Alfabeto – Serge Latouche: Sviluppo sostenibile, l’alibi perfetto della globalizzazione

La fama del professor Serge Latouche è inchiodata al concetto di “decrescita felice”. Due parole per un sogno. Anche a Ripe San Ginesio, sulle colline marchigiane, una tappa dei frequenti tour italiani in cui il fascinoso bretone, filosofo dell’economia, illustra le opere e le omissioni del capitalismo avanzato, c’è ressa per capire in quale diavolo di guaio noi occidentali ci siamo cacciati.
serge_latoucheProfessore, vorranno sapere come si fa a divenire più piccoli, più poveri ma più felici.

La decrescita è uno slogan non una ricetta economica. È uno slogan fortunato, perché corrisponde a un’esigenza sentita, collettiva, perché riflette un’angoscia che si fa ricorrente: questo mondo non soltanto non ci piace più, ma non riusciamo a sopportarlo più.

Sembra poesia più che economia

Può darsi. Posso dire che la crescita, questa parola che rende così eccitati fior di miei colleghi economisti e banchieri e finanzieri e capi di Stato e di governo, è un termine rubato alla biologia. Il seme cresce e si trasforma in albero. Un neonato cresce, diviene bimbetto e poi uomo. C’è la morte che ci attende. Invece in economia la crescita tecnicamente ha un orizzonte infinito: si cresce, si cresce, si cresce ancora.

La pancia della rana che alla fine scoppia…

Per venire qui da Roma l’auto che mi ha condotto ha impiegato del tempo e una risorsa: il petrolio. Avremo consumato almeno 30 litri, giusto?Continue reading

Rosario Crocetta: “Ho sbagliato a fare outing, non mi salva dal vostro gossip”

I suoi occhi non mi piacciono. Simulano sincerità ma sanno di cattiveria”.

Presidente Crocetta, i miei occhi la guardano senza pregiudizio e senza cattiveria.

Invece no, di lei non mi fido. E devo chiederle, ora che ci siamo, il motivo per cui il vostro direttore Marco Travaglio continua a darmi del parruccone. Mi stimava qualche tempo fa, ora non più. Forse per via dei miei capelli?

Effettivamente sono neri come la pece.

Vuole toccarli? Vuole una ciocca? Vuole analizzarli? Non sono tinti, il mio corpo è questo, e la mia testa è questa. Sa qual è la più grande cazzata che ho fatto?

rosario_crocettaUn uomo di potere si trova a commettere degli errori anche a sua insaputa.

Sono uomo di governo, non di potere, prego. E mi fa specie che anche lei non lo riconosca.

La più memorabile cazzata che ha fatto?

Aver reso nota la mia omosessualità. Pensavo che la verità mi ponesse al riparo dal gossip, mi evitasse di correre dietro ai pruriti, alle velate e ipocrite suggestioni con le quali voi giornalisti tracciate la realtà. Ho sbagliato e grandemente.

Perché ora è colto dal dubbio?

Anzitutto le ricordo la lode al dubbio di Brecht (“Tu che guidi perché hai dubbi eccetera…”). Perché? Perché l’outing non è servito a niente. Perché in un mondo di omofobi l’omosessuale è concepito come un tipino frivolo che pensa sempre al sesso. Un inconsistente.

È una immagine purtroppo ricorrente.

L’idea che l’omosessuale non faccia altro gesto che puntare alla cerniera dell’altro. Secondo le cronache o le voci io starei passando da un letto all’altro, sarei divenuto amante di questo e di quell’altro. Siete prevenuti e omofobi. Forse spinti da pulsioni inconfessabili.Continue reading

Il Grand Tour. Il paradiso delle bufale e le villette pastello dei rom

Da Paestum a Cosenza Tra il Cilento e il Pollino, viaggio sulla Salerno-Reggio Calabria (che è il solito colabrodo)

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Non potevano scegliersi posto migliore. Le bufale di Antonio Palmieri si sono sistemate a pochi passi dal tempio di Cerere. Nella vita bisogna essere fortunati e loro hanno fatto bingo. Non bastassero le meraviglie di Paestum a sollevare il morale animale ci pensa il proprietario che ha affidato le sue fortune a loro. “Se la bufala è tranquilla e sta bene, vive in pace, si sente accudita, il suo latte sarà più prelibato e le mozzarelle saranno più gustose. Io punto al top, quindi per proprietà transitiva sostengo una vita al top per i miei cari animali”.

Le bufale del signor Palmieri si fanno la doccia ogni volta che lo desiderano, quando hanno bisogno chiedono e ottengono un delicato massaggio. Se hanno sonno dei materassini ad acqua le accolgono, se sono incinte godono di un periodo di aspettativa e sono escluse dai turni di mungitura. “Le bufale sono intelligenti e soprattutto amano la pulizia. L’idea che a loro piaccia ruzzolare nel fango è una vera bufala. Fagli fare una doccia e vedi come sono contente”. Palmieri, che ha la fortuna di possedere un marchio di altissimo pregio, ha scelto la via dell’autogestione animale. “Gli svedesi non volevano vendermi il sistema computerizzato che consente un regime di controllata autonomia. Mi dicevano che non erano intelligenti come le vacche. Invece li ho smentiti”. Un chip tenuto al collare agevola l’animale nei fabbisogni quotidiani. Apre e chiude cancelli, le accompagna lungo i sentieri predefiniti di una stalla 2.0 come questa.Continue reading

L’asineria del legislatore: tutti somari per decreto

Siamo giunti al punto in cui lo Stato denigra se stesso, indica i concittadini difettosi, in questo caso i concittadini ignoranti, assegnandogli un minus, una riduzione di qualità oggettiva. Siamo giunti agli asini per decreto. Dove è il valore del merito in questa incancellabile assurdità? La valutazione del candidato al concorso in un ufficio pubblico dev’essere oggetto del risultato di una indagine che ne accerti la competenza per quella prova. L’indagine si chiama esame e infatti i concorsi, almeno in teoria, si dicono concorsi ad esami. Che io sia nato a Napoli o a Cantù, sia figlio di filosofo o di sfasciacarrozze, non rileva nulla. Né, tanto più, deve rilevare che abbia studiato alla Federico II o al Politecnico di Torino. L’oggetto dell’esame sono, o dovrebbero essere, unicamente le capacità dell’esaminato a svolgere l’ufficio per cui è indetta la selezione. Ho dato prova di essere eccellente o mediocre? La selezione viene nel merito delle mie conoscenze. Come diavolo si può pensare che io sia più o meno bravo in ragione non, si badi, del punteggio di laurea conseguito e delle prove d’esame superate, ma della scelta dell’ateneo effettuata da ragazzo? In questo caso, volendo puntare all’incredibile, bisognerebbe che il ministero dell’Università indicasse quelle buone e quelle cattive con la doverosa obbligatoria avvertenza per gli studenti: quella fa schifo e te ne pentirai.

Qui siamo, senza neanche renderci conto dell’assurdità, alla selezione preventiva della selezione preventiva, alla natura funzionale dell’incapacità, all’identità geografica dell’ignoranza. Siamo al somaro elettivo, alla scelta per territorio degli adeguati e degli sfaticati.

QUI PERÒ casca l’asino. Perché l’emendamento approvato induce a un interrogativo pregiudiziale che attiene, purtroppo, all’asineria del legislatore. In Parlamento siedono, e prove inconfutabili ci sono, esimi somari eletti a furor di popolo, alcuni di essi di indubitabile efferatezza. Ma, come abbiamo visto con il caso De Luca, la volontà popolare fa premio sulla legge, e dunque potrà capitare che al miglior asino eletto venga conferita la cattedra di ministro degli eccellenti. Ed Egli, asino istituzionale, nelle proprie inderogabili funzioni, indicherà la commissione valutatrice del l’asineria altrui. Ah, dite che già avviene?

da Il Fatto Quotidiano, 4 luglio 2015

È una candid camera (per nulla incredibile)

In un mondo di pataccari anche la fregnaccia più insostenibile risulta possibile. Siamo così abituati alle fregature che la redazione di ‘Nemico Pubblico’, programma serale di Rai 3 (un programma comico, dunque decisamente serio) deve industriarsi per confezionarle, grazie alla candid camera, nel loro risvolto più estremo e truce. giorgio_montaniniTre sere fa gli amici televisivi guidati da Giorgio Montanini (nella foto) si sono superati. Hanno convocato la cittadinanza di Tarquinia e Monteromano, la nobiltà della Tuscia, in un teatro per illustrare, sotto le mentite spoglie di rappresentanti di una multinazionale che traffica con i rifiuti, (e si sa che la monnezza è un affarone), il progetto di riempire di ecoballe i due centri. Praticamente affogarli nella merda. Un diluvio inenarrabile di porcherie, come l’allargamento delle antiche porte d’ingresso per il transito dei camion e la trasformazione del campo di calcio in un mega parcheggio. “Signori, la grande discarica di Malagrotta, alle porte di Roma, è satura. Qui c’è la opportunità, che come sapete significa un fiume di denaro!”, ha comunicato il falso amministratore delegato nella veste di imbonitore. Lo scempio era così teatrale e insopportabile che, se fossimo in un Paese normale, neanche sarebbe stata immaginabile la messinscena. E invece la sala ha preso tutto sul serio e iniziato a rumoreggiare, i sindaci dei due comuni hanno protestato per non essere stati messi al corrente di quell’opera contro la quale si sarebbero battuti fino alla morte. “Voi volete che facciamo la fine di Civitavecchia con la centrale a carbone”, ha gridato un ragazzo, incazzatissimo. Signora impaurita: “Ma è uno scempio!”. Rappresentante degli artigiani: “Non avete neanche la valutazione di impatto ambientale!”. Nessuno ha pensato alla farsa, purtroppo.

Da Il Fatto Quotidiano, 1° luglio 2015

Giovanni Sartori: “Obama è un incapace, il Papa un furbo e Renzi un furbetto”

Ho solo quattro peli sulla lingua. Se lei riuscirà a schivarli ci divertiremo”. Giovanni Sartori ha superato una guerra mondiale, il ’68 e tre polmoniti virali. È il più brillante politologo italiano, il più attrezzato nell’uso della parola come falce espressiva, il più disinibito nel piacere con cui aggroviglia e riduce a cenere i protagonisti del nostro tempo, al di qua e al di là delle Ande. L’incontro domenicale è nella sua casa romana: “Come mi trova? Un po’rincoglionito, vero? Guardi il bastone, purtroppo ora mi serve. Guardi il medaglione messicano che mi hanno affibbiato. Con i messicani vado proprio d’accordo. E guardi questo dono del principe delle Asturie, non male eh?”.

sartoriLa trovo in forma.

Le polmoniti, tre di seguito, mi stavano accoppando e lei mi trova in forma. Bel pezzo di bugiardo.

Le rispondo con una sua fantastica espressione: siamo dei bipedi implumi. Adulatori impenitenti.

L’ho usata in questo ultimo libro. Gli uomini sono animali strani. Due piedi e senza piume. Questo libro avrei voluto titolarlo La corsa verso lo sfascio. Poi mi hanno convinto a cambiarlo (La corsa verso il nulla. Dieci lezioni sulla nostra civiltà in pericolo, Mondadori). L’editore mi aveva invitato a non pubblicarlo d’estate. Dice che in estate gli italiani leggono solo cose leggere. Gli ho risposto che allora era giunto il momento per me di provare il brivido di restare invenduto.

Siamo ignoranti.

Spesso ignorantissimi. Non è un’esclusiva italiana, però. Prenda Obama. Frequentava alla Columbia il corso di laurea dove insegnavo. Ma non l’ho mai visto alle mie lezioni. Le sembra uno capace?

Non conosceva il professor Sartori. Avrà pensato di aggirare i corsi apparentemente infruttuosi.

Ma io avevo due corsi importantissimi per lui! Uno sulla teoria della democrazia, l’altro su metodo, logica e linguaggio in politica. Tu vuoi fare politica e non segui questi corsi? Gli interessava solo di essere eletto. Personaggio da quattro soldi.Continue reading

Cartoline dall’inferno. Castel Volturno è in posa

L’INIZIATIVA. Un’associazione locale ha prodotto una serie di immagini con le oscenità del paese: case abbandonate, prostituzione, lavoro nero. Il tutto vissuto con allegria, disincanto e provocazione.

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La carcassa di un cane, bombole del gas adagiate sul dorso e immerse per metà tra la sabbia. Gomme d’auto, sportelli d’auto, una marmitta, tre tubi di scappamento, forse quello invece è un pistone. Un mucchio di scheletri di ombrelli, un ombrellone da mare rotto, un gabbiano vivo, un cancello arrugginito, fogli di giornale, kleenex usati per le necessità del corpo. Cartoline dall’inferno. Siamo alla confluenza del male, ai confini della civiltà, della legge, della decenza. Sulla spiaggia che si trova a metà tra la Pontina e il Vesuvio. È il destino che ha avuto Castel Volturno, trent’anni fa luogo di villeggiatura della media borghesia napoletana e oggi set di Gomorra, in senso proprio e figurato. Castel Volturno ha dodici chilometri di pineta che si affacciano sul Tirreno, il più ricco polmone verde della Campania del nord, quindicimila immigrati d’Africa non censiti, il 70 per cento dei tributi evasi. Il mare è sporco, il comune è in dissesto, la magistratura si è arresa, la malavita ha issato il pennone. Si spaccia droga e carne umana in questo punto geografico dove lo Stato ha perso l’onore, la legge il rispetto, la dignità una prova di esistenza.Continue reading

Il premier dell’ignavia e la ricerca del consenso

Ora siamo al detersivo acquistato con i soldi pubblici, alla tv trafugata, ai biglietti gratta & vinci per tentare la fortuna, ammesso che sedere nel consiglio regionale per quella gente non sia di per sé già una enorme ed esorbitante fortuna.

Tutto è dannatamente uguale a sempre, anzi questo finale di stagione di Rimborsopoli in versione calabrese, il trafugamento degli spiccioli dopo aver svuotato ogni cassaforte, ci dice due cose. La prima è che le Regioni sono divenute l’ambito ideale di ogni furfanteria, anzi la scuola di formazione per classi politiche inette e incompetenti. La seconda è che questa classe politica è irredimibile e il partito che nel Parlamento detiene la maggioranza dei consensi, cioè il Pd, è divenuto un canale di smistamento, un ponte verso la liceità dell’arraffa arraffa.

Cosa ne sa Renzi del Pd calabrese? Nulla naturalmente. Lui non c’entra, non sa. E ora che sa fa come sempre ha fatto: una bella dichiarazione pubblica, fuori i ladri. Non sapeva di Roma, non sapeva del Mose, non sapeva dei traffici milionari sull’Expo.

A ben vedere Matteo Renzi è il premier dell’ignavia. Non sapeva come si formavano le liste dei candidati, non conosceva il calibro dei personaggi coinvolti in giunta, non era interessato a scoprire il traffico delle clientele. A lui più della buona politica interessa il consenso e in quanto a voti anche in Calabria, nella tornata elettorale delle Europee che ora sembra lontanissima, aveva mietuto successi clamorosi.

Dire che il presidente della giunta Mario Oliverio dovrebbe immediatamente dimettersi sembra anche poco. E aggiungere che l’Ncd è divenuto oramai il recapito usuale degli avvisi di garanzia e degli ordini di arresto è ancora un’ovvietà.

Tutto è così perfettamente indecente. Dunque normale.

da: Il Fatto Quotidiano, 27 giugno 2015