Erri De Luca, provi a illustrare questo nostro curioso tempo.
È l’età dell’anestesia, del torpore civile, dell’in differenza.
Siamo divenuti ospiti della nostra stessa vita. Come se nulla ci riguardasse immediatamente e completamente.
Ci manca la gioventù. A questa nostra società manca la linfa vitale della giovinezza. Noi vecchi siamo in maggioranza, e chi s’avvia alla vita prende coscienza della realtà dei numeri. Sa che sarà in minoranza e si adegua.
Anestesia, astinenza, astensione.
Sì può declinare anche così. Infatti un governo che chiede l’astensione al referendum sulle trivelle invoca l’astinenza civile, inietta anestetico nelle vene della società. Perciò io credo che il 17 aprile possa essere una prova anche di adrenalina, un risarcimento a noi stessi, alle nostre capacità di ribellione e rivalsa.
Manca la voglia di lottare.
Manca lo spirito di contraddizione, che è spirito essenzialmente giovanile. La voglia di non crederti, di essere scettico per principio, per predisposizione. La mia gioventù era figlia del dopoguerra, ed era una processione di rivolte, una forza inarrestabile di azioni, di energie messe in campo, di disordine creativo. Adesso i vecchi si fanno chiamare diversamente giovani. Siamo giunti al punto della contraffazione culturale, della rivoluzione grammaticale. Ma non dispero. Questo Paese mi riguarda e io sono in campo ogni qualvolta una ragione mi pare giusta, ha dignità di essere difesa, illustrata, denunziata.
Le trivelle, il petrolio, l’oro nero.
E prima la Val Susa e in mezzo gli ulivi pugliesi. Vado dove mi porta la ragione, dove sento il bisogno di stare, la necessità di dar voce.Continue reading