SABRINA PINDO
Intercettatemi, intercettiamoci, vi prego. L’unica cosa che funziona in Italia sono le registrazioni delle telefonate dei mascalzoni, perché stroncarle così? Da quando la magistratura ne fa uso sono saltati fuori succulentissimi casi di cronaca nera e giudiziaria, storie di interesse economico e finanziario. Niente più trascrizioni delle telefonate? Ma dai! E poi come faccio a sapere che il tal politico è contento perché questo si compra una banca o che il tal medico senza scrupoli non butta i chiodi chirurgici per reimpiantarli nella prossima vittima? Insomma, ce lo insegnano sin da piccoli che non è tutto oro quello che luccica, perché quindi toglierci l’arma per distinguere il gioiello prezioso dalla bigiotteria?
La legittimità delle intercettazioni in questi giorni è il tema dominante. Angelino Alfano, il primo ministro della Giustizia al mondo allarmatissimo che ci siano troppi cittadini del suo Stato sotto controllo ha dato subito i numeri dell’emergenza intercettazione. In Italia sarebbero 100mila le persone intercettate ogni anno, contro le 1.700 degli Stati Uniti, le 2.300 della Svizzera, le 3.700 dell’Olanda, le 5.500 della Gran Bretagna e le 20mila della Francia. Come se a disporre le intercettazioni fosse un’entità paranormale estranea al settore giudiziario che decide da sola e senza alcun motivo preciso di mettere la cimice nel telefono degli italiani. Ma per favore.Se il mio telefono è sotto controllo forse, dico forse, non sono proprio un cavaliere senza macchia e senza peccato. Se poi queste intercettazioni arrivano nelle mani dei giornalisti ci sono due questioni. La prima: i documenti ai giornalisti non arrivano con la cicogna, con il teletrasporto e nemmeno via posta anonima. C’è qualcuno che glieli dà, qualcuno che ha accesso alle intercettazioni e quindi il problema eventualmente è della magistratura e non dei giornalisti. Hai una notiziola per le mani e non la scrivi? Allora non sei un giornalista! Allora non assolvi il tuo dovere di informare, di divulgare materiale utile perché l’opinione pubblica possa formarsi!
In secondo luogo: ci sono leggi apposite che tutelano la privacy, c’è la possibilità di chiedere la rettifica e di ottenere uguale spazio o tempo sui mezzi di comunicazione per rispondere alle accuse e far valere la propria posizione. Se non si è soddisfatti e ci si sente ancora denigrati dal giornalista si può querelare lui e la testata. Si va in giudizio, nei tre gradi previsti dal diritto italiano. Non mi pare che manchino gli strumenti per tutelarsi dai pennaioli avidi di parlar male della gente per bene.
Dulcis in fundo: avrò sentito almeno dieci personaggi politici diversi parlare del costo enorme di queste intercettazioni, circa un terzo dei costi totali in bilancio al ministero della giustizia. Essendo tutti d’accordo che 308 milioni di euro spesi per le intercettazioni siano una cosa assurda, mi pare di intravedere un’altra soluzione oltre a quella di eliminare il servizio. Le telefonate registrate costano così perché la società telefonica, che è concessionaria statale, ci fa pagare il servizio. Ma non sarebbe poi tanto difficile obbligarla a fare il servizio gratuitamente con una piccola clausola di contratto. Noi siamo così abituati agli asterischi microscopici delle offerte commerciali… Guardiamoci in faccia e diamoci una risposta vera: a chi serve davvero che le intercettazioni non si possano più utilizzare e pubblicare?
L’argomento è stato trattato a livello nazionale ed internazionale. Ci sono distorsioni che vanno sistemate, cose che funzionano bene e cose che funzionano male. Di certo non è necessario un intervento distruttivo come quello richiesto, a suon di menzogne.