Basterebbe lo stato di famiglia per indispettirsi. Michele Iorio, è un medico molisano. La sorella Rosa è direttrice del distretto sanitario di Isernia, Nicola, il fratellone, è primario nel reparto di fisiopatologia, Sergio Tartaglione, marito di Rosetta, è primario di psichiatria, il cugino Vincenzo era direttore sanitario e la di lui moglie vice direttrice. Purtroppo non è finita: Iorio è stato eletto e poi confermato e poi ancora rieletto governatore del Molise. E’ stato senatore anche e non è detto che non si ricandidi.
La piccola Corea del Nord italiana ha pompato soldi come nessun’altra. Ha costruito sul terremoto di San Giuliano di Puglia, paesino di meno di duemila abitanti, un grattacielo di spese e di necessità che ha toccato e superato la rispettabile quota di un miliardo di euro lasciando a terra cumuli di coscienze. I soldi hanno perforato i molisani trasformandoli in clientes. I soldi sono serviti a fare debiti e a produrre lo sviluppo inverso della logica e della ragione: case senza gente che le abiti, strade senza auto che le percorra, malati senza ospedali. Applausi. Si è vero, il Tar ha sciolto il Consiglio regionale ma nell’attesa del Consiglio di Stato tutto procede come nei migliori giorni.Continue reading
le vostre gambe e le vostre braccia
Siamo giunti al punto cruciale: la democrazia, come la conosciamo e pratichiamo, è scoppiata. Non riesce a sviluppare quel minimo di anticorpi che la difendano da una debilitazione costante e quotidiana. Una democrazia così rattrappita ci espone all’avventurismo, al populismo, alla demagogia. Persino internet, nella sua straordinaria capacità di rendere pubblic
o e immediato ogni dettaglio della vita, produce la stasi del commento quotidiano, del giudizio universale, del clic su ogni piccola questione. Ci rende cioè convinti di poter dominare ogni fatto e soprattutto giudicarlo nella massima solitudine e spensieratezza. Giudicare il mondo dal tinello di casa è il rischio più grave e acuto che possiamo mai correre. La democrazia ha bisogno di gambe forti, di cura, di cittadinanza attiva. Vorrei quindi invitarvi a sgranchirvi le gambe dopo le ore passate davanti al computer: fatevi un giro in piazza, documentatevi meglio, osservate e tentate, se riuscite, di non giudicare le idee altrui ma di organizzare – magari nel dopolavoro – le vostre. Servono menti nuove ma anche braccia robuste. Serve, posso dirlo? Fatica pura.
Le idee senza gambe non sono andate mai lontano.
Salerno, una crepa (di 500 metri) nel potere del sindaco Vincenzo De Luca
Nella seconda città della Campania sta sprofondando piazza della Libertà, opera simbolo del primo cittadino e del suo ormai ventennale potere. E’ il sintomo di una crisi profonda all’interno del rapporto tra l’amministratore sceriffo e i cittadini salernitani
La crepa è comparsa alla vigilia della maestosa festa del santo patrono, alla cui processione la folla assiepata lo acclama e gli conferma devozione. E lui, il conducator, segna con una gragnuola di colpi in cemento armato l’opera amministrativa lunga un anno. Realizzazioni importanti e altre minori. Tutte svolte nel brevissimo respiro dei dodici mesi. Meglio di lui, nessun altro.
Quest’anno, per l’appunto, Vincenzo De Luca, il più rilevante esponente del fascio-comunismo italiano, dittatore idolatrato e amministratore ventennale della città, doveva consacrare all’onore di San Matteo l’immortale realizzazione: la piazza della Libertà, segno visivo più grande del Plebiscito dell’odiata Napoli, con colonne doriche e un edificio aperto a curva sul mare. “Qualcosa che sia il nostro Colosseo“, modestamente annunciò. E qualcosa che potesse anche raccogliere in un secolo lontano da venire le sue ceneri: “Mi piace immaginare l’urna al centro di questa piazza”, disse sforzandosi di immaginare la vita di Salerno senza di lui.Continue reading
pale eoliche, quanti miliardi al vento
Viaggio dalla Campania alla Puglia, trionfo dell’energia alternativa che ha conquistato tutto il Sud. L’affare di questo inizio di secolo, a favore di pochi intimi, che vale solo quest’anno 10 miliardi di euro. Tutto pagato dagli italiani in comode rate bimestrali direttamente in bolletta
Candela è un paesino che lega la Campania alla Puglia. I viaggiatori diretti a Bari lo incontrano alla sommità dell’Appennino, finita la salita dell’Irpinia d’Oriente. Spalanca gli occhi alla Daunia, li dirige sugli ettari di grano del Tavoliere, verso Foggia. A Candela nessuno pensava fino a vent’anni fa che il vento si potesse anche vendere. Il vento qui ha sempre fatto solo il suo mestiere: soffiare. Soffia quasi sempre, anche duemila ore all’anno. Contano le ore coloro che fanno quattrini col vento. Con un anemometro, un’asta lunga, una specie di ago d’acciaio diretto al cielo, si può conoscere se è buono o cattivo, forte o debole. Se soffia come si deve o se fa i capricci. Se è utile a far fare quattrini, dunque.
Arrivarono le aste e con loro particolari personaggi che organizzavano il mercato del vento. Sviluppatori si chiamavano. Sviluppavano il territorio, certo. Gli agricoltori di Candela ne furono lieti, anche il sindaco e tutta l’amministrazione comunale. C’era la possibilità di ottenere qualche migliaio di euro dalla società che avrebbe innalzato le pale eoliche. E soldi per fare una bella festa patronale per esempio e far venire (altrove era già successo) i cantanti di X Factor finalmente! E anche sostenere la squadra di calcio: divise nuove per tutti!
Pure belle sono le pale. Se le vedi da lontano sembrano rosoni d’acciaio o margherite giganti, dipende dai tuoi occhi, da dove le miri. Fanno la loro figura comunque. Ognuno degli abitanti del vento ha una sua immagine da offrire al pubblico dibattito. A un sindaco del Tarantino, per esempio, parevano simili a mulini a vento: “Abbiamo già il mare e avremo i mulini, delle possibili attrazioni per il nostro territorio sempre danneggiato, vilipeso dal nord”.Continue reading
il menù di Pasqualino e l’onorevole Batman
Mi tocca attraversare spesso, abitando lì vicino, i tavoli del ristorante Pasqualino al Colosseo. Nella stagione calda sono sistemati lungo uno stretto marciapiede al livello delle marmitte (catalitiche per fortuna) delle auto. Osservo sempre, con immutato stupore, il coraggio degli avventori per quelle fettuccine al catrame. Evidentemente il cuoco ci sa fare oppure i turisti – dopo la visita al Colosseo – si sentono gladiatori e portano lo stomaco alla guerra.
I migliori clienti di Pasqualino sarebbero però, secondo le ricevute fiscali, i gladiatori del Pdl del Lazio. Avrebbero lasciato a tavola, non so in quanto tempo, circa 17mila euro – soldi naturalmente pubblici – per pagare la tonnellata e oltre di fettuccine al sugo (e porchetta, tonnarelli alla ciociara, vongole eccetera).
La cifra mi è parsa consona allo stile di vita e alla fattura ossea dei militanti. Il loro capo, l’ex tesoriere Francone Fiorito, pesa più di 180 chilogrammi ed è bisognevole di quantità sostenute di carboidrati. Fiorito, detto simpaticamente er Batman perchè cadde da una moto ferma, ha tentato di gestire i fondi del finanziamento pubblico al meglio delle sue possibilità.
Quindi, e prima di tutto, mangiare e far mangiare.
Ha pagato il noto signor Pantalone.
come si comprano le notizie
Sembra che in Emilia Romagna anche l’alfabeto fosse a pagamento. Vocali e consonanti commissionate e fatturate. Asl, consiglio regionale, partiti: tutti a sostenere con buone parcelle l’informazione libera. Talk show, notizie d’apertura, inchieste televisive. I giornalisti, molto liberi di loro, avevano (hanno?) solo il compito di assemblare notizie e comunicati stampa che gli organi di governo e di opposizione (grillini compresi) confezionavano (confezionano?).
Le notizie si comprano e si vendono, purtroppo. Questa merce contraffatta fa però ammalare la democrazia, e la riduce a una convenzione, a un puro esercizio di stile.
Perciò non è del tutto inutile andare in edicola e acquistare, se ce lo si può ancora permettere, un giornale che non abbia un padrone, che non emetta fatture e che – possibilmente – non faccia sconti a nessuno.
a cosa serve la televisione
Ieri sera ho acceso la tv e ritrovato Bruno Vespa al solito posto. Scrive bene il Fatto: sembra uscito dal freezer lui e con lui i soliti ospiti. Congelati a giugno, scongelati a settembre e pronti per essere riserviti a tavola per la nuova stagione (dodicesima? quindicesima? trentaduesima?).
Io non voto Grillo. Aggiungo che non lo amo: non ridevo quando faceva il comico, non mi entusiasma adesso, e m’incupisce questo Casaleggio con i capelli da foresta nera e il mondo Gaia sulle spalle.
Però ascoltare questi professori della democrazia, della comunicazione e del buon gusto, accanto alla figura cartonata del comico che per fortuna nostra tra tanta disgrazia Grillo non guida un movimento insurrezionale e violento, e i grillini non fanno la cacca sul marciapiede e non sputano in faccia ai passanti, fa venir voglia di chiuderli a chiave nello studio di Porta a porta e – prima di riporli nel freezer – avanzare loro su un bloc notes queste domande.
Ma qual è il bene comune che voi avete difeso? Quali libertà avete allargato? Quanta ricchezza avete dilapidato e quanta invece avete condiviso? Quanti corrotti mandati in galera? Quali leggi avete promulgato? E a favore di chi? E in nome di quali Istituzioni, di quale democrazia, di quale suprema Verità giudicate Grillo?
Prima di passare il bloc notes agli illustri uomini di Stato, e al loro leader Bruno, campione del giornalismo investigativo e imparziale, mi domanderei a cosa serve la televisione. Ecco la mia risposta: l’informazione scorretta, di parte, manipolatrice può promuovere il falso e trasformarlo in vero. Mutare l’ordine degli addendi e cambiare segno al saldo democratico. Erigere l’apparenza in luogo della realtà e cambiare i connotati alle persone trasformando ladri in galantuomini, servi in statisti, e gente magari visionaria ma piuttosto perbene in pazzi scatenati, pericolosi per noi, la nostra famiglia, i nostri bambini.
a cosa serve ricordare
All’Infedele di Lerner ieri c’erano Violante e Quagliariello, tra le altre cose fautori ed estensori di una nuova legge elettorale. Sia Violante che Quagliariello hanno spiegato compiutamente perchè è indispensabile una nuova normativa. Cosa aggiusta, e dove. E come lo fa. E l’hanno detto utilizzando la ragione, avvertendo dei rischi di ingovernabilità che si corrono se non si porrà rimedio. Bene. E doppiamente utile la loro ricognizione.
Però le parole si convertono da credibili a in-credibili se, oltre all’udito, noi esercitiamo anche il dovere della memoria e facciamo lo sforzo di ricordare. Questa legge elettorale da cambiare, questa legge che fa schifo, che mina la democrazia, che chiude nella mano di un manipolo di potenti la rappresentanza parlamentare è stata – anche da Quagliariello e (forse) da Violante – accettata e condivisa quando fu messa in campo. E quando fu messa in campo? Pochi anni fa e sostituì la imperfetta ma assai più degna legge “Mattarella”. E perchè fu messa in campo? Fu messa in campo per volere anzitutto dell’Udc, della Lega e di Berlusconi, con tenue voce discorde del centrosinistra, per annullare gli effetti della normativa in essere, incapace di assicurare la vittoria larga allo schieramento egemone, allora di centrodestra.
Ricapitolando: tu fai una porcata antidemocratica, ne godi i frutti elettorali e di potere e con una incommensurabile faccia di bronzo, quando essa diviene insostenibile davanti al Paese, la dileggi e proponi la soluzione al problema che tu hai provocato con premeditazione.
Io cosa devo pensare? E – soprattutto – quale fiducia devo nutrire nelle tue parole, e quale stima consegnare alla tua persona?
Ecco il punto: se penso che tu sei un baro, e lo dimostro, io divengo un pazzo estremista, guerriero cieco dell’antipolitica?
il grillo
Mi è stato chiesto se anch’io avrei pubblicato ogni parola, anche quelle rubate da un microfono nascosto, com’è accaduto all’esponente del movimento 5 stelle Giovanni Favia. Ho risposto di sì. Un giornalista non decide cosa pubblicare e cosa no. E non deve dividere le notizie e confonderle con le amicizie.
Non sapevo, e dunque non ho commentato però il fatto che l’intervista fos
se stata registrata molti mesi prima della sua messa in onda. Congelare e poi scongelare è generalmente un’attività culinaria, e il giornalismo non è la prova del cuoco. Quel che si ha si diffonde nel più breve tempo possibile. E se è uno scoop, non si concorda con altri un pre-lancio sul web.
In genere diffido dei guru, e questo Casaleggio con i suoi capelli da foresta nere e le predizioni sul nuovo mondo incantato di nome Gaia suggeriscono in me un surplus di allerta. Il linguaggio di Grillo è spesso inutilmente offensivo. I fatti raccontano meglio delle male parole ogni cosa. E gli eletti del movimento, presenti e futuri, devo giudicarli da quel che fanno (o non fanno). Per esempio: ancora non ho capito se il sindaco di Parma è bravo o no, capace o meno, illuminato o cieco. Se dovessi consigliare raccomanderei prudenza prima di esultare. Detto tutto ciò, e premesso che molto altro dimentico, mi sembra davvero incredibile che questo movimento, composto da gente che cerca di impegnarsi, e si sbatte, per dare forma e corpo a una partecipazione attiva, cosciente, determinata, sia – per decreto – trasferita nel mondo degli sporchi, degli arrivisti, dei cattivi. Gli uni e gli altri uguali sono.
Questa indecente mistica dell’uguaglianza emana l’odore acre della truffa lessicale. Ribaltare la partita truccandola invece di giocarla, nascondere la propria incapacità e a volte le proprie nefandezze illustrando come vere le altrui presunte.
Grillo non sarà simpatico, ma ha dato un senso alla democrazia e una risposta decente a chi non ce la fa più a deglutire bocconi amari. E’ colpa di Grillo se il panorama politico è così tanto sconfortante?
E’ colpa sua se il Parlamento è divenuto un ornamento e la democrazia convertita in un dessert da gustare a fine pasto, ammesso che qualcosa in tavola ci sia rimasta ancora dopo la grande abbuffata?
devo dirvi una cosa
Dopo ventitrè anni lascio Repubblica. Una vita intera, un’esperienza meravigliosa, e un debito di riconoscenza, una gratitudine infinita. Lascio una casa grande e spaziosa che mi ha offerto ogni cosa, e mi accingo ad entrare in una più piccina, quella del Fatto Quotidiano, in cui sono certo però di trovare uguale passione e libertà, e voglia di raccontare l’Italia, indagare il potere senza alcun condizionamento. E’ stata una scelta non facile, per alcuni versi rischiosa, certamente senza reti di protezione. Ma sono persuaso che il giornalismo, più di ogni altro mestiere, ha un bisogno assoluto di passione e coinvolgimento. E non c’è vita senza passione, non c’è calcolo, non c’è ragione che possa mettere a tacere quel bisogno.