading

Garantisti da primarie: senza manette è tutto ok

Ho parlato troppo presto? È già uscita la notizia?”. No, i garanti del Pd non avevano mai comunicato che la candidata ufficiale del partito in Liguria fosse la signora Paita. Anzi avevano appena registrato l’annullamento per brogli di 13 seggi alle primarie appena svoltesi. Bruscolini per Matteo Renzi. Che non essendo Tafazzi, proprio così ha detto, ha avanzato la nomination prima che le verifiche fossero state concluse. E raccomandato l’unità e tanti bei selfie alla candidata vittoriosa. Evviva!
Ammesso che le verifiche fossero state serie le ha fatte passare per fasulle. Come ha trasformato in bugiardo il suo proposito, almeno teoricamente sincero, di risanare il partito, liberarlo dagli impresentabili, restituirgli credibilità e un po’ di onore, qualunque latitudine fosse ad essere teatro di queste scene di malapolitica.Continue reading

QUIRINAL PARTY. Tutti in fila verso l’Eliseo

SI SONO IMBARCATI su voli distinti per non dare nell’occhio. Andare a Parigi per manifestare in nome di Voltaire dava una bella spinta alla candidatura al Quirinale. Romano Prodi non ha atteso le convocazioni di Renzi. Ha tentato il colpaccio, come un vecchio contropiedista. Da solo, in incognito, col bavero alzato fino alle porte dell’Eliseo. E poi zac! Eccomi qua. Non aveva però previsto l’attivismo di Piero Fassino che da Torino ha rivendicato il legame transalpino. E una donna? La Mogherini ha fatto due più due: un treno da Bruxelles (domenica il biglietto costava la metà) e in due ore ha raggiunto la Senna, consegnando (viva la libertè!) il suo corpo alla prima fila del corteo, sotto braccio ai potenti del mondo. Doveva esserci anche la Pinotti ma, purtroppo, c’erano le primarie a Genova la sua città.

da: Il Fatto Quotidiano 13 gennaio 2015