Non vorrebbero, però sono costretti a ritirare due stipendi. Uno di loro, il senatore Cosimo Latronico (Pdl), con una eccellente dose di autoironia, dichiara: “Mi sento una vittima di questo privilegio”.
Succede sempre. All´inizio della legislatura un numero di neoparlamentari, questa volta sono trentanove, stenta a lasciare il vecchio incarico. Non sa, non ha capito, o se ha capito non ha correttamente compilato il modulo, o ancora non ha compiutamente registrato l´obbligo che gli deriva dall´articolo 122 della Costituzione che purtroppo esiste e recita: “Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento”. Per dirla tutta, trascina il vecchio mandato e lo assomma al nuovo. Era consigliere regionale, e per un pochetto di settimane, quattro, otto, dodici, se lo tira via e lo acclude, come fosse un altro benefits, a quello attuale di senatore o deputato. Doppio lavoro e fin quando dura, anche, a norma di legge, doppio stipendio.
Ma tutto, è questo il bello!, contro la sua volontà. Egli infatti spesso comunica nei termini la propria volontà di optare per il Parlamento ma il consesso che lascia resiste, prende tempo. E le dimissioni, per essere efficaci, hanno bisogno di un voto. Facile direte. Invece è pratica che inghiotte settimane se non mesi. Non è affatto semplice accertare quel che è già accertato e definire quel che, insomma, è già abbondantemente definito: cassare il tizio che si è trasferito a Roma e nominare Caio, primo dei non eletti. Questi ritardi consentono ai cumulanti di cumulare, lo dice la parola stessa, anche il reddito: con i due stipendi si raggiunge e si supera abbondantemente i ventimila euro mensili. Per alcuni (assessori e presidenti di Consiglio regionali) il cumulo è ancora più ricco.
Ma, è questa la novità della legislatura appena nata, tanti senatori e tanti deputati assicurano che faranno opere di bene con il tesoretto occasionale intascato contro voglia. Il secondo stipendio non dovuto verrà devoluto, farà la felicità dei più bisognosi, dei deboli e dei malfermi. La signora Maria Antezza (Pd), presidente del Consiglio regionale lucano e senatrice: “Andranno in carità”. Dove? “Sono cose intime, questi gesti si fanno ma non si dicono mai”. Anche il suo collega Carlo Chiurazzi (Pd) ha le idee ben chiare. Chiede solo di rispettare il suo riserbo: “Lasci alla mia discrezione un gesto di generosità che arriverà”. Non si sa quando, non si sa a chi, non è certo come. Ma arriverà.
Se ieri la Giunta delle elezioni del Senato non avesse voluto stringere i tempi, l´assegno si sarebbe gonfiato ancora di più, con conseguente sollievo dei bisognosi. Invece Marco Follini, il presidente dell´organismo (Giunta delle elezioni) che deve verificare i poteri e stabilire le incompatibilità dei senatori, ha riunito la commissione e redatto un verbale nel quale ha ricordato ai colleghi che ancora sono un po´ di qua e un po´ di là, per metà consiglieri regionali ancora e per l´altra metà già parlamentari, di sbrigarsi. Ha reso pubblica la lista con i loro nomi (chiunque voglia può prenderne visione sul sito web del Senato) e spedito ai ritardatari una raccomandata: entro tre giorni devono comunicare l´opzione e astenersi da qualunque attività istituzionale e politica nell´ufficio che lasciano. Però, anche qui c´è un però, non si è potuta avanzare la richiesta di astenersi anche dal ritiro dell´emolumento bis. Chi vorrà, fin quando potrà, passerà alla cassa e ringrazierà.
(da Repubblica dell’11 giugno 2008)
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