ALFABETO – PIER LUIGI PETRILLO. Il docente della Luiss: “Non dare regole significa restare sul cordolo della legalità. Così fa comodo”

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A scuola di lobbying con Pier Luigi Petrillo che insegna sia la teoria che la tecnica dell’influenza del privato su chi governa il bene comune, chi decide, chi sceglie. “Già intravedo l’ombra di una preoccupazione, il fumo della polemica”.

Il lobbista si è meritato in anni di traffici sporchi la nomea del cattivo, del faccendiere, del trafficante di interessi illeciti.

Tutto giusto e tutto vero. Ed è il frutto di una scelta deliberata della politica che mai ha voluto che questa attività fosse esercitata in modo trasparente e pulito. Prima i partiti contenevano nel loro corpo gli interessi di particolari ceti e professioni e dunque, diciamo così, li regolamentavano intra moenia. Quando hanno perso appeal nella società hanno continuato a tenere al buio delle stanze chiuse i contatti e i raccordi.

Se le stanze sono chiuse e i discorsi sono segreti ritorniamo al vizio primordiale del lobbying: premere per far passare come interessi pubblici affari privati.

Se la politica, come abbiamo appena detto, non ha voglia di rendere lecita e trasparente questa professione è perché dovrebbe rispondere pubblicamente dei suoi atti, delle proprie frequentazioni, dei sì e dei no che dice. Dovrebbe assumersi la responsabilità delle proprie decisioni. Esempio: i farmacisti hanno tutto il diritto di spiegare le loro ragioni e spingere affinché la legge che regolamenta il loro settore vada in un senso o in un altro. Ma è giusto che il cittadino conosca sia il tipo di pressione esercitata su un provvedimento, sia le motivazioni del gruppo che le esercita sia la posizione del governante. Accoglie? Rigetta? E con quali motivazioni?

Invece l’ombra.

Non dare regole a questa attività significa tenerla sul cordolo della liceità, nel mezzo della luce e del buio, sul filo del pulito o se preferisce dello sporco. È una convenienza politica, ed è così chiaro che le aggiungo questa breve notazione.

Aggiunga pure. Continue reading

Promossi e bocciati. I protagonisti della battaglia referendaria

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MATTEO RENZI. Vince il referendum sulle trivelle, ma fa la figura di chi aspetta l’ultima partita di campionato prima di dichiarare per quale squadra tifa. Spiega che il quesito è una bufala ma fa spendere trecento milioni di euro pur di non accorparlo alle comunali e assicurarsi così in anticipo il suo fallimento. Il carattere non lo fa vivere senza avere un nemico da battere. Invece di starsene in silenzio sceglie di promuovere, da presidente di tutti gli italiani, la diserzione di massa. Qualcuno glielo ricorderà quando a giugno dovrà chiedere di non andare al mare e dire che alle urne è bello. Poteva però andargli molto peggio se i votanti avessero raggiunto non dico il quorum, ma almeno la soglia del 40 per cento. Voto 6 IPERFURBO

MICHELE EMILIANO. Nelle mani del governatore della Puglia cascano i due milioni di voti di simpatizzanti del Pd che, secondo i sondaggisti, hanno contravvenuto all’ordine renziano. Utilizza l’isolamento nel quale lo cacciano i suoi otto colleghi presidenti di Regione che se la sono date a gambe un minuto dopo il diktat del premier, per rappresentare da solo l’opposizione a Matteo. Il quale, imputandogli la sconfitta, gli riconosce paradossalmente una leadership che nessuno gli voleva assegnare. Se è scaltro può intestarsi la guida di un nuovo ambientalismo, sentimento antico che oggi diviene urgenza assoluta, paura quotidiana. Voto 7 AUDACE

SERGIO MATTARELLA. Ancora non si è capito se è il presidente della Repubblica o un turista al Quirinale. Sceglie la terza età come categoria permanente della sua interlocuzione quotidiana. Dà consapevolmente alle fiamme ogni ipotesi di presenza attiva sulla scena politica fino ad attendere il buio delle tenebre per andare a votare. Incontestabili il rigore e l’onestà di una vita pubblica lunga e fruttuosa, resta il quesito di fondo: parlerà mai? La terzietà è una virtù ma deve essere esercitata altrimenti diviene inconsistenza e si trasforma in vizio. Voto 5 SENZA VALUTAZIONE

LUIGI DI MAIO. La morte di Gianroberto Casaleggio è troppo recente per non farsi sentire sullo stato di forma dei 5Stelle. Fuori sincrono durante tutta la partita referendaria, i grillini hanno sprecato occasioni da gol per stare in campo da protagonisti. Luigi Di Maio ha accettato di correre per la leadership però ha dimenticato – per esempio – che il Movimento aveva la presidenza della commissione di Vigilanza sulla Rai e poteva contrastare con ben altra vigorìa l’ostracismo e la disinformazione della tv di Stato sul quesito. Troppo tempo su Twitter e Facebook; troppo poco a girare l’Italia. Voto 5,5 LEGNOSO

GIORGIO NAPOLITANO. È lui l’ideologo del renzismo. Ha difeso ciò che ieri avrebbe attaccato spiegando a Matteo come si fa a fare il contrario di ciò che si dice. Il presidente emerito non perde occasione per mettere in difficoltà il suo successore al Quirinale e da ex padre della Patria si candida nei fatti a coordinatore della segreteria del Pd. Ispiratore dell’Italicum e della riforma costituzionale, ogni giorno che passa fa un passo in avanti verso l’agone politico. Non resta purtroppo che attendersi qualche comizio in piazza nelle amministrative di giugno. A Napoli, la sua città, e magari a Salerno a fianco del patriota Vincenzo De Luca. Voto 4 SPREGIUDICATO

Da: Il Fatto Quotidiano, 19 aprile 2016

DALLA A ALLA V Il guru li aveva messi in un libretto

casaleggio“Manca la zeta! Non potete lasciare il vostro lavoro incompiuto”. Il ragiunatt che albergava in lui lo spinse a setacciare il web alla ricerca di ogni epiteto compiuto e concludente sul suo conto e ordinare tutte le osservazioni, parecchie delle quali sfociavano però in insulti, e a farne un libretto (Insultatemi, Casaleggio Associati 2013) a uso, presumiamo, di legittima difesa. Il guru, l’uomo misterioso, il Lenin, il fascista, il nazista, lo spione, il dittatore, il pazzo, l’autistico, il mendicante, l’ufologo. All’ordine dato manca però la zeta, cosicché Casaleggio, dando mostra di una vena ironica sconosciuta, impreca: “Perché non potevo essere anche uno zotico, una zecca succhia sangue e uno zombie”? Solo in alcuni casi si difende e rintuzza, in altri lascia correre ritenendo evidentemente superflua ogni replica. Il lavoro compiuto dall’autore appare stimabile sotto il profilo della completezza (raccoglie con qualche stizza anche i commenti non benevoli espressi su questo giornale), cosicché non ci resta che farne una sintesi e lasciare ogni giudizio a chi legge.

A come Autistico “Il giorno prima, o una settimana prima, nessuno ricorda esattamente quando, era stato venti minuti in piedi all’angolo di casa prima di decidere di attraversare. Scrutava qualcosa, racconta un vicino, ho pensato che non stesse bene poi ha mosso la testa e ho pensato: meno male, respira” (Cristina Giudici, giornalista)

B come Bifronte “Quando lo vedo non so mai se si tratta della testa o del sedere. Uno che a cinquant’anni si fa la permanente è capace di qualsiasi delitto” (Vincenzo De Luca, politico)

C come Cazzone “Casaleggio ha idee del cazzo” (Giuliano Ferrara, giornalista)

C come Coreografo Nazi “Il paragone che si può fare è con Albert Speer, l’architetto del Terzo Reich” (Giampiero Mughini, giornalista)Continue reading

ALFABETO – PIPPO CALLIPO. L’imprenditore del tonno di nuovo sotto attacco: “Sparassero pure. A costo di farmi crocifiggere, resto al mio posto”

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Undici colpi di pistola, undici proiettili di ringraziamento per il lavoro che almeno lui offre e non toglie alla Calabria. Per i contratti che onora con i lavoratori, per le retribuzioni come da tabelle di legge. Dopo dieci anni la ’Ndrangheta bussa di nuovo alla porta di Pippo Callipo, industriale del tonno, imprenditore di Pizzo Calabro. “Questa volta hanno preso di mira il resort”.

 Questa volta hanno scaricato tutto il caricatore.

Dieci anni fa spararono alle finestre dell’ufficio dove mi trovo adesso. Ma allora come ora non mollo, non lascio, non mi abbatto. Io resto in Calabria dissi. Così sarà.

Ha paura però.

È un sentimento umano la paura. Che fai, sorridi? Però so che la mia vita è qua, nella mia fabbrica, tra i miei operai.

Il tonno Callipo.

Qualità assoluta, il nostro mercato non subisce i colpi della crisi. La polizia mi ha chiesto: problemi con fornitori? Operai licenziati? I nostri fornitori non hanno ansie economiche e i lavoratori non hanno incubi. Nessun licenziamento, se potessi assumerei sempre.

Non è insopportabile questa Calabria che sa solo fare male e farsi male? Continue reading

Le “pressioni inglesi” sulla Guidi e il regalo da 280 milioni di barili

petrolioGli italiani a Viggiano, i francesi a Corleto Perticara e gli inglesi? Dove li mettiamo gli inglesi? “Solo l’ambasciata inglese ci sollecitò l’emendamento”, dice qualche giorno fa Maria Elena Boschi ai magistrati che indagano sul grande travaso di petrolio in Basilicata. “Gli inglesi stanno facendo pressione”, confida Federica Guidi, il 9 aprile del 2014, a tre parlamentari lucani: Roberto Speranza, Vincenzo Folino e Maria Antezza. Gli inglesi della Rockhopper Exploratons Plc, un colosso con il cuore nelle lontane Falkland, ha scelto mare e monti italiani. Nell’Adriatico, alle viste di Pescara, ha il progetto Ombrina, sulla terraferma ha Brindisi di Montagna (Potenza) e la località Montegrosso per coltivare quello che appare il più ricco giacimento di idrocarburi nel Mediterraneo. Almeno 280 milioni di barili. Il terzo, il più grande, il più produttivo. La tavola è imbandita e c’è da mangiare per tutti nel paesino di mille abitanti: anche Total, Shell ed Eni vantano diritti di ricerca e sfruttamento tra le località Tempa Moliano, Masseria Larocca e Serra San Bernardo.

LA BASILICATA viene consegnata al grande trust dal governo di Matteo Renzi col sorriso sulle labbra e con la penna in mano. Lo Sblocca Italia è la legge che serve alle compagnie per fare gli investimenti, e l’emendamento bloccato poi ripreso e risistemato è lo snodo finale per raccogliere una carrellata di miliardi, circa quattro, di ulteriori investimenti. È la scelta che sta al fondo della politica renziana: liberare le energie e anche le lobby. Sul campo si impegnano a dragare le risorse che servono al rilancio del Paese Massimo De Vincenti e Pier Carlo Padoan.Continue reading

La vita, la paura di Lea e quel figlio mai nato

flavia-piccinniFORSE non lo sappiamo oppure non lo ricordiamo, oppure a noi maschi la cosa ci riguarda poco. Ma l’aborto, l’interruzione volontaria della gravidanza, anche se è legge dello Stato, è praticata solo da una minoranza dei medici italiani.
Questo è un fatto, una prova, una circostanza dentro la quale si sviluppa la vita e la paura di Lea, protagonista del romanzo che Flavia Piccinni (Quel fiume è la notte, Edizioni Fandango) sembra aver scritto con tutto il suo corpo. La forza della narrazione, la densità, l’energia delle parole fanno emozionare per il sentimento che trasmettono. È il tramonto di un’esistenza e l’avvio di un’altra. La scrittura è decisa, forte nei passaggi che danno respiro al racconto.
Non sopisce mai, colpisce invece quasi in ogni pagina. Un romanziere deve cercare in ogni rigo il fiato che necessita alle proprie costruzioni, a
rendere percepibile ogni suggestione, valicabile il confine di ogni fantasia, e la Piccinni, che non è una sprovveduta, trova sempre l’angolo giusto, l’inquadratura necessaria, l’energia indispensabile per rendere una storia “la” storia.
Non è un caso che Fandango abbia voluto mandare questo suo titolo al premio Strega. Il libro ha gambe per andare avanti, e avrà tempo per essere letto e anche riletto.

da: Il Fatto Quotidiano, 6 aprile 2016

REFERENDUM TRIVELLE: FATTO IL VOTO, TROVATO L’INGANNO

Tutto torna. Scegliere il 17 aprile come data del referendum, rifiutando di abbinarlo alle amministrative di giugno, costa trecento milioni di euro agli italiani ma è un grandissimo affare per le compagnie petrolifere e anche – alla luce di quanto si sta scoprendo in Basilicata – per Matteo Renzi.

Sterilizzare il quesito referendario, boicottandone la partecipazione, è non solo l’unico saldo utile ma l’unico possibile per il premier. Al di là del quesito, che investe un tema limitato circa i modi e i tempi di utilizzo delle perforazioni petrolifere in mare, la vittoria del Sì – possibilità assai più concreta se il voto fosse stato a giugno – scardinerebbe l’ideologia governativa.

Fare, a prescindere dal come e persino da cosa. Fare opere, dare lavoro, promuovere il Pil escludendo di valutare i rischi delle opere, l’impatto numerico dei posti di lavoro, il costo sociale, ambientale e sanitario di quella iniziativa. Il petrolio è una ricchezza a volte incompatibile con l’ambiente, a volte sostenibile ma soltanto a costo di onerosi interventi di tutela delle azioni di scavo e di protezione degli scarti industriali.

In Basilicata il petrolio è invece divenuto il sol dell’avvenire, proiezione necessaria della modernità, ricchezza in sé, indefinita nei vincoli della sua relazione col territorio, anzi perfino platealmente contrapposta ad esso. Sotto lo scudo del lavoro da promuovere Renzi ha accolto tutte le richieste delle multinazionali: dalla legislazione di tipo emergenziale che bypassa o minimizza ogni rischio ambientale, alla massimizzazione delle attività industriali.

Il 65 per cento del territorio della Basilicata è oramai reso disponibile alle necessità del trust (Eni- Total-Shell). Domanda: se è chiaro in quali tasche vanno i soldi, tutto il veleno dei reflui petroliferi nella pancia di chi finisce?

Da: Il Fatto Quotidiano, 4 aprile 2016

Frutteti, acqua e veleni nella discarica d’oro del Sud

sbloccaitaliaÈ questa la grande piattaforma di cemento che mangia il mare di Taranto e progredisce verso i frutteti della Piana di Metaponto, è qui che devono trovare ospitalità le migliaia di barili di greggio di Tempa Rossa e il gas (al giorno 230 mila metri cubi). L’Ilva alle spalle, la città alla sinistra e il fumo in cielo. Anche per aiutare questa piattaforma fu ideato lo Sblocca Italia, la legge che definendo di preminente interesse nazionale e strategiche le grandi opere avoca a Roma ogni potere e decisione finale. Nel grado di preminenza non c’è alcun dubbio che l’economia del petrolio abbia avuto la meglio sulla tutela della salute pubblica. Malgrado l’azienda regionale di protezione ambientale avesse fatto conoscere il sicuro aumento del 10-12% delle emissioni nocive in una città già piegata dalle morti per tumore, la Regione Puglia dà il suo parere e ritiene l’opera compatibile con l’ambiente. È il 2011. Quando si deve pronunciare la città di Taranto, e si sa che sarà un no, arriva la norma che tapperà la bocca. Prima della legge giunge però una nomina, da parte dell’Eni. Il nuovo responsabile dei rapporti con gli enti locali si chiama Francesco Manna, avvocato e, guarda un po’, ex capo di gabinetto del presidente della Regione Nichi Vendola. È il 1° settembre 2013. Ed è la prima intersecazione tra politica e affari che il grande fiume nero dalla foce porta verso la sorgente.Continue reading

Corleto, la capitale del Texas tra appalti, assunzioni e parenti

corletoCorleto Perticara non è più un paese ma una fiamma in cielo. Arde di petrolio. Sbuca dalle vigne, dalle pietre della collina, dalle bocche delle stalle, dai suoi fianchi che guardano la valle del Sauro, in Basilicata.

Corleto si sente il centro del mondo, capitale del nuovo Texas italiano. “Non ce ne vogliano gli amici della Val d’Agri, ma il nostro primo punto programmatico è la costruzione di un centro Oli. Teniamo alla nostra identità, alla nostra storia”. Era Rosaria, insegnante per dovere ma politica per piacere, che luccicante di gioia, comiziava e prometteva ai compaesani, che per ben tre volte l’hanno voluta sindaco, il grande sogno. E oggi che si è avverato, che in località Tempa Rossa la Total sta investendo almeno un miliardo di euro per ricavarne, ma siamo alla soglia minima, almeno 50 mila barili al giorno di oro nero, lei, Rosaria Vicino, signora attempata ma ambiziosa, timorata di Dio, incrollabile nella fede, prima democristiana, poi della Margherita e infine del Pd, perché in Lucania lo scudocrociato è lo storico e permanente simbolo della virtù pubblica, è crocifissa dalle sue stesse parole, che messe insieme sembrano un manuale pratico del familismo amorale che Edward Banfield studiò pochi chilometri più a sud, a Chiaromonte.

“LA STIMA con Total resta, però mi dispiace, se dobbiamo stare a guardare noi, state a guardare anche voi”. Rosaria la ragioniera tiene il conto delle assunzioni, e le chiacchiere stanno a zero. A Total interessa perforare, trivellare e fare soldi. Alla sindaca interessa che i suoi amici vengano fatti salire sul carro del vincitore. Non sempre e non tutti. Diciamo quelli della sua parte, gli elettori bisognosi, scambisti elettivi. E forse chiuderà non uno ma tutt’e due i suoi occhietti se la fiamma salirà troppo in alto e gli oli ridiscenderanno nella terra in forma di rigagnoli velenosi. Rosaria non sa, non le interessa, è distratta sulla tutela della salute pubblica, se quelle macchine che scavano e succhiano portino in dono anche malattie, se il cielo si scurisce e l’acqua diventa torbida negli anfratti antistanti il campo base. Anzi, alla Total consiglia caldamente di assumere il figlio di una sua collega, “una persona fastidiosa” che lavora all’azienda sanitaria e “fa continuamente controlli”. “Non mi fare arrabbiare”, dice al top manager. E ci siamo capiti.Continue reading