Bisognerebbe non vedere e non sentire. Non sentire, soprattutto. Giuseppe Scopelliti, candidato a presidente per il centro destra, sindaco di Reggio Calabria, a Radio 2. Domanda: “Ci dica con chi confina la Calabria”. Risposta: “Con la Basilicata naturalmente e la Puglia. A sud con la Sicilia”. L’hanno disorientato, ha poi ammesso il candidato che ad oggi ha le maggiori chanche di venire acclamato come futuro governatore. Disorientato forse, sicuramente bisognoso di un ripasso almeno in geografia. Nella stessa sfortunata trasmissione (in radio la par condicio non è stata attivata purtroppo) Scopelliti ha incespicato persino sulla indicazione della catena montuosa più alta, dando all’Aspromonte (più vicino a casa sua) ciò che è del Pollino (lontano da lui però, piuttosto a nord).
Se sentire fa male, vedere fa ancora peggio. La regione è una frana continua, un dissesto permanente, visibile e amaro. Solo a Cosenza città si contavano ieri 27 strade interrotte. Le montagne cedono al cemento, e il cemento si affloscia ai lati del mare. L’autostrada che Fiorello ha giustamente descritta come un percorso immaginato dalla Nintendo per il suo game-boy, è un gomitolo di buche e deviazioni. Non si cammina. Si resta immobili e persi.
Persi, per esempio come quando si annotano le cartelle giudiziarie dei candidati, la lunghezza di quei curriculum, e il numero dei concorrenti coinvolti o solo lambiti da inchieste: al centro a destra e a sinistra. Brividi indiscutibili. Sono 59 i soggetti che avrebbero bisogno del giudizio, prima che della società calabrese, di un giudice. In Calabria sembra che manchi e il codice etico, a cui hanno dichiarato di aver fatto ricorso i partiti in gara, si è rivelato per quello che si supponeva fosse: un foglio di carta straccia, una lunga linea d’ombra. Con tutta questa nebbia addosso la campagna elettorale si è sviluppata nel solito modo: poco rumore pubblico, molta azione privata. Prediletto il porta a porta rispetto ai comizi, le cene ai ritrovi in piazza, le telefonate agli incontri pubblici. Meno fumo e molto più arrosto. Silenziosa ma non per questo poco dispendiosa, la campagna impone il deja vù. Chi c’era c’è. Tutti nomi sperimentati, vecchi guardiani della preferenza, sono di nuovo in corsa per giungere all’agognato seggio. E quindi, e prima di tutti, Agazio Loiero. È sulla settantina, ma sente di avere l’ardore del neofita: “Vincerò”. Loiero è governatore uscente (dopo essere stato deputato per un numero infinito di anni, e sottosegretario e ministro) e voglioso di rientrare. Sa cos’è la Calabria e soprattutto come si deve trattarla. Conosce alla radice il senso profondo dell’amicizia, sa come nutrire la clientela, sa come imbandire la tavola. Le liste che lo sostengono sono agguerrite e il Partito democratico raccoglie dentro di sé il bene e il male di questa terra. Concorrenti agguerriti, gregari capaci di rastrellare voti e bucare muri ritenuti invalicabili. Nella testa di lista tutti gli assessori uscenti, e consiglieri, capigruppo, politici sperimentati e anche un po’ affaticati dall’età. Nelle liste collaterali (civiche e dei partiti minori) tutto il meglio della società civile affluente: liberi professionisti o dipendenti pubblici. Il meglio, in Calabria, si chiama sanità. La sanità è la cassaforte dorata dove stipare certezze e incarichi: la regione ha accumulato un miliardo e trecento milioni di euro di passivo di bilancio e sembra contenta del deficit sviluppato. In Calabria troppo spesso patologie gravi sono incurabili, ma in Calabria medici e infermieri, barellieri e sindacalisti sono ai primi posti nell’impegno politico attivo.
Il grano si fa con la salute e Loiero ha in cascina tanto grano. Loiero è forte a nord, Cosenza e la fascia costiera, fortissimo al centro, tra Catanzaro e Vibo. Dove, si dice, il centrodestra si sia afflosciato presto e con qualche colpevole intelligenza col nemico. Tanto da far litigare Scopelliti, il leader, col deputato del Pdl Michele Traversa, padrino di Catanzaro ma anche, questa l’accusa, amico del nemico, cioè di Loiero. Al quale i fastidi vengono invece da Pippo Callipo, industriale del tonno e soprattutto terzo sgradito candidato in lizza. Il suo 14 per cento di voti accreditati (percentuale che col passare dei giorni si assottiglia fino a prevedere un assestamento intorno all’8-9 per cento) bruciano le speranze oltre ogni limite. Dietro Callipo c’è Italia dei valori. Dietro l’Idv, De Magistris che qui raccoglie consensi significativi. Questo pacchetto di mischia all’interno del centrosinistra – unica regione dove Di Pietro fa corsa a sé – alimenta le speranze già cospicue di Giuseppe Scopelliti che a sud della regione, Reggio Calabria e provincia, farà corsa a sé raccogliendo preferenze strabordanti. I sondaggi stimano una differenza di cinque punti percentuali tra lui e il governatore uscente, forbice che gli fa ritenere possibile, se non quasi certa, la presa della Regione.
“Insieme per cambiare”, lo slogan che lo accompagna. Per cambiare? Ecco sul punto la decisione straordinaria di Angela Napoli , deputata anticosche e sua compagna di partito, pubblicata sulle pagine del Quotidiano della Calabria: “Vuol sapere chi vincerà le elezioni? La ‘ndrangheta. I clan avranno la maggioranza assoluta comunque vada a finire. Per questo ho deciso di non andare a votare, non voglio essere complice di quanto sta avvenendo. Mi sono resa conto di decine di candidature all’insegna del trasformismo, di prestanomi, di parenti, di indiziati, di rinviati a giudizio e persino di condannati!”.
Anche dopo il 28 marzo questa terra sarà costretta a respirare l’odore del compromesso morale e dell’indifferenza. La speranza? Non c’è chi nemmeno prova ad alzare la mano per indicarla.
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Che brutta gente abita e ambisce ad abitare nelle nostre istituzioni repubblicane.
Era così che doveva andare a finire? Tanto valeva tenersi quelli di prima, quelli che avevano tolto con la forza la libertà a chi non era d’accordo (l’unica differenza era che “quelli di prima” sparavano o incarceravano i disobbedienti senza porsi troppe domande).
Se ci pensassimo tutti, ma proprio tutti, un po’ più spesso forse saremmo migliori e avremmo anche più coraggio a ribellarci alla mediocrità che ci circonda; saremmo finanche capaci di apostrofare un famoso impunito e farlo vergognare davanti a tutti.
Non è desiderio di gogna, è rispetto per se stessi.
Grazie Antonello che, insieme con molti altri bravi scrittori e giornalisti, almeno ci aiuti a non dimenticare.
gisella
La Calabria è una ferita sanguinante del nostro Paese, che chi ha governato negli ultimi 150 anni (ossia dall’Unità d’Italia) non ha fatto nulla per curarla, anzi ha tratto vantaggio da questa piaga.
Una terra così bella, ricca di storia, di risorse naturali ed umane, deve essere assoggettata alla mercé dei burattini della ‘ndrangheta; e chi si oppone a questa cappa viene isolato, al punto di essere ucciso, o magari suicidandosi perchè i disonesti gli hanno reso la vita impossibile.
Io sono campano, e alle prossime elezioni qui non siamo messi tanto meglio. Da un lato abbiamo il faccino candido di Caldoro, che in realtà cela gente come Cosentino e Cesaro, ovvero i politici inclini ai Casalesi; abbiamo vecchi volponi della politica come Mastella, Pomicino e De Mita; abbiamo i socialisti craxiani, ancora lì a rubare denaro pubblico…dall’altro lato abbiamo De Luca, che il PD ha issato a salvatore della Patria, quando in realtà ha 2 processi in corso e una condanna in primo grado del 2004 per un reato commesso nel 2001, per sversamento illecito di rifiuti in una zona tra la Campania e la Calabria. Dicono che ha gestito bene Salerno, bè ma quella città è imparagonabile all’intera Campania sia per densità della popolazione, che per vastità del territorio.
I restanti sono quelli di “Rifondazione comunisti” che dopo essere stati spazzati via dal voto sia nazionale che euopeo, hanno ben pensato di mettersi insieme, visto che, dicendo le stesse cose e usando lo stesso arcaico simbolo, non aveva senso andare ancora divisi alle elezioni; i quali però parlano ancora un linguaggio da salotto intellettuale e predicano le solite utopie.
Poi ci sono i seguaci di Grillo, che a parte qualche buona proposta e qualche vaffa, li preferirei fuori dalle istituzioni, sotto forma di movimento. Renderebbero di più.
Infine, ci sono quelli di Forza Nuova. Che forse, a parte il discutibile passato, sono quelli che dicono le cose più concrete.
Come diciamo dalle nostre parti…stamm ‘nguaiat!
Luca.