Il Grand Tour. Nelle montagne dei No Tav: tra balli e lezioni di ingegneria

ilgrantour_secondatappa

DAL TERZO VALICO DI INCALZA ALLE CASE ANCORA ALLE PRESE CON IL DOPO ALLUVIONE, FINO AI CONTADINI DI VARESE LIGURE
L’impressione è che questi monti liguri abbiano fatto da cavia a progettisti dalle mani bucate. Tanto era difficile e perigliosa la decisione di svuotarli (sono previsti 37 chilometri di galleria dentro rocce amiantifere su un tracciato totale di 53) tanto più l’opera sarebbe apparsa maestosa. E quindi costosa. E dunque irrinunciabile.
Il terzo valico nasce nel fondoschiena di Genova, e secondo le fantasiose previsioni della vigilia, dovrà unire il mare ai monti, collegare il sud dell’Europa mercantile e affannata e condurre velocissimamente le merci, attraverso le Alpi, verso il nord efficiente e pianeggiante di Rotterdam sviluppando il cosiddetto corridoio Reno-Alpi. “Ce lo chiede l’Europa” è infatti lo slogan, già buffonescamente in voga in Val di Susa, con il quale i difensori della mega ferrovia ad alta velocità hanno avanzato e poi vinto la partita. Il progetto è un figlio legittimo della scuderia di Ercole Incalza che al ministero spianava l’Italia con la mente predisponendo piloni di ogni sorta di cubatura. Al solito Stefano Perotti la direzione lavori, ad Alberto Donati, genero di Incalza, qualche spicciolo per un aiuto sul campo (691 mila euro di parcelle professionali tra il 2006 e il 2010).Continue reading

Vite in baracca. Radiamo al suolo l’ipocrisia

Che Matteo Salvini abbia pronunciato quella frase per irrobustire il suo profilo xenofobo non c’è dubbio. Ma non vi è ombra di dubbio che solo l’ipocrisia, compagna fedele della disumanità, può accettare che delle persone debbano vivere in campi che sono fogne, luoghi malsani, pericolosi, aree di sosta per rifiuti speciali. La nostra cattiva coscienza ci porta a destinare per i rom, che mal sopportiamo, dei recinti di periferia. A nessun umano sarebbe riservato un simile trattamento. A loro sì. Li ficchiamo in quelle baracche luride e aspettiamo – per poi denunciarla con la esatta viltà delle parole di Salvini – che la loro sporcizia esondi, che i caratteri della loro estraneità pongano in essere atti incivili. Impieghiamo, affinché il delitto sia perfetto, fior di quattrini che infatti diventano essi stessi l’unico motivo del nostro interesse. Solo il Comune di Roma, e solo per l’alfabetizzazione dei giovanissimi, impegna centinaia di migliaia di euro all’anno. Avrebbero, i figli dei rom, il diritto di andare a scuola. Ma quel diritto, che è un obbligo per chi esercita la patria potestà, non viene fatto osservare. I soldi volano nelle tasche dei nostri connazionali, avidi appaltatori delle deleghe per l’integrazione, mentre i bimbi vagano per le strade, trascinati all’orribile rito quotidiano dell’elemosina o del furto con destrezza.
NESSUNO NASCE LADRO. Ma quei bimbi non avranno altro futuro che il marciapiedi, altra vita che le baracche e altro spasso che i rifiuti. Solo l’incommensurabile ipocrisia con la quale affrontiamo i nostri impegni verso questo popolo ci permette di sottrarci alla regola minima di un dovere inderogabile: offrire le minime condizioni di vita civile. E poi chiedere a ciascuno anche con severità di rispettare le regole di convivenza e i doveri che ne discendono. Compreso quello di contribuire economicamente, naturalmente nelle forme appropriate e nella misura possibile, per i servizi ottenuti. Per questo i campi rom vanno rasi al suolo, senza se e senza ma.

da: Il Fatto Quotidiano 10 aprile 2015

Il Grand Tour. Milanesi, treni notte e cittadini che sfidano i boss di ’ndrangheta

ilgrantour_primatappa

I GIOVANI SIRIANI IN FERROVIA AL CONFINE, LE SECONDE CASE DEI LOMBARDI, IL PESTO E IL GUARDIANO DELLA LANTERNA
L’Italia inizia a Ventimiglia oppure vi finisce, dipende da dove si giunge. Per chi scappa, come questi tre siriani che stasera aspettano il treno della notte, è l’ultima stazione della loro via crucis. Attendono l’ultima locomotiva, quella che li porterà in Francia. Se sono fortunati eviteranno il blocco della polizia di frontiera. Altrimenti saranno identificati e rispediti a noi italiani. Nel calcolo delle probabilità è più facile che li becchino. Ma domani sera ritenteranno. E se non riusciranno con il treno, proveranno a piedi percorrendo la mulattiera dei partigiani.Continue reading

La cortina fumogena del Rolex sopra le dimissioni di un ministro

Dura lex sed rolex. Per fortuna ci ha salvati il rolex da 10mila euro, cadeau di pregio nel bouquet tipico del familismo amorale (il posto di lavoro al figliolo, il vestitino blu sartoriale, il biglietto aereo per un weekend diverso). Fatti naturalmente odiosi, ma nulla in confronto al monopolio che Maurizio Lupi aveva decretato nel suo regno al ministero delle Infrastrutture. Nulla rispetto ai 25 miliardi di euro di opere pubbliche che solo l’ingegner Perotti era stato chiamato a progettare. E nulla, davvero niente, rispetto al fatto di aver appaltato un pezzo di Stato a un altro ingegnere, Incalza, conferendogli il potere perpetuo di organizzare, selezionare, finanziare le opere e i suoi derivati. Il vero scandalo davanti al quale Lupi si è dovuto arrendere non è stato quello di aver dato in concessione a privati la democrazia: la regolazione degli interessi in campo attraverso la statuizione di norme. E nemmeno quello di aver concesso a una cricca operosa la gestione esclusiva dei lavori da farsi, con annesse varianti. Innocente è!Continue reading

Sindaci furbetti: mille trucchi per tenersi la doppia poltrona

LA “LITE PENDENTE” CONSENTE DI NON ESSERE COMMISSARIATO E CANDIDARSI IN REGIONE ECCO IL CATALOGO RAGIONATO DEGLI IDEATORI DEL CAVILLO COME TECNICA DI GOVERNO
Siamo ai derivati di Cetto La Qualunque. Al pacco e contropacco di Forcella. All’uni verso delle comiche. È un breve catalogo dei furbissimi, che purtroppo di mestiere fanno i sindaci, chiamati a far rispettare la legge e che invece la frodano, la deturpano, la irridono. Sorridere prego.
IL SINDACO di San Sebastiano al Vesuvio, il signor Pino Capasso, esponente del Partito democratico, si è fatto togliere una multa di 41 euro per divieto di sosta direttamente dal capo dei vigili urbani della città, il signor Alfredo Baldisarra. L’evento ha comportato un conflitto tra il sindaco e l’ente da lui rappresentato e il consiglio comunale – immediatamente convocato – ha promosso una questione di incompatibilità. La seduta, iniziata alle 8:30 del mattino, è stata sospesa alcune ore dopo e aggiornata a nuova data. C’è da dire che il capo dell’opposizione, secondo atto della commedia, è corso alle Poste e gli ha pagato la multa. Ma la legge non ammette inganni! Essendo la lite già pendente e la burocrazia già in cammino, gli atti già firmati e vidimati a norma di legge, il sindaco non dovrà dimettersi per candidarsi alle prossime elezioni regionali in Campania. Pertanto il consiglio non dovrà essere sciolto, e la sua attuale poltrona la terrà in caldo il vice sindaco. Furbissimi si nasce o si diventa?Continue reading

“Non c’è soluzione, bisogna solo resuscitare Agnes”

Mettiamo Renzo Arbore al governo. Destiniamolo a Palazzo Chigi per un pomeriggio, sulla poltrona di Matteo Renzi. Pieni poteri sulla Rai, scriva lei il decreto legge. “Rintraccerei in paradiso Biagio Agnes, il grande Biagione democristiano. Di televisione ne capiva. Mettere uno che ne capisce non sarebbe male”.
Siamo però al de cuius.
Noto un filo di sarcasmo. Mi rifarò nel prosieguo dell’articolato.
Articolo 2.
L’auditel sta imbarbarendo la Rai, a sua volta inquinata da Mediaset. Urge rottamazione. D’ora in avanti ai dati di ascolto devono essere associati quelli del gradimento.
Alto gradimento come la trasmissione di Arbore e Boncompagni? Incorreremmo in un gravoso conflitto d’interessi.
Il capo di gabinetto troverà un sinonimo. Anzi, eccolo qua: indice di affezione. Tu telespettatore mi devi dire ciò che vedi e quanto ti piace ciò che vedi. Da uno a dieci quanto ti piace? Ci sono schifezze che fanno ottimi ascolti. Ma schifezze rimangono.Continue reading

Condannano il figlio, si candida il padre

Cosa può fare un padre per il proprio figlio? Candidarsi, per esempio. L’amore filiale ci conduce fino a Patù, nel Salento più luminoso e nascosto, appena dietro Santa Maria di Leuca. Nel destino di un uomo, in questo caso il giovane Gabriele Abaterusso, imprenditore e vicesindaco del paese, si staglia la figura paterna di Ernesto, papà accorto e misericordioso. Gabriele, molto attivo negli affari, ha subito una condanna (in appello) per bancarotta e insieme a Michele Emiliano, il suo leader oggi candidato governatore della Puglia, ha riflettuto, valutato e poi deciso di rinunciare alla corsa. Non sarebbe stato bello per l’immagine di Emiliano, comunque ancora magistrato, e per quella del Partito democratico. Gabriele è stato irremovibile: non mi candido. A questo punto nella testa di Emiliano la lampadina si è accesa: ha chiesto al papà una firma in sostituzione. Una surroga come quella per i mutui. Ed Ernesto, in una memorabile lettera che il Quotidiano di Puglia ha pubblicato e di cui daremo ampi stralci, seppure a malincuore e con l’animo ferito e il fisico provato, ha accettato. Ernesto, il papà, è già stato deputato e sa quali sofferenze si debbano sopportare in politica. “Michele Emiliano mi chiede di dare una mano per preservare questo progetto e pur tra mille remore che mi derivano dagli impegni lavorativi e personali già assunti, rispondo: il partito chiama e io, onorato, obbedisco. Come sempre”.Continue reading

Marco Pannella: “La fame non mi ha mai lasciato, il digiuno conserva”

Marco Pannella è l’unico leader a far parlare il corpo in sua vece. Obbliga cioè il corpo malgrado una lingua torrenziale a monumentali battaglie politiche. E così rinsecchisce o ingrassa, si espande (a volte si moltiplica) o si riduce. Lo fa vivere o lo asseta nello stile singolare che lo ha condotto per mezzo secolo a guidare da padre-padrone il Partito radicale. Un partito che poi non è esattamente un partito.
(Al caffè Sharì Varì, tre del pomeriggio). L’idea di morire a volte mi arrapa. Mi rapisce, mi fa sognare. Perché il presente ha due forme: c’è quello dei morti e l’altro dei viventi. Sapere che le mie idee, i miei amori, la mia vita, i miei vizi saranno vivi dopo di me mi consegna a un benessere spirituale, a una condizione di entusiasmo. Ciascuno è corpo e storia e noi siamo seme che cresce. Al liceo nella mia classe eravamo in quarantatré. E in tutta la scuola l’unico Marco ero io. Negli anni ho visto fiorire un gran numero di Marchi. Un po’ di merito secondo te, ce l’ho? Ci sono amici cattolicissimi, che dunque credono nell’aldilà, nella vita oltre la vita, e mi raccomandano sempre: Marco, riguardati. E infatti credo di aver avuto un singolare riguardo per il mio corpo, per tutto quello che gli ho dato e soprattutto per quel che gli ho tolto. I nutrizionisti sono delle teste di cazzo, io credo nell’autofagia. La mia longevità (ho 85 anni e come vedi mi reggo ancora in piedi) è data anche dal digiuno e proprio grazie all’autofagia: le cellule ripuliscono il corpo, assetato o affamato, sacrificano quelle ossidate dallo stress o dagli anni e danno propulsione invece alle altre, capaci ancora di vita sana.Continue reading

Vicienz, il rottamatore anziano alla guerra dei cafoni

Non è soltanto un cortocircuito etico e politico a rendere la candidatura a governatore di un condannato un atto – pur se formalmente legittimo – tecnicamente sovversivo. Dimostra ancora una volta che chi ha i voti non ha bisogno di rispettare la legge, nella conferma eterna che la sovversione, specialmente a Sud, è pratica comune e assai apprezzata. Vincenzo De Luca, che di anni ne ha sessantasei, da oggi è non solo la personalità del Pd campano più votata, ma anche il leader della rottamazione, del “cambiaverso”. Tempo poche settimane e sarà lui – non altri – il capopopolo che chiamerà tutto il Mezzogiorno alla riscossa. In effetti De Luca è avanti a Renzi di molti passi. Trent’anni fa, quando Matteo era ragazzino di parrocchia, Vincenzo (Vicienz, secondo il registro popolare) iniziò a rottamare la lingua italiana. Le parole colte di una sinistra che lui già intravedeva come minoritaria e perdente furono collocate nell’albo della memoria. Si era accorto che per interpretare una società schiettamente clientelare, allergica alle regole, ai doveri (e alla cultura), doveva utilizzare un frasario contiguo e omogeneo. L’antipolitica nasce con lui. Giunto alla poltrona di sindaco di Salerno, amministra attraverso un colloquio televisivo con i cittadini. Parla, accusa, decide, incita, oltraggia o ingiuria via etere.
CAFONE DIVIENE la parola clou del vocabolario. Cafone è colui che imbratta e colui che contesta. Cafone è il diverso, cafone è chi non rispetta le regole e – cafoni o figli delle chiancarelle (figli di puttana, cioè) – coloro che invece esigono il rispetto delle regole.
In una città abituata all’anarchia dei comportamenti, alla radice clientelare della propria carriera, la proposta di De Luca di scambiare quel po’ di democrazia che rimane con più efficienza pubblica è accolta immediatamente con grida di giubilo. Ieri su facebook la signora Rubina, sua sostenitrice, ha commentato: “Grande sindaco De Luca, da sempre votato a Salerno da destra e da sinistra. Perchè chi lavora bene, nel segno del fare, chi è concreto e propositivo e – perchè no! sapientemente autoritario, ha preferenze trasversali. Detrattori invidiosi, mi dispiace: stasera zittitevi”. La signora coglie nel segno: De Luca è uomo del fare. Salerno è zeppa di opere pubbliche. Ed è autoritario, come una società cieca e con una inclinazione intimamente fascista ha voglia di immaginare il suo leader. “Detrattori invidiosi, zittitevi!”. Visto? Come i gufi di Renzi. A Salerno le strade sono pulite, i marciapiedi in ordine, il lungomare uno splendore. Ma Salerno è anche la città delle ingiustizie, delle camarille dei potenti, degli affaristi di sempre. Città che ha visto edificare un mostro urbanistico, il cosiddetto Crescent, nel silenzio connivente. Il vergognoso mutismo della Sopritendenza, la sonnolenta presa d’atto di una magistratura spesso distratta, la coscienza sporca dei cittadini che al mercato nero della politica avevano delegato al sindaco ogni potere in cambio di favori ha fatto erigere un monumento degno di una democrazia sudamericana.
De Luca dunque è stato proclamato oggi il rottamatore più anziano in attività. Come Matteo, uomo del fare. E come lui né di destra né di sinistra. Al centro del centro. La Campania degli indifferenti (quando non dei collusi) affiderà il suo riscatto a chi chiede il rispetto delle regole ma per sé dispone una deroga. A chi sbraita contro il clientelismo ma avanza davanti una corte di cortigiani. A chi discorre di civiltà e dignità, ma poi urla e dileggia.
De Luca è un ultras del paternalismo e infatti gli ultras lo amano. Tra un po’ a Scampia diranno quel che dicono i ragazzi salernitani: Vicienz è patr a me. Vincenzo è mio padre.

da: Il Fatto Quotidiano 3 marzo 2015

Milena Gabanelli “Nomine Rai, non è il governo che deve scegliere i migliori”

Ai piani alti c’è il potere. In quelli bassi i telespettatori e i lettori. Milena Gabanelli – giornalista investigativa tra le più apprezzate – esamina le ragioni di una questione cruciale della democrazia: perchè l’informazione fa così spesso rima con la manipolazione. Perché spesso si avventura a trasformare la realtà fino ad erigerne una di comodo, adeguata ai bisogni del momento.
Il piano Gubitosi è stato approvato. Un’unica newsroom, telegiornali tematici. Meno dirigenti in Rai, meno burocrazia. Ora ti tocca esultare.
È auspicabile che in futuro ci sia un’unica newsroom, per il momento è un passaggio intermedio che a mio parere è giusto perseguire. Prima di esultare aspettiamo di vedere quali saranno i direttori. Il nodo cruciale è soprattutto lì.Continue reading