B. e la caccia al suo successore

IL NOSTRO “SONDAGGIO” SU CHI PUÒ FAR RESUSCITARE IL CENTRODESTRA (CHE NON È MORTO)

di Antonello Caporale e  Fabrizio d’Esposito

A sua insaputa il centrodestra ritrova i voti che temeva perduti. Senza far nulla, restando inerte, sparso, diviso e nelle giornate migliori acerrimo nemico di se stesso, guarda sbucare all’orizzonte un vagone di voti di ogni calibro e fattura. Moderati di ritorno, leghisti lepenisti, fascisti d’annata, liberali, berlusconiani irriducibili. Partite iva e avanguardisti, commercianti e pensionati neo romantici, il centro e la periferia. Certo, il voto è locale e Matteo Renzi ha ancora intatta una vitalità e una capacità espansiva che questo stop incrina ma non annulla. Però torna il sorriso sui volti di quelli là.

L’analisi: Forza Italia al 6 % e la Lega al 10

Il centrodestra non è morto perché come sentenziò Pinuccio Tatarella buonanima, per andare oltre An e il vecchio Polo delle libertà, “l’Italia è al 65 per cento un Paese di centrodestra”. La resurrezione sarebbe completa se esistesse un Brugnaro d’Italia, l’imprenditore un po’ leghista, un po’berlusconiano, finanche un po’ renziano, che ha sbancato Venezia. Anche perché l’astensionismo resta il primo partito con milioni di voti di destra in pancia. Qualche dato lo ha fornito il solito Federico Fornaro, senatore del Pd studioso dei flussi elettorali, avendo come riferimento i 18 comuni capoluogo in cui si è votato: “Forza Italia ha limitato la partecipazione con il proprio simbolo a 12 comuni raccogliendo uno striminzito 6,7 per cento, rispetto al 22,7 ottenuto dal Pdl nelle precedenti tornate elettorali. In valore assoluto, per il partito di Berlusconi il confronto in questi 12 comuni è ancora più inclemente: da 115.511 a 30.827 voti”. La Lega, poi: “Il Carroccio esordisce in alcuni centri del sud con la lista Noi con Salvini riuscendo così a essere presente in 13 comuni e a raggiungere il 7,7 per cento. Se si prendono in considerazione solamente i 7 comuni del nord, la Lega sale al 10,8 (9,9 nel passato)”.

Cinque nomi di leader per 15 parlamentariContinue reading

Grande spreco, piccola reazione

In Italia ogni emergenza si fa industria. Oggi i migranti, ieri gli alluvionati o i terremotati. Abbiamo sperimentato l’emergenza per la munnezza a Napoli (circa sei miliardi di euro il totale fatturato), e prima ancora per il traffico di Roma, per le gondole di Venezia. Finanche i campionati di ciclismo a Varese e la processione del Papa a Loreto furono gestite con i fondi della Protezione civile. Emergenza significa urgenza che vuol dire deroga e poteri speciali. Cioè appalti senza gara, affidamenti senza prove, lavori senza collaudi. Cioè la cuccagna perfetta per i professionisti dello spreco, l’attività collaterale e indistinguibile di ogni buona emergenza che si riconosca. Così la disperazione umana, la migrazione dal sud al nord del mondo è divenuta presto un business, e l’accoglienza un esercizio contabile. Il migrante da disperato si è trasformato nella percezione pubblica, grazie a una propaganda colpevole e collusa, in un succhiasoldi, uno scansafatiche, un renitente alla civiltà. Sono nati, nella fantasia coltivata su internet o in tv, colonie di migranti che a spese della collettività soggiornano in hotel a quattro stelle. Nessuno, fino a quando non è scoppiato il bubbone di Mafia Capitale, ha elencato la banale, elementare realtà: i migranti sono divenuti lo scudo umano, il chiavistello perfetto per organizzare, sulla loro pelle, una gigantesca frode pubblica. Attrezzare stamberghe, trasformarle in centri di accoglienza e succhiare soldi.Continue reading

Corrado Passera: “Ora mi prendete tutti in giro. Ma sopporto: tanto vinco io”

Corrado Passera, un fuoco le arde dentro e non c’è niente da fare.

Niente, dal liceo, dai comitati studenteschi, da quando hai 18 anni e già in testa la voglia di fare bene qualcosa per il bene di tutti. Poi non te ne liberi più.

Perché un banchiere ricco si ritrova a fare il politico povero e trascurato da tutti? Perché spende i suoi soldi per andare a Uno Mattina? E perché gli italiani non lo capiscono? E perché invece lui pensa che lo comprendano? E di cosa è contento?

Mi piace che finalmente qualcuno mi faccia queste domande.

Ogni volta che la vedo in tv mi domando come sia stato possibile che Corrado Passera…

Alt, la fermo. Quel che sono oggi è il risultato della fatica di ieri, è il senso del dovere, di un impegno per la collettività che non mi ha mai lasciato in pace. In tutti i luoghi in cui ho svolto il mio mestiere di manager sono stato accompagnato da questo desiderio.Continue reading

Michele Santoro: “Sì, mi tremano le gambe Ma cambio per non fermarmi”

Certo che ho paura. Ho paura di non vedere più accendersi la lucetta rossa della telecamera, quella luce che mi ha accompagnato per trent’anni. Ho paura di non ritrovare più la comunità che si è formata attorno ai miei programmi. La paura è un sentimento umano di cui dobbiamo tener conto. Sono stanco di una televisione che è diventata routine, ho bisogno di ritrovare il mio tempo, e anche – se posso dire – di sbagliare. Le cose belle vengono se non ti lasci schiacciare dal timore di fare delle cose brutte. Anzi, mi spingo a dirti: devi osare il brutto per sperimentare il bello”.

Michele Santoro ha deciso di tornare in piazza, a Firenze, il prossimo 18 giugno per dare inizio, se così si può dire, a una fine.

A Firenze si chiude un ciclo. Non finisce Servizio Pubblico, ma finisce questo format che aveva avuto inizio in un’altra piazza, era stato voluto nella più grande e finora sconosciuta forma di condivisione collettiva, di intelligenza comune. Una, dieci, cento telecupole, una costruzione basica, una forma comunitaria di persone che hanno prodotto un miracolo. In centomila mi hanno dato fiducia e mi hanno messo in mano ciascuno dieci euro. Una roba pazzesca che la storia della televisione ancora assume come un assoluto inedito. E quella spinta popolare mi ha riportato in televisione, la mia casa da cui ero stato buttato fuori con l’editto bulgaro. Un editto che non è mai stato rimosso, nemmeno dopo i successi di Annozero. Torno in piazza per chiudere una porta e aprirne un’altra.Continue reading

Il Grand Tour. Veleno bianco latte, tombaroli d’annata e comunisti da museo

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Appena usciti da Livorno, città regina del caciucco e del comunismo italiano costretta dalla noia e dagli acciacchi dell’età (clientelismo, piccoli e grandi affari in cooperativa) alle cure dei grillini, una curva apre la salita verso il monastero delle suore di clausura di Santa Teresa. Il contrasto tra l’ex rosso antico e il bianco candido condurrebbe fuori strada. I livornesi atei hanno sempre considerato il presidio della fede come un segno e un bisogno. Chi farebbe a meno delle preghiere? I rapporti sono sempre stati di buon vicinato e gli affari della terra non sono mai stati mischiati all’aldilà. Il convento è su un promontorio nei pressi di Antignano, superate le ville liberty che guardano al mar Tirreno. Il sole, il mare, la villeggiatura familiare, benpensante e benestante hanno una sede elettiva: Castiglioncello. È l’idea magari falsa che offre la sua urbanistica, il rettangolo di casette ordinato e curato, apparente ritiro per dirigenti d’azienda, presidi in pensione, notai annoiati di provincia.Continue reading

Dal grigio dalemiano al fantasy. La svolta del parafulmini Orfini

Impressiona la svolta fantasy di Matteo Orfini, notoriamente legato allo stile prudente e autunnale, tardo-oviesse, del dalemismo. Ha scelto di simulare con le parole lo schema del quantative easing che Draghi realizza con l’euro, ricorrendo massicciamente al vocabolario per infittire di scenari fantastici la nuova traiettoria del suo pensiero. Gli esiti sono ancora incerti ma promettono bene. Iniziamo dall’ultima clamorosa presa di posizione. Orfini vuole indagare i servizi segreti perché gli hanno taciuto di Carminati ‘er cecato, il leader del cosiddetto mondo di mezzo, il boss del magna magna. “I servizi spieghino”, ha detto aprendo il varco al sospetto che col silenzio si sia voluta infliggere ai romani una nuova ingiustiza. Quelli che potevano, sborsando all’incirca venti euro, sono riusciti a comprare Romanzo criminale e si sono fatti per tempo un’opinione sul boss e la sua cerchia. Le fasce più povere, che non solo sono escluse dai circoli letterari ma anche dal mondo Sky, non hanno avuto neanche la possibilità di gustarsi la fiction televisiva. Hanno dovuto attendere la replica su Italia Uno. Continue reading

Da Alfano a Gabrielli, i conflitti d’interessi

È curioso che il prefetto di Roma Franco Gabrielli faccia intendere di aver bisogno di tutto il mese di luglio per leggere le carte che conosce da mesi e valutare se proporre al ministro dell’Interno lo scioglimento o meno del Consiglio comunale di Roma. Curioso e fonte presumiamo di un qualche imbarazzo il fatto che nell’inchiesta compaia un riferimento a lui in una conversazione di Luca Odevaine, l’uomo nero dello scandalo. “Me dice: senti Luca prenditi n’attimo ste carte”. Le carte riguardano il centro di soggiorno dei migranti di Mineo. “Te la senti de fa sta gara?”. Odevaine se la sente, certo che sì. Curioso anche che il ministro dell’Interno si trovi nella situazione di decidere se è vero che il Viminale, proprio il palazzo che abita, sia stato sistematicamente “condizionato”, sia stato cioè soggetto a pressioni indebite per deviare in un luogo piuttosto che in un altro il flusso degli immigrati e la massa dei soldi pubblici che li segue. E curioso che Angelino Alfano debba essere costretto a valutare anche il comportamento di Giuseppe Castiglione, suo referente siciliano, nell’appalto succulento per le cucine del campo di Mineo.Continue reading

Vicienz, festa per il Chávez di Salerno

Nella città del ‘nessuno mi può giudicare, nemmeno tu’, l’impresentabile si è presentato, l’ineleggibile è stato eletto. E ora è lì sul palco: “Non pensate che la ricreazione sia finita. Ho visto or ora un motorino posteggiato ai piedi di un semaforo. Una pazzia, una vergogna. E ricordate di consegnare nei luoghi indicati i sacchetti per la differenziata. Le telecamere di sorveglianza sono lì che vi riprendono”.

Nel centro di gravità permanente del deluchismo, la piazza antistante il municipio di Salerno, il popolo si consegna al suo Chávez per il rito del ringraziamento. Vincenzo De Luca è dichiaratamente sopra la legge, oltre la legge. Signora in estasi: “Gesù e Maria. Ma lei si rende conto che questo è un grande uomo?”. Si chiama Silvana Buzzo: “ha visto quello che ha fatto?”. De Luca dal palco: “Io non vendo parole, ma fatti”.

Ha fatto molto, forse troppo, e forse con soldi che non aveva se la Corte dei conti ha descritto la situazione contabile del comune di Salerno, il favoloso mondo della città che cambia, al limite del dissesto, con un monte di debiti fuori controllo. La signora Silvana: “Lui dice di no, che non abbiamo debiti”. De Luca dal palco: “L’unica possibilità che c’era perché la delinquenza fosse buttata fuori dalla Regione era che venissi eletto”. Sotto il palco applaude Ernesto Sica, il promotore di un dossieraggio contro Caldoro alle scorse elezioni, protagonista dello scandalo P3. La realtà oltre l’immaginabile. Salerno gongola e se ne fotte di quel che succede oltre confine.. “Vicienz è patr a me”, Continue reading

Sorpresa: i grillini (senza Grillo) sono adulti

Cambio di stagione. L’immagine è di Carlo Freccero: “Oggi paiono dei predicatori mormoni. Tipini sempre ben vestiti, puliti, sbarbati, abbastanza secchioni, piuttosto preparati sul tema che devono affrontare”.

Erano il fondale umano del partito del capo, o del comico o anche del vaffa. La schiera plaudente e generalmente muta di Beppe Grillo. Discepoli del guru, dei riccioli esoterici di Gianroberto Casaleggio, teorici delle scie chimiche, fantastici costruttori di occhi elettronici, dispensatori del bene – se avevi tutte le ricevute del ristorante bollinate – e del male, nel caso ne fossi sprovvisto. Nel volgere di qualche mese una nebbiolina ha schermato il corpo del Capo, piuttosto “stanchino”, e ha sommerso le teorie mondialiste del guru. Il blog perde colpi, il comico smarrisce le battute, le folle spariscono dalle piazze, Casaleggio non è più quello di una volta, ma i grillini, da figlioli adoranti e anche un po’ strambi, sono divenuti parlamentari rispettabili, ascoltati. Di nuovo Freccero: “Paiono più competenti degli altri, Casaleggio ha insegnato loro di studiare i dossier e intervenire quando sanno cosa dire, come controbattere. E paiono disinteressati. Dei volontari laici che dopo un certo periodo di tempo torneranno al proprio lavoro. Fanno un figurone di fronte alla genia degli ineffabili parolai da salotto televisivo. Ti sollevano dal peso di dichiararti di destra o di sinistra. Sono dei pragmatici, non insistono in alcuna speciale narrazione”.Continue reading

Clientele, ricatti e lettere sparite. Renzi e la grana delle Poste

PRIVATIZZAZIONE SEMPRE PIÙ DIFFICILE PER LE RESISTENZE DEL SINDACATO, GOVERNO OMBRA DELL’AZIENDA DI STATO
Esondano e infine scompaiono quintali di lettere al giorno. Passano, anzi trapassano tra i centri di smistamento e le mani dei postini persino le raccomandate. E le ingiunzioni di pagamento di Equitalia? “Ora paghiamo penali per 77 consegne su 100”. Sono le stime entusiastiche della Cisl, il sindacato storico di governo – attualmente all’opposizione – di Poste Italiane, impegnata nell’ultimo furioso corpo a corpo con Francesco Caio, l’amministratore delegato dal quale Matteo Renzi attende con crescente inquietudine per l’autunno dieci miliardi di euro, frutto di una idea di privatizzazione che si fa sempre più incerta, problematica in questa babilonia.
La falange interna controlla metà dei lavoratori
Esondano dal silenzio tombale anche voci di un’ampia depravazione etica conosciuta ma non fino a questi orizzonti, di clientele sparse, assunzioni pilotate, attenzioni sessuali, persino dazioni di danaro come corrispettivo adeguato alla spintarella. “La stagione dei prenditori, dei consulenti e delle tangenti non mi riguarda. Chieda altrove”, dice Mario Petitto, l’uomo macchina, il capo in testa del sindacato Salp, federato alla Cisl, ma costruito come falange interna. Il sindacato omnibus che tessera la metà dei postali e detiene il pacchetto di maggioranza nei vertici aziendali. Petitto non è più segretario, ma Annamaria Furlan, la leader della Cisl (anch’ella è stata dipendente delle Poste) non ha la forza per contenerne l’influenza. “Già Bonanni ci fece dei danni. Speriamo che la Furlan non prosegua nella linea e sappia che noi teniamo alla nostra autonomia”. Continue reading