LO SCRITTORE, EX OPERAIO DI SINISTRA, ELOGIA LA POVERTÀ: “PROMUOVE ENERGIE POSITIVE, ALIMENTA LA NECESSITÀ DI RICONOSCERSI E DI RISCOPRIRE IL RUOLO NELLA SOCIETÀ”
Il calendario non ha barato questa volta. La primavera si apre davanti alla casa di Erri De Luca, superato Bracciano se provenite dal lago o appena dopo il cemento della Cassia se uscite da Roma. Vive da solo e vive qui, in questa abitazione ricavata da una stalla, “me la sono fatta con le mie mani e ne conosco ogni segreto”. Dietro questi mandorli in fiore vedi l’Italia. “Sono un osservatore del piano terra e certo annoto”. Iniziamo? “Ormai è molto tempo che il potere politico aizza sentimenti di spavento. Per un mucchio di anni siamo stati spaventati dal terrorismo, poi spaventati dalle azioni militari all’estero. Poi la criminalità comune, poi il pericolo dei migranti, dei diversi. Si è giunti a definire terrorismo i fischi in piazza”. Perché dovrebbe convenire al potere spaventare la gente? “Per ridurre le libertà del cittadino”.Continue reading
Ascanio Celestini “Godo se inveisco: sei tu il mio nemico”
L’ATTORE SPIEGA: “SIAMO CONTRO A PRESCINDERE PERCHÉ AL FONDO ABBIAMO L’IDEA CHE NESSUNO PIÙ CI PUÒ RAPPRESENTARE È FINITA LA COMUNIONE DI SGUARDI, TIPICA DEL SECOLO SCORSO”
Ascanio Celestini usa le parole come un muratore fa con le pietre. Messe una sull’altra, oppure lasciate a terra, tenute strette da un bisogno, da un sogno, da una bestemmia, realizzano un pensiero, ci conducono al fondo dei nostri dubbi. Vive in una borgata romana, “dieci centimetri sotto l’appartamento dove sono nato. La mia bottega è quella di mio padre, e mia moglie è figlia del nostro ex portiere. Ci stiamo costruendo una casa nuova nella parallela della via dove abito. Tutta la mia vita in cento passi o poco più”. Dalla borgata la crisi si vede più nera: “Cambiano i volti, sono facce scure, mediamente sole, e pronunciano parole violente. Frequento il bar e lì guardo e ascolto”. La violenza ci difende dalla paura, non ti pare? “Dalla solitudine direi. A Morena, il nome della mia borgata appena dietro Ciampino, non c’è abitante che non abbia sgobbato una vita. Uno, due, tre lavori insieme. Hanno la lavatrice (la lavastoviglie non tutti), ma due o tre televisori e il computer e la verandina e il sottotetto. Hanno il salotto e la cucina Scavolini. Ma sono soli. Si sono costruiti una solitudine con grande fatica. E vedono quel minimo senso di benessere sfuggirgli di mano, andarsene via”.Continue reading
Pietro Grasso e il voto dei grillini: contate fino a venti prima di scrivere
In venti giorni l’impresa edile che avevo chiamato per ripavimentare il bagno non è riuscita a completare il lavoro. E’ un classico. In venti giorni un ufficio comunale non riesce a stilare la lista degli aventi diritto all’asilo nido gratuito. Ci vuole almeno un mese. In venti giorni l’Asl non riesce a garantirti la visita medica. E necessita un mesetto, anche in tempi di crisi nera, per ritirare l’auto acquistata di prima immatricolazione.
Sono passati venti giorni dalle elezioni e il Parlamento ha due persone degne a presiedere Camera e Senato. Hanno conquistato la stima al di fuori della politica, sanno cos’è la vita, cos’è il lavoro. Anzi: hanno un lavoro. E conoscono la passione, la paura, il dolore. Se ci sono loro lì è perché venti giorni fa qualcosa di grande, imprevisto, straordinario è successo.
Dipende sempre da dove ti metti, da come guardi le cose, dall’amicizia che hai con la questione che devi affrontare. Se io fossi un elettore del Movimento sarei felice: quel voto del 24 febbraio ha già prodotto un cambiamento visibile, ha fatto saltare vecchie alleanze, ha trasformato i rapporti di forza ha mandato in panchina almeno a questo giro vecchie cariatidi. Invece si urla al tradimento e il Grillo, titolare della ditta, intima addirittura di dimettersi. E perché? Cosa avrebbero fatto questi mascalzoni di senatori? Se la paranoia, l’ossessione della diversità, il disgusto per qualsiasi confronto, fossero stati messi a tacere dalla testa piuttosto squinternata di chi invece dovrebbe dare buoni consigli, si sarebbe inteso che questi due eletti sono presidenti di tutti, devono garantire a tutti il diritto di ciascuno. Non governano, non devono essere di parte. Dov’è lo scandalo? Qual è questo benedetto scandalo?
Invece a parecchi di voi non va giù proprio che qualcosa, in soli venti giorni, sia potuta cambiare. Questi senatori che alcuni di voi già marchiano a fuoco hanno fatto un regalo alla democrazia, all’Italia, a voi stessi. Magari a vostra insaputa.
da: Il Fatto Quotidiano, 18 marzo 2013
Fedeli ma contrari alla linea senza bussola
IL VOTO PREMIA IL SEGRETARIO, MA LA VERITÀ È CHE NESSUNO SA DOVE SI STA ANDANDO. CIVATI: “CERCHIAMO UN ALTRO PREMIER”
Si è fatta la ressa persino intorno al disorientato Stumpo (Stumpo, senza nome proprio, dirigente addetto alle tessere) ed è la prova che se il Pd è senza bussola noi giornalisti siamo prede inconsapevoli degli eventi. Largo del Nazareno in verità è stretto e per affrontarlo la rediviva Rosa Russo Jervolino ha dovuto utilizzare i gomiti. Si è quasi spaventata: e che vorranno da me? Massimo D’Alema ha invece preso spunto dai microfoni infilati alla gola per riannodare il filo del suo discorso: “Un uomo di 65 anni che prende a calci i giornalisti è il nuovo, mah”. È stato l’unico momento di invidia verso Grillo, suo coetaneo. Lui, mannaggia, può usare i piedi non essendo uomo delle Istituzioni. “Vi ricordo che siamo in diretta” aveva avvertito Rosy Bindi aprendo la giornata della riscossa, questa degli otto punti. Non dite cavolate, please. Alessandra Moretti, la signora vicentina chiamata da Bersani a fare da portavoce, era alla toilette e non ha udito la raccomandazione. “Ci hanno scippato i voti”, ha detto indicando vari ladroni. Oramai la diretta era in corso, ed è subito stata offerta la prova regina della sconfitta. Se la Moretti pensa quel che dice, anzi se lo appunta persino, è chiaro che la logica – non la politica è fuori corso.Continue reading
Sogno infranto della rinascita affamata dai soldi
Quale gesto, quale fatto, quale disgrazia deve ancora accadere a Napoli? Il rogo della Città della Scienza è il rogo di una speranza. Degrada quella città a teatro selvaggio di ogni crimine e di ogni colpa e la apre alla paura che altro possa ancora accadere. Il nero infinito. Le fiamme hanno arso i musei, un falò maestoso sulla spiaggia è stata l’orribile visione. Quasi ventiquattr’ore è durata l’operazione di spegnimento: cosicchè tutti hanno potuto assistere alla rovina, ora per ora, capannone per capannone.
LA SPIAGGIA di Coroglio. Bagnoli, l’Italsider. Fu un sogno: ripulire il mare e l’aria, restituire al mondo intero l’anfiteatro naturale, la curva che si apre a Nisida, si distende verso Pozzuoli e chiude la vista dell’abitato ai pini marittimi, a un panorama magnifico, indimenticabile. Una cartolina. Togliere la puzza e il degrado, svuotare Bagnoli delle sue miserie. Era la palingenesi. L’idea di raccogliere sotto i capannoni la forza vitale della cultura avvinse e si dimostrò una proposta possibile, percorribile. Fu Vittorio Silvestrini, scienziato coraggioso e tenace, a rendere fattibile il sogno. Continue reading
Bersani è fuori, ora nomi nuovi
Stiamo ruzzolando verso le urne. Giugno, ora si dice. Un capitombolo ai confini dell’ignoto, una prova senz’appello di suicidio collettivo. Il vincitore, se mai dovesse accadere di vederne uno prevalere sugli altri, si troverebbe seduto sopra un cumulo di macerie. Pier Luigi Bersani dovrebbe guardare oltre la sua porta e la sua poltrona e valutare se non sia il caso, prima ancora di chiederlo a Grillo, di esibire un suo gesto di responsabilità. Come non comprendere che il proprio nome in campo, malgrado ogni buona volontà, edifica solo un muro di insulti, strangola la vita del Partito democratico dentro il rito consumato di una prova di forza inconcludente? Non è lo sconfitto che “stana” il vincitore di queste elezioni. E poi: perché mai il Movimento 5 stelle dovrebbe concedere la fiducia al capostipite dei suoi detrattori? Qual è la formuletta magica, la domandina finale: o così oppure a casa? Il tono padronale di questo aut aut, invece che ricomporre, allarga, dilata, chiama alla battaglia. Battaglia già persa, sconfitta annunciata. E se è impensabile per il Pd fare un governo della moralità pubblica col sostegno del più grande corruttore in circolazione, è indiscutibile che la sfida a cui è chiamato il maggior partito della sinistra è cercare, in ogni modo, un sistema che ponga l’Italia al riparo da una ulteriore prova elettorale che forse la manderebbe definitivamente in rovina. Servono occhi nuovi per guardare questo nuovo mondo. Esistono nomi di valore, personalità dal profilo adeguato a sollecitare nel variegato e caotico movimento grillino una riflessione, una prova di fiducia, magari tecnica, per segnare l’idea di un cambiamento possibile, da subito. Questo giornale ha già illustrato l’esperienza e le qualità di Stefano Rodotà. Altri, come per esempio Fabrizio Barca, potrebbero ugualmente essere chiamati a immaginare (servirà uno sforzo davvero creativo!) una via di fuga, una luce alla fine di questo tunnel.
da: Il Fatto Quotidiano, 5 marzo 2013
Elezioni 2013, cari (e)lettori, facciamo due conti?
Cari amici, utilizzo in queste ore in modo piuttosto intensivo lo spazio che ilfattoquotidiano.it mi mette a disposizione. Credo che la situazione politica e civile del Paese meriti però il massimo dell’attenzione e della riflessione.
Andiamo dunque per ordine.
Il capo dello Stato sta orientadosi chiaramente a incaricare una personalità al di fuori del Parlamento (si parla insistentemente del governatore della Banca d’Italia), che trovi sulla base del suo programma la maggioranza sufficiente per comporre un governo di emergenza. Delle quattro forze rappresentate, una è dichiaratamente indisponibile a farne parte. Una seconda, quella intorno a Monti, non ha i numeri per segnare col suo voto la tenuta dell’esecutivo. Non c’è altra scelta: Pd e Pdl dovranno votarlo.Continue reading
Etica e Internet, Stefano for president
Ha conosciuto la politica senza esserne mai sopraffatto e ha respirato l’aria del Potere senza venirne intossicato. Stefano Rodotà ha superato indenne questa prova da sforzo civile: entrare ed uscire dal Palazzo, conservando la medesima passione e riponendo fiducia nella sua condizione di perenne estraneità ai flussi magici del comando, alla trasmigrazione da poltrona a poltrona nella sua oramai lunga e densa vita nelle Istituzioni.
ORA CHE L’ITALIA conduce il grillismo al governo (o almeno nelle sue immediate vicinanze) e una intera classe parlamentare, in un modo caotico e per certi aspetti selvaggio, raggiunge Roma per possederla, dominarla e svuotarla dei vizi che la compongono e la fanno prosperare, spunta il profilo di questo professore di diritto civile per dare un volto possibile, plausibile magari è solo una suggestione – a questo nuovo mondo. Smilzo, dal tratto severo, ha frequentato l’elite divenendone membro, ha conosciuto il Parlamento finanche rappresentandolo, ha conosciuto i partiti, il potere, le cariche pubbliche. Senza perdersi mai però. Rodotà è uomo dalle virtù civili, in gloria ai tempi dei cosiddetti “in dipendenti” del Pci, classe sociale contigua ma non integrata nel comando di Botteghe oscure, e poi panchinaro della Repubblica durante il ventennio berlusconiano, quando invece una nuova antropologia politica ha preso il sopravvento e anche la sinistra si è adeguata promuovendo, nei passaggi che ne hanno scolorito identità e passione, figure nuove, a volte disastrose.Continue reading
Berlusconi, De Gregorio e il golpe contro Prodi
Siamo tutti così presi dalle vicende elettorali, e dai fuochi e dai fumi di Grillo e di Bersani, che abbiamo perso di vista la centralità di uno scandalo politico straordinario: l’acquisto, tramite comode tranche, del governo della Repubblica. L’acquirente, secondo l’accusa della procura di Napoli, è Silvio Berlusconi. Il percettore si chiama Sergio De Gregorio. Quest’ultimo ha confessato, e due giorni fa riconfermato, di aver ottenuto tre milioni di euro allo scopo. L’ha fatto per smentire l’affermazione di Berlusconi di essere stato indotto a millantare la corruzione pur di schivare il carcere. Lo stesso De Gregorio anticipò al Fatto Quotidiano il 16 dicembre scorso la sua intenzione di vuotare il sacco e avvertì, in quella intervista, anche Berlusconi: meglio che non ti candidi.
Chi ha assistito alla caduta del governo Prodi non cova dubbio alcuno: l’odore delle mazzette era nitido. Continue reading
Gli incazzati della porta accanto
DELUSI E DISILLUSI: NON VOGLIAMO TESTIMONIARE ORA VOGLIAMO GOVERNARE QUESTO PAESE
Fanno un po’ paura i ragazzi col giubbetto del servizio d’ordine. Sembrano infanatichiti dal loro destino di servitori del nuovo ordine: “Tu non puoi entrare, e stop!”. Fanno tenerezza invece i loro compagni e amici che raggiungono piazza San Giovanni con un sorriso e la voglia di cambiare ogni cosa, nel più breve tempo possibile. “Mi chiamo Paolo e vengo dall’Umbria e davvero non ne posso più. Ho votato Rifondazione per tutta una vita, adesso basta: mi hanno obbligato a cambiare strada”. Paolo ha 40 anni, e con lui Andrea e Gianni. In tre da Marsciano, convinti che questa è la volta buona: “Non vogliamo testimoniare, vogliamo governare”. La palingenesi, o qualcosa di simile. Sbuca questo popolo ed è pieno di buonumore. Galvanizzato, compresso come quei fucili a pallettoni: “Ciao caro, per te è finita!”. È lo slang grillino, nuova lingua che li accomuna per il nuovo mondo che li attende. Giulio e Maura, quarantenni disoccupati: “Devono andare tutti a casa. Aspettiamo lunedì: io ti dico che almeno il 25 per cento prenderemo. E vedrai che casino”. Casino, cioè caos. “Un momento, perchè ci dipingi così? Noi siamo gente perbene, io mi chiamo Francesco, sono di Arezzo, ingegnere informatico. Non vogliamo il caos ma il governo. Vogliamo go-ver-na-re”. “Piacere, Carmelo, sono una persona pulitissima. Sono candidato, lei vota?”.Continue reading