Alfabeto – FRANCESCO NOBILE. Hegel e la Porsche: il nostro futuro ha bisogno del tedesco

francesco_nobileRiassumendo: il tedesco aiuta l’anima a stare in forma e anche un po’ il portafogli a rimanere in sesto.

Il tedesco è una lingua scientifica che misura la sua qualità nei dettagli, nella precisione con cui annota ogni singola ombra della realtà. C’è un motivo perché i maggiori filosofi siano espressione della cultura germanica. E la sua disponibilità a scovare le virgole della vita agevola le interazioni sul luogo di lavoro. Penso che chi ha avuto la fortuna a scuola di studiare il latino non debba farsi sfuggire l’opportunità di proseguire col tedesco.

Francesco Nobile non è letterato ma un emigrato. A sedici partì dal Salento e andò in Baviera. Ha fatto il lavapiatti, poi è salito di grado facendo prima l’aiutante operaio, poi il falegname.

Grazie a due corsi di formazione pubblici ho ottenuto prima il diploma di perito meccanico alla scuola serale e poi un prestito d’onore per seguire il corso di laurea in Ingegneria.

Oggi lei è amministratore delegato del Nardò Technical Center, le piste di prova della Porsche.

Abbiamo 75 chilometri di piste, un anello circolare unico al mondo perché permette – nonostante il perfetto tondo – di mantenere intatta e costante la velocità. Nardò, in Puglia, è uno dei due maggiori centri del sud Europa in cui le auto di alta gamma possano fare test di prova di particolare difficoltà. I nostri clienti sono Ferrari, Mercedes, Audi, Land Rover e naturalmente Porsche.

Un gran bel risultato.

Un enorme orgoglio per chi come me è salentino. A 16 anni sono partito, a sessant’anni sono ritornato nella mia terra dirigendo un’azienda che è un’eccellenza, in un gruppo multinazionale.

Però…

Ecco il però: abbiamo difficoltà a selezionare ingegneri meccanici che conoscano il tedesco. Apprendo con stupore che nessuna università italiana immagina come essenziale questa lingua che rappresenta il bacino lavorativo più denso di opportunità. Il Politecnico di Torino non ce l’ha come lingua curriculare, e nemmeno Milano.Continue reading

Il Gran Tour: D’Annunzio, gli hacker e i veleni di Falconara

Da Pescara alle Marche La città del Vate tra modernità e conti in rosso, poi si risale verso banche collassate e fumi cancerogeni

grantour_11Hacker di tutto il mondo, unitevi! Bisogna giungere nella città di Gabriele D’Annunzio per scoprire che l’hacker è un buono e non un cattivo. Che non scassa i segreti nei nostri computer ma li aggiusta, che non rovina la reputazione altrui ma la difende. Che il fraintendimento nel quale questa parola è finita è causato dall’ignoranza di chi, come noi, non è nativo digitale e scambia gli smanettoni per criminali. Siamo dei cliccatori alle vongole, navighiamo senza bussola e quelle poche cose che conosciamo della rete sono per lo più dei luoghi comuni. Pescara è la patria degli hacker che sono, se possiamo dire, sindacalizzati. Lucia Zappacosta, 35 anni, si occupa di innovazione tecnologica per i beni culturali e presiede la Metro Olografix, associazione culturale che ogni quattro anni organizza un campeggio europeo degli smanettoni. L’associazione supporta l’etica hacker. “La filosofia hacker è curiosità, ingegno, voglia di risolvere problemi apparentemente insormontabili con soluzioni atipiche. Il che non si traduce solo in un’attenzione per la sicurezza informatica, ma anche nell’approccio pionieristico alle nuove tecnologie”.

Dal Bengodi ai fichi secchi

Dare del criminale a chi non lo è significa, all’opposto, far passare lo scassinatore per una persona perbene. Perciò Pescara merita una tappa. È l’avamposto del futuro, della modernità, una Expo universale del virtuale. Il futuro è dentro Pescara, ma il passato, purtroppo anche. Il passato di un municipio con i conti sballati, sul limite del fallimento. La città è grassa come quelle donne di Botero, ma anni di finanza allegra, trucchi contabili, spese folli, l’hanno condotta alla povertà. “Prima che arrivassi io – racconta l’assessore alla Cultura Giovanni Di Iacovo – si spendeva quasi mezzo milione di euro per eventi legati, diciamo così, agli spettacoli e alle attività culturali. Ora il mio budget è di 2500 euro. Fichi secchi, per intenderci”.

Lasciata la città hackerata e dalle mani bucate piego verso il quadrante geografico della resistenza al nuovismo, alla modernità che consuma soldi e brucia il tempo. Appena superato l’Abruzzo le colline marchigiane indicano il distretto dell’oculatezza, i luoghi dove l’orologio scorre più lentamente per scelta e per principio di vita. Le colline della provincia di Macerata sono segnate da borghi piccoli e fragili. Ripe San Ginesio è la capitale della brigata d’opposizione alla modernità compulsiva e anche un po’ cafona. Da cinque anni chiama i principi del pensiero minoritario, i cultori della vita lenta, del passo sicuro, della spesa essenziale, dell’economia autogestita, più povera ma più felice. Sono avamposti di resistenza, luoghi dove i dissidenti metropolitani possono trovare refrigerio. Terza età, terzo mondo, terza via. I cultori dell’alternativa a questo e a quello.

I marchigiani sono laboriosi e silenziosi. Quasi mai si danno da fare per comparire al telegiornale: nessun giallo di rilievo, nessun omicidio di livello. Non fanno caciara, protestano solo se è davvero troppo. Si danno da fare per conto loro, e i loro guai tendono a non dirli in giro.

Per esempio quelli della Banca Marche. Nella hit parade dei malandrini figurano i dirigenti di questo istituto di credito che ha prodotto “il maggior disastro dopo i casi Sindona e Calvi”. Lo scrivono, e non ridete, gli avvocati degli amministratori della banca che ora chiedono ai loro vecchi soci e dirigenti la restituzione di 280 milioni di euro oggetto di 73 pratiche di finanziamento irregolari. Soldi concessi a chi non poteva riceverli in un sistema di collusioni e connivenze, frutto di “un a pluralità di violazioni commesse e in un crescendo di irregolarità nonostante la censura e le sanzioni comminate dalla Banca d’Italia per ben due volte, nel 2006 e nel 2008”. Ecco, anche il marchigiano insozza, ruba e collude ma con un certo flair play. A proposito di veleni, pure le Marche hanno la loro piccola Ilva. Falconara Marittima, periferia urbana di Ancona, è cugina minore di Taranto. Ospita le raffinerie Api dentro un perimetro di attività industriali e trasportistiche con le quali è perennemente costretta a fare i conti.

“La città è un incubatore di malattie degenerative”

Alessia Sangiorgi, ingegnere quarantenne, una vita da sportiva, si è trovata da un giorno all’altro in ospedale: linfoma di Hodgkin. “Quando me l’hanno detto ho ripercorso tutti i miei passi, ricostruito la mia vita, verificato se nella mia famiglia ci fossero stati altri casi. Niente. Però ho scoperto che io non sono l’unica ammalata di cancro di Falconara, e anzi la mia città è un incubatore di malattie degenerative. Prima dell’ingresso in ospedale non avevo mai pensato all’aria che respiravo, non avevo mai avuto interesse di quel che denunciava il comitato di cittadini che da anni protesta contro la puzza che avvolge questa città, i valori sballati dell’aria, le morti superiori alla media, le affezioni respiratorie fuori controllo. Mai ci ho fatto caso. La puzza c’era ma non la sentivo, non era un mio problema. Le nuvole di fumo in cielo le vedevo anch’io ma senza incuriosirmi troppo. La raffineria era parte del ritratto urbano, come l’aeroporto, l’ex Montedeson, le altre industrie. Pensavo a me, alla mia vita, alla mia dieta salutista, alla quotidiana pratica sportiva. Il resto non era affar mio…”.

Pochi chilometri a nord e la puzza scompare. Anzi in località Trecastelli, appena dietro Senigallia, si raggiunge la città della luce. Sono i discepoli del reiki, pratica insieme spirituale e terapeutica, sistema orientale per raccogliere nel corpo l’energia benigna che la natura libera. Vivono insieme, cassa comune, ma niente ascetismo. La vita è gioia e anche piacere. Umberto Carmignani, il fondatore cinquantunenne, si ispira ai filosofi della repubblica di Platone ma non tralascia uno sguardo ai conti. Facce sorridenti, volti appagati. Tante ragazze e ragazzi, qualche nonna, alcune famiglie allargate. Tutti insieme felicemente e oculatamente. Tanti corsi e prodotti, promozioni, offerte all inclusive per il raggiungimento della felicità o più modestamente un week end a trazione spiritualista. Una grande casa vacanze, moderno outlet dell’anima con vasta gamma di offerta: cucina bio e corsi di ginnastica ayurvedica, astrologia archetipica, psicologia olistica e costellazioni familiari.

Da Il Fatto Quotidiano, 2 agosto 2015

Alfabeto – GIANFRANCO VIESTI. Sfatiamo i falsi miti: si spende al Sud per arricchire il Nord

Il luogo comune è la forma primitiva della diceria. Nell’uso intensivo da talk show si trasforma in tesi assoluta, pensiero dominante ma indimostrato. Gianfranco Viesti tenta in solitario una battaglia contro i sillogismi banali, i tic linguistici da terza elementare, la fesseria grandiosa resa teorema profondo. È una battaglia persa perché Viesti, che insegna economia a Bari, documenta come i soldi mandati al Sud arricchiscano il Nord e non viceversa. Come l’assistenzialismo sia una specialità ligure, la mungitura della mucca statale una condizione permanente del laborioso popolo altoatesino.

viestiProfessore, inizio io con la prima parola magica. La locomotiva. Il Nord è la locomotiva d’Italia.

Bufala al cubo. Per locomotiva s’intende un paese che produce e un altro che arranca. Uno che tira e un altro che viene tirato. Il Nord che lavora e il Sud che si perde nell’assistenzialismo. Se gli investimenti si catalizzano al Nord, solo quella fetta di territorio godrà del benessere.

E perché?

Perché il Nord è una regione da un punto di vista economico largamente autosufficiente. Se costruisco un ponte al nord lì troverò le materie prime, lì la grande ditta appaltatrice, lì la forza lavoro. Per ogni 100 euro spesi al Nord meno di 5 arrivano al Sud. Al contrario ogni 100 euro di investimenti nel Mezzogiorno producono vantaggi finanziari per il Settentrione pari a 40 euro. È banale sottolinearlo: un’economia debole ha bisogno del know how del dirimpettaio più forte.

Il Nord si fa ricco anche con i soldi spesi al Sud.

Altro che! Per guardare fuori dall’Italia: i guai della Germania sono iniziati quando la Spagna ha smesso di crescere. Lo sviluppo spagnolo era benzina nel motore industriale tedesco. La crescita dei Paesi emergenti aiuta essenzialmente l’economia dei Paesi forti. È la tesi su cui si fonda l’Unione europea: la crescita dell’uno agevola la crescita dell’altro. Il debole che conquista posizione non erode la forza di chi sta più in alto in classifica.Continue reading

Il Gran Tour: Magna Grecia, Texas d’Italia: splendori a rischio petrolio

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Dalla Basilicata alla Puglia al Molise. Lungo le coste e i monti minacciati da trivellazioni e pale eoliche volute dallo “Sblocca Italia”

Policoro, nel breve tratto di mare concesso ai lucani, un affaccio sullo Jonio tra Metaponto e Taranto, sancisce l’uscita dall’inferno della statale 106. È la strada italiana con il più alto rapporto di incidenti, di vittime, di indagini giudiziarie e anche di descrizioni letterarie. Cinge da est la Calabria e s’intruppa attraverso le case che dai monti sono scivolate fino al mare. È una strada eventuale, con deviazioni improvvise, stop eccentrici, perforazioni visive lungo le cementificazioni costiere che hanno aggredito un mare memorabile, un’acqua cristallina, con punte panoramiche mozzafiato. La strada, che inizia appena salutata Reggio Calabria, sbuca nella piana di Metaponto a cui i greci vollero un gran bene ma gli italiani no. Il governo ha infatti deciso di pompare petrolio nell’acqua, trivellarla per raccogliere l’oro nero. Pompare in mare è divenuta un’esigenza inderogabile, un’opera strategica a cui una legge del renzismo più spinto, detta “Sblocca Italia”, toglie alle comunità locali ogni diritto di censura.Continue reading

Alfabeto – Pierluigi Cappello. Il terremoto in Friuli non colpì solo gli edifici. Da allora il Nordest ha iniziato la sua metamorfosi

pierluigi cappelloCi sono guerre che mietono morti senza bisogno di fucili, necessità costruite sulla suggestione, soldi infiltrati nelle anime come bustine di eroina in vena. Tra i molti dopoguerra conosciuti quello che segue un grande terremoto è il meno indagato.

Siamo andati a bussare alla porta di Pierluigi Cappello per saperne di più. Lui costruisce, modella, seziona, riduce, allunga. È tra i più ingegnosi poeti italiani. È il pluripremiato artigiano della parola – tronca oppure distesa come lucertola al sole, scivolosa o anche cruda, gentile e persino generosa – e vive a Cassacco, lungo la strada che conduce il Friuli in Austria. Cappello è nato a Gemona (Udine) e ha conosciuto gli effetti del terribile terremoto del 1976.

Il terremoto è una grande guerra.

Da noi la lavatrice giunse nel 1975. Era una società contadina, arretrata, dove persino l’orografia dei volti, le dentature marce, mancanti, dischiuse, raccontavano una vita che si tramandava oralmente attraverso i dialetti. Quella scossa, quel botto non è stato solo un grande problema per le murature delle case, per il cemento armato che cedeva…Continue reading

Crocetta: il giallo intercettazione ora per ora e la fretta dei vertici dello Stato

Il sintomo dell’anomalia italiana consiste nella “tentazione di agganciare ogni tentativo di ribaltamento degli equilibri politici a qualche iniziativa della magistratura”. Nel cuore della terza esternazione in meno di sette giorni il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi chiede al potere romano di lasciarlo in pace. È la terza volta che deve smentire e per la terza volta (ma questa affrontata in una intervista al Corriere) dichiara di non saperne nulla. Di più: le parole dette da Matteo Tutino a Rosario Crocetta (“Lucia Borsellino va fermata, fatta fuori. Come suo padre”) avrebbero assunto la forma di prova regina a carico di Tutino sul quale la procura indaga. Non esiste quella frase. Lo dice Lo Voi, lo dicono i suoi colleghi di Catania, di Messina e – riferisce l’Ansa – di Caltanissetta. Crocetta e Tutino hanno mai parlato della Borsellino? Bisogna riavvolgere il nastro di ciò che è capitato tra il 16 e il 17 luglio per illustrare una vicenda giudiziaria che   – stando ai fatti finora conosciuti – tra scolora nel giallo d’estate con cromature da spy story.

16 luglio ore 11.17

L’Ansa batte l’anticipazione de L’Espresso. Una frase, meno di un rigo: “Lucia Borsellino va fermata, fatta fuori. Come suo padre”. La Borsellino si è dimessa accusando la politica, e in primis il presidente Crocetta, di non aver difeso e tutelato il suo piano di moralizzazione.

Ore 11,23

Parla Crocetta: “Non ho sentito la frase su Lucia, forse c’era una zona d’ombra, non so spiegarlo. Tant’è che io non replico. Ora mi sento male”. Crocetta rende plausibile la conversazione e persino il suo tenore. La propria estraneità la prova imputando il fatto a zone d’ombra.Continue reading

Il Gran Tour: Sicilia tra templi e abusi, il riscatto, anche dai vitigni

grantour_9Siamo in albergo ai piedi dei templi di Agrigento. I turisti vengono deportati qui, lungo i fianchi di questa carreggiata di lamiere in transito, un nodo stradale più che il luogo dove dal mondo si arriva per ammirare quel che altrove nemmeno è possibile immaginare.

È come se Agrigento avesse richiamato – per contrappasso – tutti i siciliani malintenzionati, li avesse convocati ai bordi dell’area archeologica. Come se si fosse voluta compensare la magnificenza di questo presidio della memoria e dell’arte, la sua imponenza, l’affaccio maestoso sul Mediterraneo, con l’asfaltatura di ogni centimetro di terra circostante. La costruzione di passi e sovrappassi, l’allineamento dei cubi cementizi come contrafforte alla creatività, alla cultura di chi quest’isola l’ha abitata nei secoli scorsi è il segno feroce dei giorni tristi e bui che viviamo.Continue reading

Alfabeto: HACKER. Mille euro al giorno e li chiamano “smanettoni”

hacker1Finalmente degli hacker in carne e ossa. Francesco Perna ha 31 anni, Stefano Chiccarelli 46.

Pescara è la capitale degli smanettatori, i cosiddetti nerd. Tipi umani che digitano in ogni luogo e in ogni tempo. Mangiano e cliccano, parlano e cliccano. La loro vita è dentro il computer. Ogni quattro anni organizzano il MOCA, Metro Olografix Camp, raduno internazionale di hacker.

Stefano: Vero, siamo stati conquistati al punto da restare quasi ossessionati dalla rete. Ma la nostra passione ha trovato uno sbocco positivo. Noi siamo hacker buoni.

Lei Stefano è il Ceo di Quantum leap.

Una società che verifica la sicurezza, l’attendibilità dei sistemi informatici.

Vi chiamano le banche, le multinazionali, le grandi istituzioni e vi chiedono di testare i loro sistemi. Metterli alla prova.Continue reading

Il Gran Tour: Tra scheletri di cemento, città franate e ville sul mare

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I padri sono evaporati, sono spariti, inghiottiti nel nulla. Questa è la Calabria e questa è la disperazione di un giovane Telemaco che inquadra, nel buio della sua cecità, un orizzonte invisibile.

Siamo sulla spiaggia di Lamezia Terme, ai bordi dell’aeroporto, il luogo da cui si fugge. Si mette in scena “Patres”, metafora della furia giovanile, della sua disperazione.

La Calabria è la terra del tiro a segno dei cattivi, la sede espositiva dell’ignoranza o anche il luogo eletto delle vittime dello Stato nemico.

Angelo Maggio, fotografo, e Francesco Lesce, ricercatore di filosofia, stanno catalogando tutte le vittime. Non ritraggono corpi ma scheletri di cemento. “Noi fotografiamo le piccole, minute escrescenze urbanistiche, raccontiamo di quale orrida fascinazione siano stati fatti oggetto i nostri concittadini”. Con Angelo e Francesco ci dirigiamo a Badolato, sul mare che guarda all’Egeo. All’ingresso del paese uno scheletro in cemento armato, alla base il cartellone: Pizzeria-Ristorante, prossima apertura. “Sono circa dieci anni che è così. Il proprietario voleva una vita nuova, migliore. E annunciò il sogno. La pizzeria era il suo sogno. Non ce l’ha fatta”.Continue reading