Salvatore Bosco “Noi del Cnel siamo finiti ma meritiamo quel premio”

salvatore-boscoFinitooo? Il nostro lavoro è finitoooo? E chi lo dice?”.

Salvatore Bosco, ragioniere e perito commerciale di Favara, pensionato, sindacalista Uil di lungo corso, presiede il Cnel con spirito indomito. Sebbene la riforma costituzionale preveda la scomparsa dell’istituzione, lui è in ufficio che presidia.

Settantacinque anni e qualche acciacco, eppure non mollo. Sono con i 60 dipendenti che incuranti della sorte proseguono quotidianamente nello svolgimento delle funzioni che la legge ci assegna.

Un comandante non abbandona la nave che affonda. Basta con gli Schettino!

Anche mia moglie domanda: ma che ci vai a fare in ufficio?

In effetti il Parlamento ha deliberato il vostro scioglimento. E il Messaggero, rovistando tra le carte, si è oggi domandato: ma com’è possibile che senza lavorare ottengono premi di risultato?

E qui mi addoloro e chiedo la sua comprensione.

Infatti l’ho chiamata.

In Parlamento siamo appena stati per fornire il nostro parere sulla legge di stabilità. Siamo andati in delegazione. E abbiamo due commissioni funzionanti, desidero che prenda nota.Continue reading

Ventimila preghiere sulla scrivania, ecco l’esercito dell’aiutino

carmine-nardoneSupplicanti. L’aiutino per un posto di lavoro, anzitutto. Ma anche, nella linea discendente della raccomandazione come utilità marginale e certezza sempiterna del potere che elargisce agli amici, per il trasferimento del figliolo, spesso poliziotto, dal nord al sud, o anche per la promozione del figliolo, per l’esame all’università della figliola, o soltanto per avere un favore, persino di quelli minuti e tristi.

Nel fascicolo dei suoi dodici anni da parlamentare del Pci-Pds (luglio1987/aprile 1999) Carmine Nardone ha ritrovato le perorazioni, le segnalazioni, i bisogni veri e finti di una umanità sempre ricca di sofferenze, sempre in credito verso lo Stato. Molte volte purtroppo bugiarda, poche volte invece sincera. Nardone le ha contate: sono ventimila giunte a lui, a volte col suo nome associato ad altri destinatari, e le ha suddivise tra quelle buone e quelle cattive. “Il 25 per cento rappresenta denunce di abusi subiti, diritti negati, bisogni essenziali travisati o rigettati. Il restante 75 per cento invece è il sunto dell’italiano medio. Ci sono richieste di tutti i tipi, molte volte ragionevoli, altre veramente sfrontate. In quest’ultimo spicchio hanno un peso particolare i supplicanti “ossessivi”, coloro che vivevano nell’anticamera del potere.

“IO RICEVEVO gli elettori della mia terra, Benevento, nella federazione del Pci, com’era costume. Mi occupavo di agricoltura e dunque le visite più fruttuose erano con chi conosceva la durezza di quella fatica. Erano poveri, spesso oggetto delle angherie di un sistema che invece di sostenerne la crescita e la speranza li costringeva a produrre carte, li faceva ammattire con richieste che non capivano (memorabile un contadino che si vide autorizzato dall’Aima, l’istituto che distribuiva gli aiuti in agricoltura, all’allevamento di 6,36 vacche. Erano più di sei ma meno di sette!). Non di meno si presentavano alcuni professionisti della raccomandazione. Facevano il giro delle quattro chiese. Frase tipica: Non ho mai chiesto niente”.

Nell’archivio di Nardone sono finite figure di ogni tipo con richieste di ogni tipo ed esiti, come vedremo, imprevedibili. “Un giorno si presenta una famigliola: marito, moglie e figlia. Chiedono a mia madre anziana di intercedere e anticipare a me la loro visita. “È brava gente, aiutali se puoi”, mi dice mamma. Li ricevo in casa e il papà mi spiega il problema: sua figlia deve affrontare un difficile esame all’università, se avessi potuto parlarne col professore…Rispondo che così avrebbero fatto del male proprio alla loro amata fanciulla, e comunque no. Prima di salutarli scambio due parole con la ragazza che sorprendentemente mi rivela di essere in imbarazzo per la sfrontatezza dei genitori. La invito a studiare e a restare tranquilla”. Passano dei giorni, mia madre mi dice che le ha appena fatto visita la coppia lasciandomi una scatola di cioccolatini, ringraziandomi perché la loro figlia ha superato l’esame. Apro la scatola e trovo delle banconote. Li convoco dicendo loro che non sarei andato dai carabinieri a sporgere denuncia ma devono ritirare immediatamente scatola e banconote e non farsi vedere più. Quella coppia nemmeno per un minuto ha immaginato che il merito della promozione fosse esclusivamente della loro figlia, frutto del suo studio. Ostinati nella fede della raccomandazione, ancor di più se benedetta dalla tangente”.Continue reading

Radical chic, o l’arte di usare parole a caso

tom-wolfeDev’essere opera di un diavoletto che s’intromette tra Matteo Renzi e il vocabolario e gli infila a sproposito una parolina, un concetto, un’idea. Ieri per esempio il premier, intervistato dalla Stampa, stava entusiasmandosi per il film di Checco Zalone. Anzi, più ancora del film, per Checco. Ha detto che gli è piaciuto moltissimo, e si è divertito un mondo e ha iniziato a ridere dall’inizio e ha smesso alla fine della proiezione. Ed è andato al cinema (a Courmayeur) con i suoi ragazzi che si sono divertiti moltissimo e non hanno smesso di ridere. Come lui hanno iniziato a sganasciarsi appena il film ha avuto inizio e hanno smesso quando le luci della sala si sono riaccese. Tutto a un tratto il diavoletto, per fargli dispetto, gli ha fatto dire: “E i professionisti del radical chic che ora lo osannano, dopo averlo ignorato e detestato, mi fanno soltanto sorridere”.

ORA, SE C’È un punto fermo di tutta la brillantissima e milionaria narrazione comica dell’Italia e degli italiani da parte di Checco Zalone, è che lui ha scelto (indovinando tutto) di iniziare la mega promozione del proprio film con una osannata incursione da Fabio Fazio, padrone di casa della trasmissione televisiva considerata dai suoi detrattori nient’altro che il miglior ritrovo dei radical chic. Non Mediaset né Maria De Filippi. L’italiano medio di Zalone è stato presentato nel salotto di quelli che, siamo sicuri che a Renzi questa locuzione piacerà, sono accusati di fare “i comunisti col cachemire”. Lui, o meglio, il diavoletto che si prende beffa di lui non gli dirà mai che quella locuzione è un parto della destra populista, un’espression e per inchiodare al muro l’alta borghesia che per finta guarda a sinistra e sbeffeggiarla al modo in cui Tom Wolfe descrisse il party dell’high society newyorke se a favore delle rivoluzionarie pantere nere. Tra l’altro Renzi, se avesse riflettuto, avrebbe ricordato che alcuni giorni dopo proprio lui sarebbe stato ritratto insieme all’uomo del cachemire per eccellenza, manager milionario e simpatizzante del suo governo che almeno di nome conserva ancora la dicitura “sinistra”. Era il premier o non era lui ieri alla Borsa di Milano? E aveva accanto Marchionne e il suo golf, giusto? Le parole hanno un senso, possono essere pietre o anche buche.

RENZI, SUO MALGRADO, ricorda il favoloso Berlusconi degli anni ruggenti, lo statista che distribuiva il libro nero del comunismo e avvertiva la folla acclamante, senza essere colpito da alcun senso del ridicolo, di fare attenzione agli “agit prop”, uomini cattivi che non solo e non tanto mangiavano i bambini ma si intrufolavano di soppiatto nel seggi elettorali, coartando con pozioni malefiche la volontà di singoli cittadini indifesi oppure, tramando nell’ombra, imbucavano schede farlocche inviate dalla Russia ancora sovietizzante e mutavano il conto democratico, la lista degli eletti e dei bocciati. Delle ossessioni di Berlusconi si sa tutto, sono invece meno gli studi sulla psiche renziana e l’utilizzo interpretativo delle sue parole. Butta alla rinfusa. Vuol dire ipocrita o falso e lancia con la fionda un radical chic. Gli viene bene e fa, secondo lui, molta rottamazione. È come una molla, un impulso che si ribella a ogni controllo e si spande per l’aria. Non fruga nel vocabolario ma prende a peso o a pretesto. Zitto e gufo!

Da: Il Fatto Quotidiano, 5 gennaio 2016

 

ALFABETO: Peppe Curcio: viaggiatori stupiti. Così il pullman diventa libreria

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Voleva far provare con un libro la meraviglia ai suoi clienti. Cos’è la meraviglia? Un sussulto, un sorriso, l’ombra di un piacere nascosto, la scoperta del nuovo? Il fatto è che Peppe Curcio, 47 anni, da Polla, Vallo di Diano, terra contesa tra la Campania e la Lucania, non fa il poeta ma l’imprenditore. La sua impresa si regge sui bus che salgono dal Cilento e raggiungono il Lazio, la Toscana e l’Umbria in un saliscendi continuo. Nord e Sud, nord e sud. Roma-Perugia-Firenze. Autolinee Curcio.

“Notavo che le ore di viaggio erano tante e l’impiego del tempo perso in scorpacciate di smartphone illuminati, ossessivi tambureggiamenti sulle tastierine, faccine lucenti. I viaggiatori più giovani compulsavano i computer, gli anziani attendevano inerti e straziati che il viaggio finisse. Come potevo cambiare le abitudini?”.

L’incontro risolutore fu con un libraio.

Sì, il mio amico Michele Gentile, che ama i libri e li vende, ma soprattutto li fa leggere. Michele mi propose di dotare ogni bus di un’essenziale biblioteca classica.

La signora delle camelie di Dumas, gli aforismi di Oscar Wilde, il Candido di Voltaire.

Cinquanta testi, universali, una selezione di letture importanti e bellissime. Dietro ogni sedile la lista completa dei libri. Il viaggiatore sceglie e chiede al secondo autista. Legge quanto gli pare e alla sua fermata restituisce. Lo ritroverà, se vorrà, nel viaggio di ritorno. Oppure avrà, se non gli garba o non ritorna, il ricordo di aver speso meglio un’ora del suo tempo.

Come hanno reagito i viaggiatori a quella novità?

Con meraviglia, che era quella che cercavo. Io sono imprenditore e voglio promuovere le mie linee di bus. Questo il proposito e l’obiettivo può dirsi raggiunto. Ma sono felice di aver realizzato una cosa un po’ più alta, più significativa. Sembrava eccentrica, strana, fuori contesto ecco. Però i clienti, dopo il primo momento di stupore, hanno apprezzato. Devo dire di meno i giovani. Il libro si prende in mano dai quarant’anni in su. Questo mi fa dispiacere.Continue reading

L’ETERNO RITORNO DEI SOLITI CESPUGLI

verdini-denisSe esiste Denis Verdini è perché in Italia esiste la possibilità di andare contro le leggi della logica e persino della fisica. Sarebbe pensabile un ristorante senza cibo? Sarebbe possibile giocare una partita di calcio senza palla?

In politica esiste lo scambio di ruoli e così Verdini non ha i voti ma ha i senatori, anzi ha l’Ala, che non è un partito e non è nemmeno un acronimo: è pura magia, è la rendita delle infedeltà in Parlamento.

È un vizio che si fa virtù. Si chiama democrazia senza elettori ed è il gradito assaggio di quel che potrebbe capitare con l’Italicum, la legge elettorale che prevede il listone della vittoria, un vincitore comunque e a prescindere.

Un listone infarcito di ogni ben di Dio, come un cappone ripieno, pronto per le urne e appena sfornato tagliuzzato in pezzetti e servito a tavola. A te un’Ala, a te un po’di Ncd, a quell’altro una spruzzatina di Scelta Civica. Giungeremo presto alla svolta della democrazia compiuta: realizzare i partiti senza voti. Con Ala siamo alla formazione in vitro, alla magia assoluta. Ma nel tempo già ci siamo accorti che la corsa al potere senza rappresentanza, avere cioè eletti senza scomodare gli elettori, sarà una pratica formidabile e altamente redditizia.Continue reading

ALFABETO: SALVATORE SCALZO. Rischiavo di vincere a Catanzaro. Così il Pd mi ha rottamato

salvatore scalzo
salvatore scalzo

Oggi che Salvatore Scalzo, 32 anni, è a Bruxelles e non a Catanzaro, nell’ufficio della Commissione europea e non nel municipio, a fare il funzionario e non il sindaco della città, possiamo misurare la distanza dell’apparenza dalla realtà. Di come trituriamo i giovani, li sbeffeggiamo e infine li cacciamo dalle nostre case. Di quanta ipocrisia sappiamo vantare quando inneggiamo al ritorno dei cervelli fuggiti all’estero. La storia di Salvatore è emblematica: convocato, spremuto ben bene e poi espulso dal potere.

Chi ti chiama e quando.

È il 2011. Ho appena vinto una selezione a Bruxelles e il Pd mi chiede se voglio provare a battermi contro il centrodestra, a difendere i colori del partito e della sinistra. Lo chiedono a me perché il partito è commissariato, morto sotto le lenzuola della clientela e della malapolitica.

Lo chiedono a te perché la sconfitta è certa.

Essenzialmente è così. Altrimenti perché ricordarsi di me che ho solo 27 anni e sono solo un animatore di un’associazione che spinge per il recupero della legalità?

Tu accetti.

Penso che valga la pena perdere ma combattere, ripulire il volto sporco del mio partito e affrontare a viso aperto, gagliardamente e avventurosamente, una coalizione di centrodestra che lega il ceto maggiorente e affluente all’agio dell’interesse di casta.

È una gara senza speranza.

Ne sono consapevole. Ma facciamo baccano nelle piazze, nelle strade, nelle case. Dobbiamo rendere tumultuosa la nostra presenza e provocare in una piccola città della clientela e della sofferenza civile come Catanzaro uno choc.

La cura riesce?

Si può dire di sì. Ripuliamo il partito dalle sporcizie e le liste dei candidati dai fantuttoni, dai tromboni, dai promotori della sclerosi politica. Mettiamo idee in campo, forza nello spingerle verso la città e affrontiamo la sconfitta. È certa ma dev’essere degna del nostro coraggio, dei sacrifici e delle passioni che raduniamo nelle piazze.

Perdete.

Perdiamo. Il mio partito parte da una soglia del 10 per cento. È divenuto un’entità marginale, soporifera, inutile a ogni cosa. Lo portiamo al 17 per cento. Io raggiungo il 33 per cento dei consensi. Sono 16 punti di distacco, sono il candidato che in Italia ottiene il maggior consenso nel voto disgiunto.

Poi cosa succede? Continue reading

PSYCHO MATTEO CHE NEGA SE STESSO

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Matteo Renzi sta conoscendo il momento più duro della sua pur spavalda conduzione degli italiani verso il sorriso. Per affrontare questa imprevista stagnazione della felicità, il premier sferra una controfensiva mediatica sdoppiandosi. Diviene l’uno e il suo opposto, trasformandosi così da premier in psycho-premier.

Sono le meraviglie cavernose della psiche, l’attitudine alla rimozione come difesa ultima dell’identità ad essere utilizzate nella battaglia finale contro i gufi. Alla Leopolda, per esempio, elimina ogni traccia di Pd, consentendosi di non esserne segretario per tre giorni. Si autosospende, anzi si autorimuove, e chiama a raccolta la propria corrente annunciando: “Chi parla di correnti resti a casa”. Lo psycho-premier trasforma tutti i renziani in altrettanti psycho-renziani che lavorano sui due campi della mente: l’esserci e il non esserci. Erano alla Leopolda, che è una corrente, ma contro la Leopolda, essendo contro le correnti. Erano del Pd, tutti tutti del Pd, ma anche un po’ contro il Pd. Cosicché quando Renzi estende alla Boschi l’ombrello interdittivo alla rivalsa gufesca, annulla d’imperio il contestato potenziale conflitto di interessi della ministra attraverso un processo di sostituzione figurativa. Tutti avevamo in mente il volto del papà di Maria Elena come causa dello scandalo. Lui, cioè Matteo, per spiazzarci, parla invece del proprio papà: “Lui mi dice che dovremmo passare al contrattacco”. Con la sostituzione dei papà avviene anche una sostituzione del conflitto di interessi – qui è il papà di Renzi non della Boschi a fomentare il contrattacco e dunque a far confliggere il figliolo con i propri doveri – ed è un modo per far sbandare l’opposizione e obbligarla al dubbio: chi sfiduciamo? Lei o lui? Lo psycho-premier avanza nella sua performance: “Il consiglio di amministrazione di cui fa parte il padre della Boschi è stato destituito dal nostro governo”, dice. Quindi il governo è stato severo contro gli autori delle malefatte bancarie. Ma la Boschi, questa volta confliggendo direttamente col premier, aveva appena assicurato: “Mio padre è una persona perbene”. E la domanda dunque è: il suo papà è sempre perbene o dopo le parole del premier è un tantino degradato verso il male? Formidabile però la risposta che il premier prepara per rintuzzare i veleni di Enrico Letta che paventa due pesi e due misure di Renzi. Quand’era all’opposizione chiedeva le dimissioni di un ministro ogni battibaleno. Adesso che guida il governo si rammarica se l’opposizione fa altrettanto. “Ci sono partiti che si sono fatti le banche”, esplode Matteo. A chi si riferisce? Tolto di mezzo Berlusconi, che aveva una banca (socio di Mediolanum) prima di fare il premier e prima di fondare Forza Italia, rimangono la Lega nord e i Ds, cioè i soci di maggioranza del Pd. Proprio il suo partito!

Diavolo di un Renzi, anche questa volta ha rimosso il segretario che è in lui e così Piero Fassino, che da ultimo segretario Ds disse “Abbiamo una banca!” e oggi è il sindaco di Torino, si è trasformato da renziano in psycho-renziano. È suo amico ma anche suo nemico. È con lui ma anche contro di lui. Si conoscono e non si conoscono. E Renzi, capolavoro!, è riuscito a perforare anche la memoria del ministro Giuliano Poletti, quello del Jobs Act, che viene dalle Coop, mondo nel quale Unipol, la protagonista di passate ma infruttuose acquisizioni bancarie, gravita stabilmente. Poletti? Poletti chi?

Da: Il Fatto Quotidiano, 17 dicembre 2015

Gli invisibili del Nazareno: zero sponsor, niente carriera

Gli invisibili del Nazareno sono persino bravi ma inchiodati alla loro ritrosia, alla bizzarria di dichiararsi terzi. Hanno voglia, talento, competenze ma gli manca lo sponsor. Farebbero parte, per dirla con le parole di Renzi rottamatore, dei “promettenti”: sì ai promettenti no ai conoscenti, disse il leader.

Oggi si contano i conoscenti, i cortigiani, oltre ai gigliati di primo e secondo livello. E i promettenti? “Ho scelto di esercitare con libertà la mia militanza. Di dire quel che penso, come lo penso”. E che pensa, del Pd, Samuele Bertinelli che ha solo un anno in meno di Matteo, è laureato in filosofia, faceva il libraio prima di divenire sindaco di Pistoia? “Che il mio partito senza una cultura politica non ha un’identità. Che il mio partito per avere senso dev’essere di sinistra, ed è di sinistra chi costruisce un futuro di chi non è ancora nato e aiuta il presente di chi non ha voce, degli ultimi. Un partito invertebrato non è un partito”.

SAMUELE PENSA che la destra sia “arbitrio”, la sinistra invece “libertà”. Che la destra pensi all’uno e la sinistra al tutti. Pensa che nel suo partito trovino alloggio troppi inquilini morosi, personalità dalla fibra morale scadente o dal passato burrascoso, ad alto rischio. Farà strada il sindaco di Pistoia? Avrà una carriera lucente e sprintosa come i suoi coetanei che affollano oggi la Leopolda? Difficile dirlo, però non impossibile intuirne l’esito. Solo che a volte il caso, la fortuna, le coincidenze combinano ciò che sta accadendo a Milano.

È pronto il super manager del super Expo Beppe Sala, di destra ieri e oggi di qua, e ha solo bisogno di una spinta finale in città per vincere e cappottare tutti. Ma poi spunta questa signora, Francesca Balzani, anni 49, della borghesia meneghina, già avvocato nello studio di Victor Uckmar, tutt’ora assessora e vicesindaco con Pisapia. Va in tv e parla. Ha un pensiero lucido, idee nette. Si fa capire bene. Sulle primarie, per esempio: “Che non siano da quattro salti in padella”, dice. Balzani è figlioccia di Pisapia, ma nulla avrebbe potuto il sindaco uscente se la sua simpatia si fosse concentrata su una signorina gnè-gnè, quelle che nei talk show trasportano parole incrociate in brevi spot. Nebbia sugli irti colli.Continue reading

ALFABETO – SILVIA FERRANTE. Una cittadina si oppone all’elettrodotto che le passerebbe a 80 metri da casa. Terna le fa causa

Silvia-FerranteSilvia Ferrante ha 37 anni, mamma di un bimbo di otto. Vive nella campagna di Paglieta, tra la Maiella e l’Adriatico. Vive in campagna, ma un giorno viene a sapere che praticamente sulla sua testa, quella del suo bambino e quella del suo compagno, sarebbe avanzato un corridoio di fili ad alta conduttura. Cavi di un elettrodotto da 380 mila volt.

Si preoccupa, e molto. Così tanto che si dà da fare per scongiurare quel progetto. Si documenta, contesta, impugna davanti ai giudici, rallenta.

Tre anni dopo Terna le presenta il conto del suo attivismo civico: 24 citazioni in tribunale. Per colpa di Silvia, Terna dichiara di aver patito un danno di 6 mila euro al giorno.

Moltiplica il patimento per i giorni di inazione e per i piloni contro i quali Silvia si è battuta. Il conto è salato: sono 16 milioni di euro.

Bastonarne una per educare cento.

Non sono soltanto io la destinataria delle richieste di Terna, ma parecchi proprietari che legittimamente si sono opposti a questi mostri. Lo abbiamo fatto con civiltà, documentando i timori prodotti dal pericolo di un inquinamento elettromagnetico, dovendo anche sostituirci all’inerzia delle amministrazioni del territorio che dormono beate.

Si chiama cittadinanza attiva.

Ecco, sì. Quei cavi passano a 80 metri dalla mia casa. Già oggi la legge vieta la sosta sotto i tralicci per più di quattro ore. E già oggi la legge vieta di far passare cavi aerei a una distanza inferiore a 77 metri. Da me corrono a ottanta. Possono quei tre metri autorizzarmi a stare tranquilla? E posso io da cittadina non incuriosirmi, interessarmi, avanzare insieme ad altri ipotesi che riducano il danno?Continue reading