Anche Nanni Moretti, ritrovato il suo caimano in verità piuttosto ingentilito sulle t-shirt dipietriste, si è infilato nel corridoio destro della piazza già gremita, inchiodando i piedi a decine di metri dal palco. Lì sotto, in un quadrato, gli organizzatori attendono l´arrivo via cavo di Beppe Grillo. «Italianiiiii!». La folla, gli applausi, le grida esultanti («e daje n´affanculo») segnalano le prime pietre che il comico scaglia da Genova. Molte contro Berlusconi naturalmente, moltissime contro Veltroni strizzato ben bene e ridotto presto a un cencio dai colpi che giungono sopra e sotto la sua cintola. Nessuno tra gli organizzatori ci fa caso. Dentro le transenne, nel ring ufficiale, Antonio Di Pietro si presenta in versione folk, mezze maniche da battaglia, i suoi deputati invece scelgono la grisaglia ministeriale con la cravatta della divisa ufficiale (gabbiani in volo su sfondo blu). Lo attorniano e gli si stringono intorno, sorridono mentre Grillo mena. Di là la pattuglietta della sinistra democratica: Claudio Fava, Pietro Folena. Seduti in circolo i girotondini doc. Gli applausi si spengono un attimo quando il comico spiega: «Non ce l´ho con Morfeo». L´onda umana si rivitalizza presto e segna con un battimani l´attacco alla «banda dei quattro». Tra i “banditi” in qualche modo figura Giorgio Napolitano, il presidente della Repubblica. Ecco allora Furio Colombo abbandonare la sedia innervosito: «Inaccettabile. Se non fosse per l´impegno di portare sul palco alcuni zingari starei già lontano».
Lontano, al di là delle transenne c´è, ci sarebbe ancora Paola Binetti, deputata del Pd e cattolicissima. Insieme a lei la Magistrelli, prodiana, e il collega Barbi. Insieme si sono ricongiunti ad Arturo Parisi venuto a vedere e a garantire: «Qui c´è la nostra gente, la continuazione della nostra battaglia. Non possiamo lasciarli soli. Veltroni ci ha dato appuntamento nel lontano ottobre». La kermesse, iniziata soft, però progredisce nel tono e ben presto diviene terribilmente hard. Di Pietro, prima sereno poi ipercinetico. Leoluca Orlando, motivato come sempre: «Scriva che me ne sono andato». Giovanni Bachelet, cattolico allarmato: «Non resto qui, non mi sembra il caso». Claudio Fava, decisamente spiazzato: «Ma che significa? Le battute non servono a questa piazza. E gli attacchi a Veltroni e Napolitano non portano a niente».
L´andirivieni tra una transenna e l´altra si fa un po´ più frenetico, Grillo sta per cedere la parola a Sabina Guzzanti. E´ l´inferno. Sabina invece di frenare accelera e pigia, vede il Vaticano e, kamikaze, si lascia andare: «Diavoloni frocissimi, attivissimi e non passivissimi». Il papa sfregiato, Mara Carfagna polverizzata sotto una gragnuola di colpi definitivi, inquadrata nella cornice sessuale, rubricata per gusti, generi e capacità di prestazioni.
Zaffate di satira. «La satira non si visiona, non si censura. Questi non sono discorsi politici, sono interventi artistici», limita i danni Paolo Flores d´Arcais. Giorgio Cremaschi, il sindacalista della Fiom, più crudo: «Quando la maggioranza si fa così cattiva, s´imbarbarisce così tanto e mena così forte anche l´opposizione si incattivisce. Che dire: pietà l´è morta». Colombo raggiunge il microfono, e non si sente a teatro: «Sono indignato per tutte le parole che ha detto Grillo, non ho mai partecipato ad una manifestazione in cui da un palco si lanciano offese a chicchessia, quelle di Grillo colpiscono tutti, anche i tanti che sono venuti qui». Questa è una manifestazione contro Berlusconi, non certo contro Veltroni, men che meno contro il presidente Napolitano. Sia Grillo che Travaglio hanno sbagliato intervento e i pochi applausi che hanno ricevuto, soprattutto Grillo, stanno a dimostrare che questa piazza ha capito che oggi si era qui prima di tutto per contestare le iniziative del Governo sulla giustizia». Salta sul palco Di Pietro: «Mi riconosco nelle parole di Furio Colombo, non confondiamo il diavolo con l´acqua santa». Sintetizza: «Noi siamo l´acqua santa e abrogheremo le leggi che riteniamo illegittime».
(da Repubblica del 9 luglio 2008)