Impressiona la svolta fantasy di Matteo Orfini, notoriamente legato allo stile prudente e autunnale, tardo-oviesse, del dalemismo. Ha scelto di simulare con le parole lo schema del quantative easing che Draghi realizza con l’euro, ricorrendo massicciamente al vocabolario per infittire di scenari fantastici la nuova traiettoria del suo pensiero. Gli esiti sono ancora incerti ma promettono bene. Iniziamo dall’ultima clamorosa presa di posizione. Orfini vuole indagare i servizi segreti perché gli hanno taciuto di Carminati ‘er cecato, il leader del cosiddetto mondo di mezzo, il boss del magna magna. “I servizi spieghino”, ha detto aprendo il varco al sospetto che col silenzio si sia voluta infliggere ai romani una nuova ingiustiza. Quelli che potevano, sborsando all’incirca venti euro, sono riusciti a comprare Romanzo criminale e si sono fatti per tempo un’opinione sul boss e la sua cerchia. Le fasce più povere, che non solo sono escluse dai circoli letterari ma anche dal mondo Sky, non hanno avuto neanche la possibilità di gustarsi la fiction televisiva. Hanno dovuto attendere la replica su Italia Uno. Continue reading
Da Alfano a Gabrielli, i conflitti d’interessi
È curioso che il prefetto di Roma Franco Gabrielli faccia intendere di aver bisogno di tutto il mese di luglio per leggere le carte che conosce da mesi e valutare se proporre al ministro dell’Interno lo scioglimento o meno del Consiglio comunale di Roma. Curioso e fonte presumiamo di un qualche imbarazzo il fatto che nell’inchiesta compaia un riferimento a lui in una conversazione di Luca Odevaine, l’uomo nero dello scandalo. “Me dice: senti Luca prenditi n’attimo ste carte”. Le carte riguardano il centro di soggiorno dei migranti di Mineo. “Te la senti de fa sta gara?”. Odevaine se la sente, certo che sì. Curioso anche che il ministro dell’Interno si trovi nella situazione di decidere se è vero che il Viminale, proprio il palazzo che abita, sia stato sistematicamente “condizionato”, sia stato cioè soggetto a pressioni indebite per deviare in un luogo piuttosto che in un altro il flusso degli immigrati e la massa dei soldi pubblici che li segue. E curioso che Angelino Alfano debba essere costretto a valutare anche il comportamento di Giuseppe Castiglione, suo referente siciliano, nell’appalto succulento per le cucine del campo di Mineo.Continue reading
Vicienz, festa per il Chávez di Salerno
Nella città del ‘nessuno mi può giudicare, nemmeno tu’, l’impresentabile si è presentato, l’ineleggibile è stato eletto. E ora è lì sul palco: “Non pensate che la ricreazione sia finita. Ho visto or ora un motorino posteggiato ai piedi di un semaforo. Una pazzia, una vergogna. E ricordate di consegnare nei luoghi indicati i sacchetti per la differenziata. Le telecamere di sorveglianza sono lì che vi riprendono”.
Nel centro di gravità permanente del deluchismo, la piazza antistante il municipio di Salerno, il popolo si consegna al suo Chávez per il rito del ringraziamento. Vincenzo De Luca è dichiaratamente sopra la legge, oltre la legge. Signora in estasi: “Gesù e Maria. Ma lei si rende conto che questo è un grande uomo?”. Si chiama Silvana Buzzo: “ha visto quello che ha fatto?”. De Luca dal palco: “Io non vendo parole, ma fatti”.
Ha fatto molto, forse troppo, e forse con soldi che non aveva se la Corte dei conti ha descritto la situazione contabile del comune di Salerno, il favoloso mondo della città che cambia, al limite del dissesto, con un monte di debiti fuori controllo. La signora Silvana: “Lui dice di no, che non abbiamo debiti”. De Luca dal palco: “L’unica possibilità che c’era perché la delinquenza fosse buttata fuori dalla Regione era che venissi eletto”. Sotto il palco applaude Ernesto Sica, il promotore di un dossieraggio contro Caldoro alle scorse elezioni, protagonista dello scandalo P3. La realtà oltre l’immaginabile. Salerno gongola e se ne fotte di quel che succede oltre confine.. “Vicienz è patr a me”, Continue reading
Sorpresa: i grillini (senza Grillo) sono adulti
Cambio di stagione. L’immagine è di Carlo Freccero: “Oggi paiono dei predicatori mormoni. Tipini sempre ben vestiti, puliti, sbarbati, abbastanza secchioni, piuttosto preparati sul tema che devono affrontare”.
Erano il fondale umano del partito del capo, o del comico o anche del vaffa. La schiera plaudente e generalmente muta di Beppe Grillo. Discepoli del guru, dei riccioli esoterici di Gianroberto Casaleggio, teorici delle scie chimiche, fantastici costruttori di occhi elettronici, dispensatori del bene – se avevi tutte le ricevute del ristorante bollinate – e del male, nel caso ne fossi sprovvisto. Nel volgere di qualche mese una nebbiolina ha schermato il corpo del Capo, piuttosto “stanchino”, e ha sommerso le teorie mondialiste del guru. Il blog perde colpi, il comico smarrisce le battute, le folle spariscono dalle piazze, Casaleggio non è più quello di una volta, ma i grillini, da figlioli adoranti e anche un po’ strambi, sono divenuti parlamentari rispettabili, ascoltati. Di nuovo Freccero: “Paiono più competenti degli altri, Casaleggio ha insegnato loro di studiare i dossier e intervenire quando sanno cosa dire, come controbattere. E paiono disinteressati. Dei volontari laici che dopo un certo periodo di tempo torneranno al proprio lavoro. Fanno un figurone di fronte alla genia degli ineffabili parolai da salotto televisivo. Ti sollevano dal peso di dichiararti di destra o di sinistra. Sono dei pragmatici, non insistono in alcuna speciale narrazione”.Continue reading
Clientele, ricatti e lettere sparite. Renzi e la grana delle Poste
PRIVATIZZAZIONE SEMPRE PIÙ DIFFICILE PER LE RESISTENZE DEL SINDACATO, GOVERNO OMBRA DELL’AZIENDA DI STATO
Esondano e infine scompaiono quintali di lettere al giorno. Passano, anzi trapassano tra i centri di smistamento e le mani dei postini persino le raccomandate. E le ingiunzioni di pagamento di Equitalia? “Ora paghiamo penali per 77 consegne su 100”. Sono le stime entusiastiche della Cisl, il sindacato storico di governo – attualmente all’opposizione – di Poste Italiane, impegnata nell’ultimo furioso corpo a corpo con Francesco Caio, l’amministratore delegato dal quale Matteo Renzi attende con crescente inquietudine per l’autunno dieci miliardi di euro, frutto di una idea di privatizzazione che si fa sempre più incerta, problematica in questa babilonia.
La falange interna controlla metà dei lavoratori
Esondano dal silenzio tombale anche voci di un’ampia depravazione etica conosciuta ma non fino a questi orizzonti, di clientele sparse, assunzioni pilotate, attenzioni sessuali, persino dazioni di danaro come corrispettivo adeguato alla spintarella. “La stagione dei prenditori, dei consulenti e delle tangenti non mi riguarda. Chieda altrove”, dice Mario Petitto, l’uomo macchina, il capo in testa del sindacato Salp, federato alla Cisl, ma costruito come falange interna. Il sindacato omnibus che tessera la metà dei postali e detiene il pacchetto di maggioranza nei vertici aziendali. Petitto non è più segretario, ma Annamaria Furlan, la leader della Cisl (anch’ella è stata dipendente delle Poste) non ha la forza per contenerne l’influenza. “Già Bonanni ci fece dei danni. Speriamo che la Furlan non prosegua nella linea e sappia che noi teniamo alla nostra autonomia”. Continue reading
Matera capitale? Così la Cultura chiude il teatro
La città lucana si prepara alle iniziative per l’anno europeo 2019, ma sull’unico palco cala il sipario (e tra poco si vota)
La paga del giudice: “Me lo merito un Rolex? Mi piace”
ANTONIO LOLLO, DEL TRIBUNALE FALLIMENTARE DI LATINA, ARRESTATO SETTIMANE FA CON MOGLIE E SUOCERA CONFIDA NELLE INTERCETTAZIONI LA SUA PASSIONE PER GLI OROLOGI
Me lo merito un Rolex?”. Ancora: “Vado a vedere un po’ di Rolex per Antonia”. E tre: “Vuoi prendere il Daytona?” E quattro: “Ma un orologio, ti prego, prendilo tu”. E cinque: “Un Nautilus mi piace molto di più”. E sei: “Mamma mia che bello, segna le fasi lunari, il quadrante è blu, vero? Sono eccitato”. E sette: “Mi scoccia darle il Royal Oak (un Piguet ndr)”.
L’amministratore delegato di Rolex non si affligga, ma il migliore testimonial della portabilità, dell’eccellenza e della qualità dell’investimento da polso si chiama Antonio Lollo, 46 anni, nato e residente a Latina, capelli lunghi, dall’aspetto ambivalente: preso da destra assomiglia al cantante Gianluca Grignani, solo un po’ più pienotto, da sinistra è goccia d’acqua di Marzullo, ma meno crepuscolare. Sportivo e perennemente coperto da una selezione di aromi profumati, scia chimica che avanzava prima di lui e segnava il suo passo.
“Qui abbiamo mosso un milione”
L’apparenza inganna però. Il dottor Lollo fino al 22 marzo scorso è stato giudice della sezione fallimentare del Tribunale di Latina. Uomo di diritto ma, come vedremo, soprattutto di rovescio. “Qua abbiamo mosso un milione di euro, tra un cazzo e un altro”. Tra un orologio e un altro, un braccialetto e un altro, un viaggetto e un altro, un fallimento e un altro, Lollo e il suo complice, il commercialista Marco Viola, hanno raccolto un po’ di quattrini. E hanno bisogno di spenderli: “A me frega solo dei soldi, e mia moglie è della partita. Non mi sento affatto sporco”. Le cronache nazionali si sono occupate con superbia di questo straordinario scandalo dell’agro pontino, concedendogli pochi onori. Invece hanno sbagliato. Nell’agro pontino il caso fatto giustamente registrare colonne umane alle edicole: “Abbiamo fatto un balzo nelle vendite”, comunica entusiasta il direttore di Latina Oggi.Continue reading
Mick Emiliano, riciclatore per la vittoria
Non sono soltanto questioni etiche, c’è anche l’estetica a far ritenere che Michele Emiliano abbia oltrepassato la soglia del non ritorno. Le sue liste all inclusive hanno incolonnato le più screanzate facce del centrodestra, fornendo al mercato della politica “che cambia” i protagonisti della conservazione, nella logica che De Gaulle illustrò con una frase illuminante: “Il potere non si conquista. Si arraffa”. “Sarò il domatore di questi qua e userò il frustino se sgarreranno”, garantisce il governatore in pectore e segretario regionale del Pd. Il circo di Puglia è pieno di trapezisti, saltatori all’insù, eccellenze nel movimento carpiato. Forza Italia svuota l’arsenale umano e l’Udc, un rassemblement di devoti nella virtù della famiglia, fornisce braccia e numeri di telefono. Ma lui, Emiliano il domatore, non si spaventa. “Quelli che si oppongono alla mia giunta sono tutti al suo fianco”, dice Paola Natalicchio, sindaco di sinistra di Molfetta, stordita dal fatto che i protagonisti della stagione più torbida della città che lei ha espugnato con un progetto fondato sulla pulizia e sul rinnovamento oggi festeggino all’idea che Michele, il suo candidato naturale, divenga governatore. Non c’è discussione e non c’è da temere: Emiliano stravincerà. Un sol boccone farà del centrodestra, oggi squinternato e piegato nella guerra che Raffaele Fitto ha ingaggiato con Silvio Berlusconi. E non c’è da discutere anche sulla moralità del protagonista di questa campagna elettorale al rovescio: Emiliano è onesto. Ed ha dato prova di essere un buon amministratore. Natalicchio usa la memoria per analizzare il tempo che fu: “Non posso dimenticare che qui a Molfetta lui, al tempo in cui era magistrato, ci mandò gli elicotteri della polizia per sgominare le bande criminali. E non dimentico che ha buttato giù, da sindaco di Bari, la vergogna di Punta Perotti, ha restituito il Petruzzelli alla città, ha realizzato un sistema di trasporto in ferro. Non lo dimentico perciò mi angoscio. Lo voterò, certo, ma ho paura di allestire un palco in piazza. Perché con lui rischio di trovarmi alla tribuna coloro che ritengo i più grandi nemici della mia città”. Emiliano ha invece preso per mano, anzi stretto la mano a Francesco Spina, che qualche mese fa è stato eletto dal centrodestra a presidente della Bat, una provincia nata morta che raccoglie le città di Bari, Andria e Trani.
Sette ripetizioni a Matteo sulla difficile arte di insegnare
Saliamo a turno sulla scaletta e facciamo in modo che Matteo Renzi ci senta, dice Agnese, professoressa di Storia dell’arte ad Ascoli Piceno. “Mi chiamo come sua moglie, quindi prendo la parola per prima”. Sorridono gli altri sei prof, in tutto 4 donne e 3 uomini, che arrivano ai lati di Palazzo Chigi con l’intento di realizzare un Hyde Park. Saranno 7 piccole lezioni di base, brevi rudimenti ad alta voce di scuola, insegnamento e comportamento al presidente del Consiglio.
AGNESE “Iniziamo dalla cattedra. Intanto non è vero che tutte le scuole abbiano la cattedra. In quelle più sfasciate c’è un banchetto da scolaro che segna il posto del docente. Dà l’idea di come la reputazione sociale di chi insegna sia degradata. Caro Matteo, il luogo comune più becero, qualunquista e falso che ci sia è dire che noi lavoriamo 18 ore alla settimana. Abbiamo un giornalista che prende appunti. Scusi, lei (la voce verso di me, nrd) è pagato per la quantità di tempo in cui scrive un articolo? Mettiamo che lei componga questo articolo in 2 ore, sarebbe corretto se le dicessero che la sua giornata di lavoro si riduce a 2 ore?”.Continue reading
Voglia di manganello. I picchiatori in doppiopetto si sfogano tutti su Twitter
Nel conteggio dei black bloc sono sfuggiti alla polizia i volti di alcuni tipetti in giacca e cravatta che hanno dato prova di quel che vorrebbero fare – o saprebbero persino fare – se avessero tra le mani un manganello.
Paolo Romani, che il mistero insondabile della vita ha condotto in Parlamento e persino al governo di non molto tempo fa e oggi è uno dei nostri padri costituenti (sic!), ha scotennato il suo linguaggio, tradizionalmente devoto, prudente, lezioso, omaggiante: “Mandateli dai macellai dell’Isis… Pestate questi bastardi”.
ROMANI NON ERA AL SENATO a illustrare il suo programma di governo ma elegantemente su Twitter, arena pubblica dove le contumelie valgono il doppio, e infatti ha fatto un figurone.
Prima di proporlo come ministro dell’Interno e seviziatore ad honorem, resta una domanda: era vero il primo Romani, il curato brianzolo di Silvio Berlusconi, o quest’altro in versione black?Continue reading