da: Il Fatto Quotidiano, 2 luglio 2015
In un mondo di pataccari anche la fregnaccia più insostenibile risulta possibile. Siamo così abituati alle fregature che la redazione di ‘Nemico Pubblico’, programma serale di Rai 3 (un programma comico, dunque decisamente serio) deve industriarsi per confezionarle, grazie alla candid camera, nel loro risvolto più estremo e truce. Tre sere fa gli amici televisivi guidati da Giorgio Montanini (nella foto) si sono superati. Hanno convocato la cittadinanza di Tarquinia e Monteromano, la nobiltà della Tuscia, in un teatro per illustrare, sotto le mentite spoglie di rappresentanti di una multinazionale che traffica con i rifiuti, (e si sa che la monnezza è un affarone), il progetto di riempire di ecoballe i due centri. Praticamente affogarli nella merda. Un diluvio inenarrabile di porcherie, come l’allargamento delle antiche porte d’ingresso per il transito dei camion e la trasformazione del campo di calcio in un mega parcheggio. “Signori, la grande discarica di Malagrotta, alle porte di Roma, è satura. Qui c’è la opportunità, che come sapete significa un fiume di denaro!”, ha comunicato il falso amministratore delegato nella veste di imbonitore. Lo scempio era così teatrale e insopportabile che, se fossimo in un Paese normale, neanche sarebbe stata immaginabile la messinscena. E invece la sala ha preso tutto sul serio e iniziato a rumoreggiare, i sindaci dei due comuni hanno protestato per non essere stati messi al corrente di quell’opera contro la quale si sarebbero battuti fino alla morte. “Voi volete che facciamo la fine di Civitavecchia con la centrale a carbone”, ha gridato un ragazzo, incazzatissimo. Signora impaurita: “Ma è uno scempio!”. Rappresentante degli artigiani: “Non avete neanche la valutazione di impatto ambientale!”. Nessuno ha pensato alla farsa, purtroppo.
Da Il Fatto Quotidiano, 1° luglio 2015
Ho solo quattro peli sulla lingua. Se lei riuscirà a schivarli ci divertiremo”. Giovanni Sartori ha superato una guerra mondiale, il ’68 e tre polmoniti virali. È il più brillante politologo italiano, il più attrezzato nell’uso della parola come falce espressiva, il più disinibito nel piacere con cui aggroviglia e riduce a cenere i protagonisti del nostro tempo, al di qua e al di là delle Ande. L’incontro domenicale è nella sua casa romana: “Come mi trova? Un po’rincoglionito, vero? Guardi il bastone, purtroppo ora mi serve. Guardi il medaglione messicano che mi hanno affibbiato. Con i messicani vado proprio d’accordo. E guardi questo dono del principe delle Asturie, non male eh?”.
La trovo in forma.
Le polmoniti, tre di seguito, mi stavano accoppando e lei mi trova in forma. Bel pezzo di bugiardo.
Le rispondo con una sua fantastica espressione: siamo dei bipedi implumi. Adulatori impenitenti.
L’ho usata in questo ultimo libro. Gli uomini sono animali strani. Due piedi e senza piume. Questo libro avrei voluto titolarlo La corsa verso lo sfascio. Poi mi hanno convinto a cambiarlo (La corsa verso il nulla. Dieci lezioni sulla nostra civiltà in pericolo, Mondadori). L’editore mi aveva invitato a non pubblicarlo d’estate. Dice che in estate gli italiani leggono solo cose leggere. Gli ho risposto che allora era giunto il momento per me di provare il brivido di restare invenduto.
Siamo ignoranti.
Spesso ignorantissimi. Non è un’esclusiva italiana, però. Prenda Obama. Frequentava alla Columbia il corso di laurea dove insegnavo. Ma non l’ho mai visto alle mie lezioni. Le sembra uno capace?
Non conosceva il professor Sartori. Avrà pensato di aggirare i corsi apparentemente infruttuosi.
Ma io avevo due corsi importantissimi per lui! Uno sulla teoria della democrazia, l’altro su metodo, logica e linguaggio in politica. Tu vuoi fare politica e non segui questi corsi? Gli interessava solo di essere eletto. Personaggio da quattro soldi.Continue reading
L’INIZIATIVA. Un’associazione locale ha prodotto una serie di immagini con le oscenità del paese: case abbandonate, prostituzione, lavoro nero. Il tutto vissuto con allegria, disincanto e provocazione.
La carcassa di un cane, bombole del gas adagiate sul dorso e immerse per metà tra la sabbia. Gomme d’auto, sportelli d’auto, una marmitta, tre tubi di scappamento, forse quello invece è un pistone. Un mucchio di scheletri di ombrelli, un ombrellone da mare rotto, un gabbiano vivo, un cancello arrugginito, fogli di giornale, kleenex usati per le necessità del corpo. Cartoline dall’inferno. Siamo alla confluenza del male, ai confini della civiltà, della legge, della decenza. Sulla spiaggia che si trova a metà tra la Pontina e il Vesuvio. È il destino che ha avuto Castel Volturno, trent’anni fa luogo di villeggiatura della media borghesia napoletana e oggi set di Gomorra, in senso proprio e figurato. Castel Volturno ha dodici chilometri di pineta che si affacciano sul Tirreno, il più ricco polmone verde della Campania del nord, quindicimila immigrati d’Africa non censiti, il 70 per cento dei tributi evasi. Il mare è sporco, il comune è in dissesto, la magistratura si è arresa, la malavita ha issato il pennone. Si spaccia droga e carne umana in questo punto geografico dove lo Stato ha perso l’onore, la legge il rispetto, la dignità una prova di esistenza.Continue reading
Ora siamo al detersivo acquistato con i soldi pubblici, alla tv trafugata, ai biglietti gratta & vinci per tentare la fortuna, ammesso che sedere nel consiglio regionale per quella gente non sia di per sé già una enorme ed esorbitante fortuna.
Tutto è dannatamente uguale a sempre, anzi questo finale di stagione di Rimborsopoli in versione calabrese, il trafugamento degli spiccioli dopo aver svuotato ogni cassaforte, ci dice due cose. La prima è che le Regioni sono divenute l’ambito ideale di ogni furfanteria, anzi la scuola di formazione per classi politiche inette e incompetenti. La seconda è che questa classe politica è irredimibile e il partito che nel Parlamento detiene la maggioranza dei consensi, cioè il Pd, è divenuto un canale di smistamento, un ponte verso la liceità dell’arraffa arraffa.
Cosa ne sa Renzi del Pd calabrese? Nulla naturalmente. Lui non c’entra, non sa. E ora che sa fa come sempre ha fatto: una bella dichiarazione pubblica, fuori i ladri. Non sapeva di Roma, non sapeva del Mose, non sapeva dei traffici milionari sull’Expo.
A ben vedere Matteo Renzi è il premier dell’ignavia. Non sapeva come si formavano le liste dei candidati, non conosceva il calibro dei personaggi coinvolti in giunta, non era interessato a scoprire il traffico delle clientele. A lui più della buona politica interessa il consenso e in quanto a voti anche in Calabria, nella tornata elettorale delle Europee che ora sembra lontanissima, aveva mietuto successi clamorosi.
Dire che il presidente della giunta Mario Oliverio dovrebbe immediatamente dimettersi sembra anche poco. E aggiungere che l’Ncd è divenuto oramai il recapito usuale degli avvisi di garanzia e degli ordini di arresto è ancora un’ovvietà.
Tutto è così perfettamente indecente. Dunque normale.
da: Il Fatto Quotidiano, 27 giugno 2015
Incattiviti ma sempre pronti a perdonarci. Altro che brava gente
Altro che brava gente. Gli italiani stanno prendendo la china pericolosa dei cinici e pure apocalittici, incrudeliti dalla speranza perduta, disorientati e stanchi.
La diagnosi è piuttosto infausta, ma Amalia Signorelli, antropologa combattente, osserva la postura collettiva, questo disordine culturale e politico che conduce all’anarchismo etico. Ciascuno si arrangia. Come può e come sa.
Dunque, professoressa: la brava gente è diventata cattiva?
Spiace dirlo ma un po’ sì. Il contraccolpo della stagione creativa di Tangentopoli ha prodotto una disillusione di massa. Credevamo, forse ingenuamente, che quelle forme di censura giudiziaria avessero liberato energie positive e consacrato alla verità un principio costituzionale. Siamo tutti uguali davanti alla legge. Vedevamo sfilare i potenti e abbiamo creduto che l’uguaglianza fosse un traguardo raggiunto.
Temo che si applaudisse ai processi più come realizzazione di una vendetta collettiva che della palingenesi.
Ci saranno stati tanti felici di vedere il sangue scorrere. Ma al fondo la serie di incredibili furfanterie scoperte furono salutate come una liberazione. L’avvio di un tempo nuovo e di uomini nuovi.
Invece niente.
Invece quel che ne è seguito è stato un lungo rosario di delusioni. Tutto è sembrato ricomporsi nell’usuale dimensione. L’uguaglianza, almeno nel principio, è tornata nella prassi della vita quotidiana a essere una chimera.Continue reading
L’anno scorso furono fortunati ed ebbero la strada aperta durante il weekend. Non fu un atto di riguardo per i residenti quanto per i vacanzieri. Sembrò brutto che per raggiungere il mare dovessero inoltrarsi sulla montagna. Per una questione di coerenza e di rispetto verso i turisti, si scelse il supremo atto d’eroismo: aprire una sola corsia tra il venerdì e il lunedì in modo che il transito, seppur lento, non causasse ulteriori disagi al ponte affaticato provocandone il collasso. Quest’anno, ed è la terza estate, forse non ce la si fa ad avere la strada, che è poi l’unica strada che c’è. Mancano i soldi, anzi no. I soldi ci sono, ben quaranta milioni di euro, ma mancava il progetto che tenesse unito il Cilento al resto d’Italia. Ora finalmente, dopo tre anni di studi approfonditissimi, c’è il piano esecutivo. Se tutto filerà liscio il cantiere che dovrebbe sanare il pilone che sprofonda a sud di Agropoli e la frana che devasta poco prima il manto stradale sarà cosa fatta per il prossimo anno. Al massimo nel 2017 il Cilento avrà una strada, gli italiani una meta in più e una via di fuga verso il mare. Serve tempo però, e cautela. Perché le frane sono tante e poco più a sud, meno di quaranta chilometri, una montagna sta afflosciandosi nell’acqua limpida del golfo di Policastro. Pisciotta, una delle perle del Tirreno, paese che sembra di cartapesta tanto è fragile e prezioso, con ulivi centenari che calano fino sugli scogli, è irraggiungibile da nord. Solo i carabinieri e i vigili del fuoco possono transitare. A Pisciotta si può agevolmente planare con un aliante, oppure usare i piedi dal più vicino paese che è Ascea, una decina di chilometri soltanto. Certo, la frana è del 1989, ma anche qui sono stati fatti studi meticolosi, e progetti, e varianti. Non mancavano i soldi, però.Continue reading
DA LADISPOLI A SABAUDIA VIAGGIO OLTRE LA CAPITALE. TRA PALAZZI RUMENI E CAMPI CUSTODITI DAI SIKH
Ladispoli era a metà tra il mare e il niente. Senza una piazza vera, senza un municipio vero, un campanile vero. Era un camminamento tra la spiaggia nera e l’autostrada, un territorio attraversato da due fiumi, il Sanguinara e il Vaccina. Roberto Rossellini che qui ha vissuto l’ha amata tanto proprio in virtù della sua inconsistenza. Un perfetto “non luogo”, direbbe l’antropologo francese Marc Augè.
Ladispoli, che nel 1949 era ancora frazione di Civitavecchia, nel 1983 contava solo ottomila abitanti. Con gli anni si è gonfiata come la pancia di una rana. Prima diecimila, poi quindicimila, poi venticinquemila. Poi trenta e infine quarantamila. Il numero provvisorio di oggi. “Muratori, piastrellisti, insegnanti, donne incinte senza più compagni, vedove con l’incubo dell’affitto di Roma, anziani con la pensione sociale. Poi i disoccupati, o i precari. E infine gli immigrati: prima gli ebrei russi, i polacchi, poi i serbi, i kosovari, gli africani del Senegal e dell’Eritrea. Infine la sede eletta dei rumeni d’Italia. La mia città è troppo vicina a Roma per non essere una fantastica piattaforma della provvisorietà. Chi non trova posto in città viene qua. Nel calcio ci sono le squadre di serie A e serie B. Noi siamo la serie B della città, una succursale, l’appendice romana traslocata sul mare”.Continue reading
Con che occhi mi guardi?
Io, senatore Azzollini?
Lo chiedo a chi incontro a Molfetta, la mia città. Lo chiedo soprattutto alle donne. Tu donna, con che occhi mi guardi?
Saranno occhi ipocriti e pieni d’acqua, o lucenti e compassionevoli, o di odio smisurato.
In molti mi si stringono intorno. Qualcuno magari no.
Quella maledetta frase la costringe a una umiliazione inaudita.
Io ti piscio in bocca… Detto da me? E per di più a una donna? Anzi a una suora! Mai, mai, mai…
In effetti lei, sempre galante…
Esattamente.
Grande estimatore.
Esattamente. Sono trascorsi sette giorni e ci sono ancora momenti in cui il mio corpo sussulta e trema.
Al senatore Antonio Azzollini (Ncd) è stato recapitato un ordine di arresto. Avrebbe maltrattato sia le suore della Divina Provvidenza sia i conti della caritatevole casa di cura situata a Bisceglie, città che condivide con Molfetta una sincera ammirazione per il longevo uomo politico pugliese.
Tredicimila voti l’ultima volta in cui mi candidai a sindaco. Molfetta è con me.
Ha l’aria dimessa, la barba lunga.
La barba la rado una volta a settimana. In genere il mercoledì.
Gli impegni istituzionali la tengono lontano dal barbiere?
Ogni sette giorni mi sembra comunque una buona media.Continue reading