Anche il mediocre ha diritto di vivere

sorrisoUn lettore mi ha scritto: e io che navigo fra il cinque il sei cosa dovrei fare, spararmi?
Capisco che il tema della mediocrità e del suo opposto (il talento) venga confuso con gli estremi della scala: il mediocre è un cretino, o giù di lì; il talentuoso è un cervellone, o giù di lì.
L’esemplificazione, sbagliata, nega la radice della denuncia contenuta nel libro: la mediocrità, come io la intendo e come si vede espandersi, si sviluppa nella più assoluta irresponsabilità, nella dimenticanza del minimo senso del bene comune. Ho scritto, e qui ripeto, che il mediocre non è un fesso. E’ colui che all’inazione dà un valore positivo; all’incompetenza offre una difesa e una tutela corporativa. Il mediocre è colui che non ha passione e non si applica ma vuole indicare, correggere, dirigere. Comandare. Il talentuoso (un bravo falegname, un bravo orafo, un bravo barista o un bravo fisico) unisce invece alla passione innata la fatica dell’applicazione costante. E dunque mi sembra ragionevole che quest’ultimo riceva più opportunità di lavoro e di successo. Non di meno.
Chi sbadiglia a scuola non necessariamente deve puntare al Cnr. Si può fermare al diploma, magari. Lui sarà comunque felice o soltanto soddisfatto per aver raggiunto con il minimo sforzo un risultato apprezzabile. E però avrà lasciato un posto libero al Cnr a colui/colei che ha più studiato, che ha mostrato energia creativa, passione. In una parola: talento.
Senza sentirsi offesi io direi: la questione è solo questa. Finisce qua.

Pd, così è finito l’esecutivo dei giovani

SERENELLA MATTERA

Rinnovamento. Largo ai giovani. Sull’onda della manifestazione del Circo Massimo riprende fiato il mantra che ha accompagnato fin dalla nascita il Partito democratico: il ricambio della sua classe dirigente. Si può fare? Walter Veltroni, in realtà, ci aveva già provato. Forte della strabordante vittoria alle primarie, fresco di consacrazione nell’Assemblea Costituente, il 4 novembre 2007 il segretario ha tenuto a battesimo un organo del tutto inedito, che avrebbe dovuto indicare una nuova via: l’Esecutivo.
Veltroni lo presentava così: “Una compagine innovativa, fresca, aperta, autorevole che avrà il compito di interpretare al meglio la grande forza riformista del Pd”. Cos’era? Un organismo a maggioranza femminile (e questa la prima innovazione: 9 donne, 8 uomini), in cui spiccava l’assenza dei soliti grandi nomi e la presenza di giovani professionisti della politica (Andrea Orlando, classe 1969, Andrea Causin, classe 1972), esponenti della società civile (Maria Grazia Guida, presidente del Centro Ambrosiano di Solidarietà di Milano), dell’imprenditoria (Maria Paola Merloni, ex presidente della Confindustria-Marche), del sindacato (Annamaria Parente, della Cisl), dell’ambientalismo (il presidente di Legambiente Roberto della Seta) e della cultura (lo scrittore Vincenzo Cerami). Un gruppo di vasta e varia esperienza, sotto la guida del veltroniano Goffredo Bettini. Avrebbero dovuto traghettare il Pd nella fase costituente. E invece…Continue reading

In questo preciso momento

Un merito, se c’è, di questo libro è che sia stato pubblicato in questo preciso momento. In questo preciso momento era il titolo di un festival letterario a cui partecipai. Questo è il momento infatti di sistemare almeno concettualmente, far avanzare, far progredire avrebbe detto Gramsci, la consapevolezza che una fetta intera della società è senza speranza e praticamente senza futuro.
Ho seguito ieri la manifestazione degli studenti romani. Mi ha colpito uno striscione: “Facoltà di Scienze della formazione primaria. Fregati in partenza?”. Sì, fregati in partenza.
Un libro è solo un libro, vero. C’è dentro la fatica di un racconto che illustra l’Italia di diritto e di rovescio. La buona e la cattiva. A un libro si abbina il rito della presentazione. Stanzette e vecchietti, qualche sbadiglio e, se va bene, qualche incazzatura. Autografi, dieci o venti o trenta volumi venduti. Poi a casa.
Vorrei negare a questo rito la legittimità di ritenersi imprescindibile, vorrei dare a questo libro una dignità maggiore, vorrei che segnasse di più questo tempo, che aiutasse di più, che movimentasse di più.
Voglio trovare luoghi larghi e partecipazione. Vorrei che si formasse una catena, un passaparola.
Un libro è un libro ma, a volte, è una miccia.

Crisi? Non per il lusso

sensolussoFLAVIA PICCINNI

Sono la moda e il lusso a crescere e a confermarsi una garanzia della borsa, perfino in uno scenario economico incerto come quello del 2007. Certo, i ritmi sono inferiori rispetto a quelli degli anni precedenti, ma i dati di Fashion&Luxury Insight, il rapporto annuale di Sda Bocconi, Altagamma ed Ernst&Young sullo stato di salute delle grandi società quotate del settore parla chiaro. L’analisi dei bilanci di 75 società quotate in tutto il mondo, con vendite superiori ai 200 milioni di euro ciascuna e un fatturato complessivo di 240 miliardi di euro l’anno, rivelano una crescita media delle vendite rispetto al 2006 al 7,8 per cento (10,5 per cento l’anno precedente). Insomma, il lusso va benissimo. E tutto il resto crolla, precipitando in un baratro.
Mentre leggo i dati dettagliati, penso alla sciura milanese e alla popolana napoletana, quelle che ho inseguito per il libro e che tanto mi hanno impressionato. Penso alla commessa di Prada che guadagna un terzo delle borse che propone a clienti insicure, incerte, ricche. E il sistema lusso mi fa riflettere, mi affascina e allo stesso tempo mi inquieta.

Quasi un cencio inamidato

Che cosa mi ha salvato dal diventare completamente un cencio inamidato? L’istinto della ribellione che da bambino era contro i ricchi, perché non potevo andare a studiare, io che avevo preso 10 in tutte le materie nelle scuole elementari, mentre andavano il figlio del macellaio, del farmacista, del negoziante in tessuti.


Immobilità sociale e “riforme”

MANUELA CAVALIERI

“La classe di origine continua ad avere effetti sulla classe di destinazione, anche tenendo conto dell’istruzione. Più la classe di origine di un individuo è privilegiata, meno è importante la sua istruzione nel determinare dove egli andrà a collocarsi all’interno della struttura di classe. Le prove attualmente disponibili gettano molti dubbi sull’ idea di un inevitabile avvicinamento a una meritocrazia basata sull’istruzione”.
John Goldthorpe
(Sociologo, docente a Cambridge e Oxford)

“La situazione al Santa Caterina? Tutto regolare. Lezioni regolari. Buongiorno”.
Salvatore Carfagna
(Preside dell’Istituto Tecnico Santa Caterina di Salerno e padre del ministro delle Pari Opportunità)

Studenti e docenti in rivolta. I fondi italiani destinati alla cultura e alla ricerca, già notevolmente insufficienti ed assai lontani dagli standard europei, subiranno ulteriori decurtazioni. Oggi l’Italia investe 1.500 euro in meno per studente rispetto all’Europa e addirittura 12.000 euro in meno rispetto agli Stati Uniti. Cifre che indignano quel che è rimasto della coscienza civile di questo Paese; cifre che spiegano eloquentemente le ragioni del brain drain. Non solo numeri. Il declino dell’istruzione e della ricerca non è un problema per ricchi e benestanti però. Chi è nato con la camicia è destinato a cadere sempre in piedi. Il X Rapporto Almalaurea rivela che il nostro è uno dei Paesi a maggior immobilità sociale. Secondo l’indagine, il 44% dei padri architetti ha un figlio architetto; il 42% degli avvocati ha un pargolo giurista; il 41% dei padri farmacisti ha un erede a cui lasciare l’esercizio; il 39% degli ingegneri ha un figlio ingegnere; il 39% medici ha un dottore tra la prole. Per i figli di operai e impiegati le cose si complicano. Poche e faticosissime le possibilità di carriera ed avanzamento sociale.
Ma queste questioni non impongono serie riflessioni.
Meglio parlare del grembiulino, nodo nevralgico dei dibattiti italiani

L’altrove della protesta

liceofranceseMARCO MORELLO

I coetanei si imbrattano le mani compilando striscioni arditi contro la Gelmini, loro intanto si godono satolli il sole in giardino, con gli occhi chiusi, il naso all’insù e la musica a tutto volume sparata nelle orecchie. Ragazzi e ragazze della scuola pubblica bivaccano al Circo Massimo e schiumano rabbia nelle strade del centro, loro intanto mandano a memoria composti la lezione di Rousseau e quella di Montesquieu. Gli alunni romani sobillano e si spingono fin sotto il tricolore del Senato, gli alunni dello Chateaubriand sfilano sorridenti all’ombra della bandiera francese dopo l’ultima campanella di giornata. Sortilegi del privato d’importazione, magnetismo fascinoso d’Oltralpe, forza motrice dei soldi di casa nostra che ingrassano le vacche altrui: dove si paga non si sciopera, dove la moneta unge il meccanismo, quello funziona senza incepparsi.
Ci vogliono da 3.486 a 4.074 euro l’anno, più mille per l’iscrizione, più 914 per la mezza pensione per cinque giorni a settimana, più 286 per gli esami obbligatori, ma ne vale decisamente la pena: mentre le classi in città sono praticamente tutte vuote, nel liceo di via di Villa Patrizi c’è il pienone comprato solo da chi se lo può permettere. «Si va dalla materna alle superiori – ci spiegano in segreteria, pardon nell’administration – abbiamo tre sedi in tutto dove si insegna e si parla rigorosamente in lingua francese. Gli studenti sono 1.500, tra figli di diplomatici, di politici, membri della Fao e di altre organizzazioni internazionali». Numeri importanti per gente che conta: è non esserci che fa rumore, è la casella vuota quella che nel mucchio si nota di più. «In tanti ci provano, spesso spinti dai genitori, ma non tutti ci riescono – ammette un’impiegata – il livello è alto, non è ammesso il minimo errore di grammatica, abbiamo cominciato da poco eppure già in quattro hanno rinunciato».Continue reading

Tele Giuggiole 5

tg5CARLO TECCE

Corriere.it, apertura: «A Roma sfilano in migliaia. Ma gli studenti si spaccano». Repubblica.it, taglio centrale: «Roma, destra e sinistra verso Senato. Metà degli italiani con gli studenti». La Stampa.it, primo piano: «Scuola, la mobilità va avanti». Tg5, ore 13: la notizia sulla protesta è data alle 13.06. Il servizio dura 58 secondi, metà riporta l’intervista del ministro Gelmini e la protesta contro chi protesta (una volta li chiamavano secchioni invertebrati), l’altra metà fa vedere scuole occupate e lezioni all’aperto (tipo bazar orientale). Poi cronaca, delitto di Perugia, caso Mez. La mediocrità veste taglie disparite, nella mediocrità ci stanno benissimo giornalisti (e soprattutto direttori, gentile Mimum) che hanno smesso di fare il proprio mestiere e servono la televisione del capo. Oltre a sentirsi mediocri, chissà se provano un brivido di vergogna.

Lezioni di piazza

lasapienzaSERENELLA MATTERA

Il patto tra Partito democratico e Italia dei valori “si è rotto”. È accaduto mesi fa, il giorno dopo le elezioni, a urne ancora calde. Ce ne eravamo accorti tutti. Ma ieri ce lo hanno voluto dire. Ha iniziato Veltroni: Di Pietro è molto lontano dall’ “alfabeto democratico del centrosinistra”. Pronta la risposta dell’ex pm: i tentativi di dialogo del Pd col governo sanno di “collaborazionismo”.
Ma il 25 ottobre Di Pietro sarà in piazza con Veltroni. C’è da riempire il Circo Massimo. Tutti insieme appassionatamente. Ognuno coi suoi distinguo e le sue ragioni. Ma che importa?
Intanto è già una settimana che “la scuola” manifesta. E non ha intenzione di smettere. Da oggi gli studenti di Fisica della Sapienza si pianteranno coi loro prof davanti a Montecitorio e faranno lezione lì. “Contro i tagli all’università e alla ricerca, contro la trasformazione degli atenei pubblici in fondazioni di diritto privato e contro il turn over bloccato al 20%”.
C’è tanto di orario.
Dalle 10.30 alle 12.30, campi elettromagnetici nel formalismo relativistico.
Dalle 12.30 alle 13.30, struttura dello spazio e del tempo.
E la promessa di continuare nei prossimi giorni. Mobilitazione, finché servirà. Qui e subito. Senza aspettare il Circo Massimo. Anzi, con un’avvertenza: “Dichiariamo in anticipo che, durante le lezioni all’aperto, non saranno accettate strumentalizzazioni da parte dei Parlamentari dell’opposizione che nulla stanno facendo contro lo smantellamento dell’istruzione pubblica italiana”. Non si preoccupino, gli studenti di Fisica. Quelli della sinistra aspettano il 25 ottobre.

L’oro blu e il colabrodo della rete idrica nazionale

acquaorobluSABRINA PINDO

Qualche anno fa alcuni personaggi che a molti saranno sembrati allora dei ‘visionari’ dissero che l’emergenza del nuovo millennio non sarebbe stata la mancanza del petrolio come sbandierato da tutti sino a quel momento, ma quella dell’acqua. Mediaticamente era una notizia bomba. La chiamarono “l’oro blu” e i giornalisti giù a scrivere articoli e servizi per le televisioni, le riviste e i quotidiani. “Oddio, l’acqua finirà” campeggiava un giorno sì e un giorno sì in tutte le prime pagine e copertine.
Poi più nulla. Nessun provvedimento a livello globale o locale per risolvere il problema: né nel nostro orticello italiano, né nel giardino europeo , né tantomeno nel grande parco mondiale.
I giorni sono passati e i media si sono dimenticati che prima o poi saremmo stati a secco. Ma tutto d’un tratto ecco che le borse crollano, il sistema va in tilt, tutto il nostro benessere sembra ad un passo dalla sparizione. Siccome le cattive notizie non arrivano mai da sole, eccoci di nuovo a parlare dell’acqua. Questa antipatica che ha pensato bene di rimanere una risorsa scarsa proprio ora che i problemi ci arrivano fino al collo.
Altro che scarsa, l’acqua per i media di colpo è tornata ad essere una rarità.
Millimesimata direi, come il buon vino.Continue reading