Da Il Fatto Quotidiano, 9 ottobre 2015
“Io parlo per parabole come nostro Signore”. C’è sempre qualcosa di non indagato nell’animo umano, ma certo la più misteriosa delle sue devianze è quella di mandare in Parlamento tipi che dicono frasi come questa. Tipi cioè come Lucio Barani. Il cugino di Gesù, o forse il suo vice, che due giorni fa ha mimato una fellatio nell’aula del Senato per corrispondere con misericordia ai rilievi di una collega, la senatrice Lezzi (M5S), è purtroppo un padre della Patria, protagonista della riforma della nuova Costituzione.
PRIMA di domandarsi dov’è finita l’Italia e chi sono gli italiani, spieghiamo chi è Barani. Carrarese di Aulla, da un ventennio e più tenta di farsi riconoscere per strada segnalandosi per un garofano rosso infilato nell’occhiello del bavero della giacca. In Europa non esistono altri esemplari. Quindi, se vi trovate in Lunigiana nel week end o nelle adiacenze di Palazzo Madama durante la settimana e notate un tizio con pancia e garofano sappiate che siete nelle sue vicinanze e, per proprietà transitiva, quasi nei pressi di Gesù. Potete scegliere se cambiare marciapiede o rischiare un vis a vis. Il garofano fu il simbolo del Psi di Bettino Craxi per il quale Barani ha destinato ogni impegno terreno. Da quando ha capito che i giornali avevano bisogno di gente strana da immortalare lui si è dato da fare iniziando a decollare nelle prove di fanatismo.
INIZIA nel 1997 deliberando per il suo Comune la “dedipietrizzazione” apposta con cartello fotografabile all’ingresso della cittadina. Il cartello fu infatti fotografato e Barani intervistato. Capita l’antifona e compreso com’è fatto il mondo, Lucio l’anno dopo decretò la creazione di un ufficio comunale contro il malocchio. La considerazione sul padre costituente iniziò a lievitare. E raggiunse lo zenit quando edificò, a imperitura memoria, una statua per Bettino Craxi e allo stesso intitolò una piazza sfilandola in parte ad Antonio Gramsci. Pur di salire nella graduatoria dell’eccentrico, il Nostro che aveva visitato Hammamet e pianto alle esequie con la fascia tricolore, si propose di trafugare la salma dello statista socialista e naturalmente farlo riposare nella Repubblica di Aulla. Anche alla famiglia sembrò troppo e lo fermò per tempo. Sembrava l’uomo buffo di Aulla, il garofano peripatetico, l’unico craxiano post mortem. Invece la realtà supera sempre la fantasia e nel 2006 il tipo che dice di parlare come Gesù fu eletto in Parlamento. Col centrodestra naturalmente e grazie al Porcellum il suo nome fu ficcato dentro una delle tante costole berlusconiane. Grazie alla rinuncia al seggio di Gianni De Michelis, Barani approdò a Montecitorio. Il nostro Costituente si dichiarò berlusconiano fino al midollo e naturalmente assunse la postura equivalente: un ossequio permanente al caro Leader. A maggio del 2014, in occasione delle elezioni europee, avvertì Renzi: “Forza Italia prenderà tra il 22 e il 24 per cento dei voti. Io non mi sbaglio mai”. Infatti dopo qualche mese ha lasciato Forza Italia e ha seguito il leggendario Denis Verdini nella cura della Costituzione. È persino divenuto capogruppo. Nella sua nuova e alta funzione ha quindi felicemente reso l’idea di chi sia. Ha mimato la fellatio senza però, questo va detto, sbottonarsi i pantaloni.
Da: Il Fatto Quotidiano, 4 ottobre 2015
Tra le ossessioni più quotate, quella del meteo è sicuramente la meglio piazzata. Tempeste di sabbia, cicloni d’Oriente, nuvole cuneiformi e le Azzorre fin dentro la cucina. Non alziamo più la testa verso il cielo ma abbassiamo il busto e pigiamo sulla tastiera. Clic, ed è ansia. La meteorologia da scienza predittiva è divenuta il suk delle meraviglie. Non c’è canale tv che non abbia il suo meteo orario né sito che manchi di illustrare i millimetri di pioggia che cadranno minuto per minuto. Esattamente a quell’ora, esattamente sopra la nostra casa. In genere i meteorologi fanno venire preoccupazione, invece lui rilassa, attenua, addolcisce. Paolo Sottocorona cura per La7 le previsioni del tempo. Anche le più fosche sono presentate con cautela, e il cielo, anche quando è torvo, è mitigato dai colori pastello di foto meravigliose, tramonti indimenticabili.
Che tempo fa?
Più passa il tempo più vogliamo essere sicuri che ci sia amico e avvertiti quando invece si presenta da nemico. L’offerta è migliorata, e abbiamo servizi, tracce, curve, modelli che ci aiutano a costruire un panorama realistico, disegnare uno scenario fedele.
Nel secolo scorso il meteorologo si presentava alle otto di sera. Cinque minuti e ciao. Adesso non c’è ora senza che facciate capolino in tv.
Col meteo l’ascolto s’innalza. Gli eventi estremi, che purtroppo caratterizzano questo nuovo secolo, inducono a non perdere l’appuntamento con chi t’avverte se potrai uscire di casa oppure no.
Avverte o terrorizza?Continue reading
Segaligno e taciturno, per gli standard renziani con un tono eccessivamente depressivo e perciò destinato alla panchina come quei portieri di riserva che hanno il compito non di giocare ma di guardare la partita e, quando si fa festa, il permesso di esultare. Destinato all’ombra perenne, il deputato Michele Anzaldi ieri, con una dichiarazione al Corriere, si è conquistato la luce della polemica. A Grillo sembra un piccolo Goebbels, ai giornalisti del Tg3 un Berlusca in sedicesimo, alla minoranza Pd l’ennesimo portaordini del Capo.
Renzi è il padrone del vapore e quelli della Rai non se ne sono accorti. È così?
Renzi è il segretario del Pd e il capo del governo e quelli di Rai3 sembrano non essersene accorti. Hanno artificiosamente creato due Pd, accreditando la minoranza come un partito e tagliando i tempi quasi fossimo pari.
Lei cronometra?
Io sono membro della commissione di Vigilanza, la Rai è pubblica e ha un contratto di servizio. Prende i soldi a fronte di un impegno a offrire equilibrio nella rappresentanza delle posizioni politiche.
È suo compito decidere se l’onorevole Speranza debba essere intervistato?
Il mio compito è denunciare lo squilibrio: perchè il tempo concesso a Speranza dev’essere tolto a Renzi?
Non c’è un minuto senza Renzi in audio, in video, in tweet. Anzaldi, una voce contraria avrà diritto ad essere espressa.
Ha detto bene. È una voce contraria, non un voto contrario. Occupano la televisione, cianciano ma poi al dunque quelli là votano con noi.Continue reading
da: Il Fatto Quotidiano, 27 settembre 2015
Cosa ci rende muti? Qual è la malattia che ci affligge e ci fa guardare il mondo a braccia conserte, senza un alito di passione, di partecipazione, neanche di stupore? Forse lo sa Raffaele La Capria che è narratore meraviglioso delle fatiche e dei piaceri quotidiani, anche delle minuzie della vita, non un teorico della lotta di classe ma un maestro del Novecento che ancora oggi – alla bella età di 93 anni – osserva e annota il sentimento collettivo di resa.
“Uso una parola larga: decadenza. Quando prendevo in mano il libro sulla Storia della decadenza dell’Impero romano non sapevo cosa esattamente volesse dire. È come una malattia sottile, un dolore nemico che si insinua nell’anima. L’inerzia sale dentro di noi e ci fa sentire inadeguati, non ci spinge a competere, non ci induce alla critica, all’osservazione utile, al coraggio, alla sperimentazione. Come se la società italiana fosse stata presa dalla consapevolezza che una forza maggiore, più grande, incomparabile, le si è parata davanti e non è possibile fronteggiare”.
Ieri si chiamava riflusso, oggi indichiamo nella crisi economica la brace dove tutti i nostri desideri, il nostro spirito libero finiscono in cenere.
Dostoevskij diceva che Dio è morto e quindi tutto è possibile. Navighiamo in un mare in cui non c’è più nessuna certezza, tutto è opinabile, tutti parlano e ai nostri orecchi le sillabe degli uni si mischiano con quelle degli altri, e si accavallano, si sovrappongono, si fondono. Un vocìo da mercato.Continue reading
Il portavoce del premier irride Varoufakis su Twitter. E il linguaggio dice tutto
“A Kiss For Spoke”. Anche a Filippo Sensi, il portavoce di Renzi, è parso possibile, anzi ineludibile, prendere un po’ in giro Varoufakis, l’ex ministro greco, chiamandolo come un protagonista di Star Trek. “Kiss”, ha scritto. Per sfotterlo col solito tweet. Ora: il dottor Filippo Sensi è capo ufficio stampa del Pd e portavoce del premier. Due incarichi in uno, come il suo capo. Ha scelto, al pari del suo capo, di non prendere lo stipendio dal Pd ma dallo Stato. E ha fatto bene. Ora è un alto dirigente di Palazzo Chigi, e la sua retribuzione è prestigiosa, come il suo ruolo. Che però non gli permette queste libertà. Non può dire, anche se forse vorrebbe: “Ciao gufi”. C’è già il capo che lo fa e altre decine di sottoposti che aggiungono e soggiungono.
Nello striminzito vocabolario dell’età renziana conosciamo il saluto d’ordinanza al nemico: Ciao e le sue variabili dettate dall’umore e dalla dimensione del personaggio da infilzare: ciaone, un abbraccio, un grande abbraccio. Ora Sensi aggiunge, perché la cultura vuole soddisfazione, il kiss. Un bel kiss a Varoufakis, e, già che c’è, un altro kiss al leader laburista Corbyn, o alla Merkel, oppure, chissà, un domani potrebbe succedere di doverlo schierare anche contro Obama. Il linguaggio racconta chi sei, cosa hai fatto, cosa hai letto, magari cosa hai visto al cinema ma soprattutto da dove vieni. Abbiamo capito chi è Renzi, cosa ha letto (o cosa ricorda dei forsennati studi). Sappiamo da dove viene, se ha mai trovato un lavoro, e chi gliel’ha pagato. Le fatiche compiute e i cinema che ha frequentato. Ha visto Rambo, questo è sicuro, un film caposaldo nella storia della sinistra italiana com’è noto. Alla direzione del Pd, composta (anche questo è noto) da dirigenti che non hanno paura di dire pane al pane, il richiamo a Rambo è stato uno dei passaggi più partecipati, la discussione si è animata e la platea si è divisa: più attuale Rambo o Gramsci? La minoranza ritiene il secondo, la maggioranza punta le sue fiches sul primo. Ma nessuno aveva fatto i conti con Sensi, che dal cilindro ha tirato fuori nientemeno che Star Trek. Filippo non l’ha detto, ma forse l’ha pensato e chissà che non abbia proposto ai direttori di rete una contro programmazione ai talk show che tanto affliggono il suo capo. Con Star Trek, che pure è una pellicola del secolo scorso, dunque nemmeno costerebbe ai contribuenti, si prenderebbero due piccioni con una fava. Si annienterebbe l’ascolto di Ballarò, del programma di Floris e di quello di Formigli, i tre della lista nera, e ci faremmo due risate ancora su Varoufakis e magari Corbyn, i due sinistri d’Europa. E poi, per concludere in bellezza a fine serata, un tweet. Ciao gufi. O anche Ciaone. O meglio: un abbraccio. O addirittura: kiss.
da: Il Fatto Quotidiano, 24 settembre 2015
Avanza l’odiatore. Un particolare tipo di umano che va espandendosi al punto da costituire il partito di maggioranza relativa nella società. Al filosofo Aldo Masullo, napoletano, sentimentalista e raffinato studioso della morale collettiva, la richiesta di una diagnosi e – possibilmente – una cura civile.
L’odiatore prolifera nel disordine. Non conosce il limite del suo agire, è come il calciatore che non sa stare in campo. Non tiene la posizione perchè nessuno gli ha imposto di tenerla. Non avendo regole da rispettare non conosce limite. Il suo e quello dell’altro. In genere è un debole.
È un odiatore professionale.
Il poveretto assolutizza. E anche se si dibatte di fragole, un frutto nel quale depone ogni speranza del suo benessere e ogni possibile virtù, egli affronterà lo scettico, colui che invece dubita o addirittura tradisce una qualche disistima per la fragola, con l’arma dell’aggressione verbale e infine dell’odio. Figurarsi se si parla d’altro.
L’odio è figlio della paura.
Mi permetta: la paura la riterrei un sentimento intermedio, più sofisticato. L’angoscia è la madre dell’odio. L’angoscia di perire, di finire.
L’angoscia è un sentimento umanissimo.
Esprime un’impotenza, ci racconta di un complesso di inferiorità. L’angoscia è anche differente dall’insicurezza.
L’Africa ci invade.
Ecco. Il timore di veder svuotata la nostra casa, di dover competere con l’altro, uno sconosciuto. Anzi, uno straniero. Estraneo ai nostri affetti, alla nostra vita e persino, così immaginiamo, ai nostri bisogni.
La nostra è una società dell’odio?
Assolutamente sì. Avanza massiccia una ferraglia umana, una massa che nella sua povertà culturale e una incipiente povertà economica, sviluppa come difesa primordiale l’odio, l’ultima barriera.Continue reading