Cisl in carriera

La Cisl non sostiene nessuno in politica, fa solo delle riflessioni”. Se si avesse un po’ di rispetto per l’intelligenza e un minimo di compassione verso la verità, una frase come questa – immediatamente dopo averla pensata – verrebbe ricacciata in gola. Ma Raffaele Bonanni non ha riguardo della realtà e, come si trovasse nel bosco delle fate incantate, annienta il vero e lo sostituisce col fantastico. Nel tempo della crisi meglio la comica: una risatina e tutto passa via! Incombe sulla Cisl (e vedremo poi in quale forme sulle altre sigle sindacali) un mostruoso conflitto di interessi che si espande nel silenzio assoluto dell’informazione, nell’indifferenza totale delle istituzioni. Come se la questione che ha appassionato e diviso l’Italia nell’età di Berlusconi non fosse un grande tema della nostra democrazia così fragile e dismessa ma un elemento indiscutibile e unico, non più ripetibile, di polemica e di contrasto ai mille interessi che gravitavano intorno all’ex premier. Scomparso, si fa per dire, lui, scompare il problema.Continue reading

Nord-est, dalle urla leghiste ai grillini muti

Padova
Sono fragili come bicchieri di carta. Samuele Zanin ha 34 anni, vive a Piazzola sul Brenta, fa l’operaio metalmeccanico, e forse sarà candidato dei Cinque stelle di Padova: “Ho questo problema: se accetto l’intervista rischio di squilibrare a mio favore la competizione interna, non vorrei esagerare”. E per non esagerare Loris De Poli, da Cittadella, ha diramato sul Google group la presenza del giornalista a Padova, con l’invito ai militanti a presentarsi, se ne avessero avuto voglia, al caffè Pedrocchi intorno alle 13. Risultato: nessuno è riuscito a districarsi tra gli impegni. Zero attivisti. Amen. Il Veneto che sta dicendo addio alla Lega si apre, invece, come i melograni in autunno a questi nuovi politici svezzati dal web e venuti fuori oltre ogni logica, eccentrici rispetto al corso naturale degli eventi. Samuele era un cittadino dai diritti atrofizzati, non ha mai saputo cosa farsene del voto, non gli piacevano i partiti, non aveva per lui senso nemmeno fischiarli. Per lui il mondo era un altro: “Annullavo la scheda, mi dicevo che non era cosa. Fin quando non è arrivato lui”. “Io invece votavo alternativamente per destra e sinistra. Un po’ a casaccio, alla rinfusa, tentando strade nuove e mai ricevendo soddisfazioni”, dice Loris. L’apparizione di Beppe Grillo li trasforma in perfetti soldatini civici, attivisti a cinque stelle, pieni di premure per le regole che certo non hanno contribuito a scrivere, ma che sono entusiasti di rispettare e venerare. Questi ragazzi sembrano monadi di Leibniz. La democrazia dei singoli, il voto dei singoli, l’universo fatto di singoli. Ciascuno coltiva il suo e a ciascuno deve interessare il suo: legati alla parte, perché il tutto è questione delegata a Grillo e a Gianroberto Casaleggio, allo staff che governa il Movimento, accumula i certificati di buona condotta, le brevi biografie che selezionano i candidabili, i promossi alla vita pubblica. “Io parlo di Piazzola, di Padova non so”, dice Samuele.Continue reading

Quei sette attivisti di cinque stelle a caccia del Molise

IL LEADER È UN INGEGNERE DISOCCUPATO
SI CHIAMA ANTONIO FEDERICO, POI CI SONO IMPRENDITORI, STUDENTI E IMPIEGATI

Si presentano in sette, appuntamento sulle panchine di marmo della villa comunale di Campobasso. Non fa freddo e per fortuna non piove. “Se vogliamo abbattere i costi della politica dobbiamo ridurre anche l’essenziale: quindi niente sede, chi la pagherebbe? Utilizziamo il marciapiede, le piazze, le aiuole, i vicoli quando non siamo al computer. E se proprio serve, gli spazi pubblici al coperto. Una soluzione comunque la troviamo sempre”. Due studenti universitari, due impiegati, una ricercatrice, un imprenditore, un disoccupato. Dei 60 militanti cinquestelle molisani, questi fantastici sette, tutti con marchio registrato, rappresentano i tre meet-up (circoli internettiani in cui si ritrovano e discutono) attivi.
IL DISOCCUPATO è il leader. Trentaduenne, ingegnere, Antonio Federico è stato candidato alle scorse regionali e probabile ricandidato alle prossime. Già, il Molise è la regione più piccola d’Italia ma anche la più sgangherata, sprecona e clientelare. Continue reading

La metamorfosi tecnica: così Monti divenne sistema

È L’UNO E IL SUO OPPOSTO, PROF ECCELLENTE E CAMPIONE DELL’ANTIPOLITICA

TEORICO DEL VOTO INUTILE CHE EVOCA PATRIMONIALI: DOPO DI LUI C’È SOLO LUI


In gioco non è la democrazia ma l’oligarchia. Servono davvero le elezioni? Tra qualche settimana la domanda acquisterà un senso finalmente compiuto. E la televisione ne parlerà, sicuro che ne parlerà, i talk-show saranno zeppi di inchieste tra la gente (la ggente!), e quindi anche i giornali seguiranno. Opinioni, commenti, contributi. Lui è lì, né a destra né a sinistra, ma in alto. Sa che non c’è scelta: o lui o lui. Non è il destino di un uomo in gioco, e le sue aspirazioni legittime, ma quello dell’Italia. O lasciamo lui al potere oppure siamo fritti. O Mario Monti o lo sfacelo. Per la prima volta la democrazia si autocensura, il pensiero si autolimita, non espande né innova. Non cerca dubbi ma rassicurazioni. Resta davvero?Continue reading

Così Monti divenne senatore e commissariò la politica

9 NOVEMBRE 2011: UN ANNO FA NAPOLITANO INSIGNIVA IL PROFESSORE DEL LATICLAVIO, PREPARANDO LA SUCCESSIONE “TECNICA” A BERLUSCONI
Anche l’anno scorso c’era il sole di ieri, caldo a mezzogiorno malgrado novembre. Il 9 novembre di un anno fa Roma è tiepida e assediata dall’ansia. Dal Quirinale quella sera arriva la mossa del cavallo. L’Ansa batte la notizia flash con le rituali stellette dell’emergenza: il professor Mario Monti, presidente della Bocconi, è stato nominato senatore a vita. Sono le 19:22 e passa un’ora per un primo commento ispirato dal Colle: l’ipotesi che la nomina a senatore contenga in sé l’annuncio che Monti guiderà un governo tecnico è pura fantasia. “Fantasticherie”, fanno scrivere. La politica è un’arte che ha bisogno della simulazione come il bambino in fasce del biberon. Quel giorno a quell’ora Giorgio Napolitano forse non poteva dire altrimenti. Ma Bossi, una settimana prima, avrebbe potuto evitarsi la pernacchia, una lunga e un po’ sfiatata pernacchia con la quale aveva liquidato il licenziamento prossimo venturo di Silvio Berlusconi? SIMUL stabunt e infatti simul cadent. Umberto è tramortito e Silvio – livido e disperato – giunge alla Camera l’8 di novembre, dove consegna lo scettro del potere. Conta i voti che gli mancano per stare ancora a galla, reggere tra i tradimenti dei più, sostenersi con le acquisizioni, tutte a titolo onerose, dei cosiddetti responsabili: un gruppetto di deputati che offre servigi.Continue reading

Di Pietro: padre padrone cade insieme a Berlusconi

 

Mettiamo da parte le case, i terreni, i fienili e il grano in senso proprio e figurato di Antonio Di Pietro. Ha titoli per difendere la legittimità dei suoi acquisti e documenti per attestarne la liceità. Fa bene ad esibirli fin nelle più intestine descrizioni e siamo dunque d’accordo con lui: il partito non è una privata abitazione. Forse non se n’è accorto, ma in quest’ultima settimana Di Pietro ha chiuso il partito, somministrandogli l’estrema unzione, e poi l’ha riaperto, decretandone la resurrezione, proprio come fosse la sua porticina di casa. Lunedì Italia dei Valori era morta, mercoledì il leader viaggiava, su proposta di Grillo, verso il Quirinale, giovedì era pronto un altro logo e forse un altro movimento dal nome impressionista (“Basta!”), ieri è invece ritornato sia il gabbiano che la sigla Idv, il partito è risorto e già gode di ritrovata ottima salute. Quel che Di Pietro non ha percepito è la deflagrazione della sua leadership per come si è espressa in questi anni. Il potere assoluto sul movimento e l’insindacabilità delle scelte, anche quelle più misteriose e confuse, degli uomini ai quali era chiesto di issare il vessillo della legalità, fondava sul presupposto dell’emergenza democratica, nella ribellione alla tirannide berlusconiana, nel contrasto alla quotidiana devianza dalle regole, dai doveri e dal diritto. È stata una battaglia campale nella quale il dipietrismo si è fatto carne e spirito, è divenuto linguaggio sempre più comune, intendimento che ha raccolto consensi via via più vasti, dispiegando una non trascurabile forza attrattiva.Continue reading

Sindaco di Cuneo: “Cieco ma nulla a mia insaputa”

“Non c’è nulla di strano”, dice Federico Borgna. Invece sì, è strano non vedere la città che amministri. “La sento sotto le suole delle scarpe, la tocco con i gomiti, mi entra in pancia. La vedo, la riclassifico nella mia mente, il cervello nostro seleziona e ritrasmette, è abituato a fare un lavoro differenziato e supplementare per noi. Mi faccio una mia idea delle cose, del mondo, delle persone che mi stanno vicine. Di chi mi vuole fregare e chi no. Guardo anche le partite di calcio, sono abbonato a Mediaset Premium. Ascolto la voce del telecronista e immagino l’azione, che scorre esattamente come la guardi tu. Mi aiuto con la fantasia”.
LA FANTASIA è giunta al potere di Cuneo nel maggio scorso e con un buon margine di consensi. Al sindaco Borgna piace la politica da quando, ai salesiani, frequentava il liceo. Poi gli studi in legge, infine il lavoro di consulente finanziario. Iscritto al Partito democratico (tessera non rinnovata dal 2009) ha avuto l’opportunità e si è lanciato. Gli hanno offerto di fare il primo cittadino e non ha avuto paura: “Stava bene agli altri, figurarsi a me! Non ho mai avvertito la disabilità come emarginazione, anche grazie al fatto che la cecità mi ha vinto negli anni. Quando sono nato ho aperto gli occhi e visto il mondo. Fino a undici anni, anche se con difficoltà, guardavo come tutti. Quindi la mia memoria è riuscita a immagazzinare una quantità sufficiente di immagini e oggi me le ritrasmetto come fossero delle clip lasciate nel computer, come quei grandi film che si tengono a casa e si rivedono sempre”. Cuneo è una gran bella città. Ai suoi estremi si alza verso le Alpi, al centro invece scende verso la pianura, guarda le vallate che la conducono verso la Francia. Piena di portici, dedita al commercio e all’agricoltura, è serena, racchiusa, riflessiva. Colta oltre ogni sospetto: “L’immagine nostra è un po’ grossier. Sarà che qui è nato Briatore…”. Anche la Santanchè. “No, lei è della provincia. Di Cuneo è DuccioGalimberti, e già è un altro stile”. Cuneo è stata fortunata o scellerata a scegliere un sindaco cieco?Continue reading

Quella lacrima sul viso, l’onore ritrovato di Nichi

“Io sono una persona perbene”, ha detto. E finalmente una lacrima sul viso. La lacrima di Nichi Vendola, che non si è vista ma si è sen-tita, è parsa vera come la sua paura di finire travolto dal disonore, di venire inghiottito dagli sberleffi, di chiudere la sua già densa carriera politica, a metà tra la poesia e il potere, il sentimento e la cura dei voti, nella brace di una condanna penale.
Ieri si è tolto un peso, e si è visto come ha ripreso a macinare la poetica dell’ultimo, dell’uomo qualunque nel senso di uomo comune, senza difese che il suo corpo, la sua verità, il proprio onore. Il suo linguaggio è insieme prova di connessione sentimentale con gli elettori e prova d’altura, dimostrazione di alterità nel mondo parolaio della politica, lieve come una bolla d’aria, ma anche vuota come una bolla d’aria. Ha iniziato subito con la poesia: “L’innocenza era scritta nel cuore”. Bisogna dire che insieme all’assoluzione Nichi ha restituito onore all’onore, “mio padre me lo diceva sempre che era necessario dare un senso a quelle cose lì”, e dato un valore anche al disonore. Lo svuotamento semantico di queste due parole, messe in soffitta dalla classe politica del Paese, prova la responsabilità più grande di chi ha governato finora. Aver cioè finto che non esistesse un dovere ulteriore, un senso ulteriore e anche un onere ulteriore che la vita pubblica assegna ai suoi protagonisti: non soltanto di gestire in modo trasparente e onesto il bene comune, i beni di tutti noi, ma anche di elevare la propria condizione e di misurarla attraverso una scala più rigida. Non già e non solo perchè la pretesa all’onore dell’uomo pubblico è un diritto costituzionale da esercitare, una richiesta da avanzare, ma perchè l’onorabilità di una persona è la cifra costitutiva, la premessa per fare il resto. Certo, noi italiani siamo stati abituati agli “uomini d’onore” e questa sovrapposizione di figure e immagini ha ulteriormente prodotto la riclassificazione verso il basso della parola. Continue reading

“il rottamatore siciliano: il nuovo che avanza”

PARLA PIETRO BARCELLONA:

è un elettore attivo, colto, di ceto medio alto e ha deciso di fare fuori il sistema imbelle che ha governato l’isola e il paese

 

Il nuovo astenuto è un signore colto, impegnato, attivo, di classe sociale medio alta. Una persona che non ha stima sufficiente per Beppe Grillo, non crede ancora oppure non crede affatto nelle sue acrobazie linguistiche, nell’artifizio della sua prosa da teatrante e non giudica possibile sostenere il Partito democratico nella versione edulcorata e un po’ falsificata di Rosario Crocetta. Che è un bravo figlio ma si è montato la testa”. Giurista comunista, di scuola ingraiana, grande vecchio della sinistra siciliana, Pietro Barcellona ha questi numeri in testa. “Il venti per cento in più degli astenuti è sicuramente sommabile al diciotto che ha votato Grillo. È un voto attivo e consapevole che protesta e seppellisce la vecchia classe dirigente e conduce il Pdl nelle catacombe. Il dato vero e nuovo è che Grillo si mostra come il vero, unico rottamatore italiano. Rottama linguaggi, persone, strutture, modi di comunicare. E – a mio modesto avviso – finisce per rottamare anche Renzi, il quale poveretto si ritrova con lo slogan già usurato e da domani avrà la testa piena di nuove preoccupazioni”.
Lei si è astenuto?
Io per tradizione voto a sinistra, sono disciplinato e mi sono imposto di segnare la mia croce su Crocetta. Senza esultare, conoscendo l’intento cosmetico della sua operazione.
Povero Crocetta.
Non è colpa sua, ma non ha meriti e talento sufficienti per affrontare la grande vera questione siciliana: la rendita parassitaria dell’impiego pubblico, della funzione pubblica, della consulenza pubblica. Il fiorire di antichi mostri democristiani dietro il paravento del suo corpo lo condurrà all’immobilismo, se non al fallimento. Se mi sbagliassi ne sarei felice.Continue reading

L’ex sindaco di Gela Comunista, gay e ora governatore

Ride e piange e mastica parole con l’avidità di chi addenta l’enorme arancino al ragù, orgoglio della Sicilia d’oriente: “Sono l’uomo dalle sette Stelle, l’unico vero innovatore. Ho cambiato la Storia!”. L’isola si consegna a Rosario Crocetta e gli regala la sua disperazione e i suoi sogni. E anche la propria dabbenaggine, i voltafaccia, gli inghippi di legge e le preghiere per la famiglia. La Sicilia sa di essere sempre assolta da Rosario, il suo nuovo tribuno.
È LA PRIMA VOLTA che un comunista giunge a palazzo d’Orleans con la vidimazione del voto popolare. “Cose da pazzi”, ha detto Pier Luigi Bersani. E ha ragione da vendere. È davvero un dato storico, un evento, quasi una rivoluzione. È anche l’annuncio di quel che potrà essere il nuovo Parlamento. Crocetta è simpatico, alla mano, disponibile, ciarliero. Crocetta è l’antimafia, viaggia sotto scorta, ha paura di morire “ma so che c’è questa possibilità”. Crocetta è il secondo politico gay italiano a conquistare una poltrona di peso, e dopo Nichi Vendola è il secondo meridionale a imporre la sessualità come elemento centrale della propria personalità. “Quando si hanno ruoli pubblici si deve essere molto casti e io annuncio che se vincerò le elezioni non farò più sesso”.Continue reading