Cinque anni di addii L’ultima è la Gardini, appena salita sulla nave della Meloni. Ma i transfughi di Forza Italia aumentano ogni giorno
L’ultima dichiarazione d’addio è stata colpevolmente trascurata dai media. Eppure, senza falsa modestia, anche la signora Soccorsa Chiarappa (nome e cognome) da San Severo, ha compiuto la fatale scelta. È cioè passata al nemico: “Da soldatessa dell’esercito di Silvio, da donna che ha impugnato la spada per difenderlo nei momenti più duri, dico che Forza Italia finisce qui”. L’amazzone del Tavoliere ora e purtroppo – insieme alla moltitudine dei naufraghi che hanno toccato terra – se la spassa con Matteo Salvini, selfizzato su facebook, per l’inizio di una nuova, strabiliante storia d’amore.
“Lascio Forza Italia”. Il quinquennio degli addii certo non si conclude con il veleno di Elisabetta Gardini, appena tuffata a mare per raggiungere la scialuppa di Giorgia Meloni, ma la stagione dei traslochi, e tutti con la medesima frase di compunta e dispiaciuta dipartita, inizia con un magnifico duo. Prima monsieur Denis Verdini, archistar della geopolitica berlusconiana, poi Paolino Bonaiuti, essenza di Silvio nei giornali e nella televisione, avviarono, nella devota contrizione, il grande smottamento: “Lascio Forza Italia dopo una lunga e dolorosa riflessione”. Dall’apice la riflessione, per la forza di gravità, è calata in basso. Qui siamo solo per rendere, visto che nessuno testimonia il dolore della truppa, le innumerevoli riflessioni che si fanno diserzioni. Accanto a un Vittorio Sgarbi, multietnico del centrodestra, che chiede a Giorgia Meloni di trovargli posto, dopo aver patìto da Silvio Berlusconi una profonda offesa, nota come “lo schiaffo di Sutri”, la città della Tuscia che lo ha chiamato a fare il sindaco. È successo che Silvio abbia disertato “e per ben due volte”, la cerimonia di intitolazione di un giardino alla compianta mamma Rosa, “benché – recita il comunicato d’addio sgarbiano – il catering fosse già pronto”. Perso Sgarbi e perso Carlo Alberto Ghidotti, presidente del Consiglio comunale di Cremona: “Non posso far finta di nulla”. E a ragione neanche Giuseppe Graziano, consigliere regionale calabrese, non ha potuto far finta, e poi, come Antonella Patera, consigliere comunale di Como. “Con profondo rammarico lascio Forza Italia. I colleghi mi hanno definita una dei sette sfigati di Como”. E se è ormai denso di ricordi l’amore sciupato della pitonessa Daniela Santanchè, da tempo fascistizzata, le ferite più recenti che il territorio, questo benedetto territorio, riserva a Silvio e al suo procuratore protempore, il volenteroso Antonio Tajani (il becchino di Forza Italia, dice la Gardini), sono innumerevoli. Tantissimi i fanti che deviano e arretrano, e gli imbarcati che chiedono una scialuppa di salvataggio perché, anche nel loro piccolo, l’amore per la causa ha un limite. Valeria D’Acunzo, sempre dopo “tormentata riflessione”, lascia il gruppo nel consiglio comunale di Terni, e in Abruzzo Fabrizio Di Stefano, prima deputato e poi senatore, non sente più “lo spirito del centrodestra”. Senza spirito, ma con tanti voti in tasca, diserta.
È dalla periferia che arrivano le sorprese più sgradite, i colpi più dolorosi, gli affetti perduti negli annunci quotidiani. Una moltitudine di senza quid, giudizio avversativo che il Cavaliere usò per tarpare le ali ad Angelino Alfano, ora solo avvocato, avanza. Cosa dobbiamo dire a Marcello Antonelli, consigliere comunale di Pescara, che ha visto, “stanca, fiacca, ferma Forza Italia e con grande dolore io lascio. Premesso che faccio un ragionamento a 360 gradi”. Pur dimezzando i gradi del ragionamento, il risultato resta disgrazia. Perché a Taranto il Cavalier Alfredo Luigi Conti non ne vuole più sapere di coordinare il gruppo politico, e a Reggio Calabria Luigi Dattola, consigliere comunale, si trova “veramente a disagio”. Addirittura c’è Nicola Arduino, che avrebbe dovuto essere il faro del partito a Palermo, che si è autoafflitto: “Non mi piace più il partito che sto guidando”. Se lo è detto a se stesso, nella più lacerante autocritica.
Lascia, naturalmente con “grande rammarico” anche Piero Macedonio, medico di Agrigento. Gli italiani non hanno il dovere di saperlo, ma noi abbiamo quello di segnalare che grazie a Macedonio Angelino Alfano esiste: “Io lo lanciai in politica, e so già che Gesù non me lo perdonerà mai”.
In Sicilia è Gianfranco Miccichè a far tribolare: “Ormai è alla fine della sua carriera e fa l’asso pigliatutto. E noi?”
Voi chi? Se anche nel Veneto Massimo Giorgetti, “dopo attenta e dolorosa riflessione”, ha lasciato il gruppo regionale, e Michele Giardino, poveretto, a Piacenza lascia quello del consiglio comunale: “Ho la sensazione di non essere reputato all’altezza di Forza Italia”. Un popolo in fuga e bisogna trovargli riparo. Luca Marsico non sente più profumo di casa a Varese, Danilo Repetti, già sindaco di Aqui Terme, avverte quello della Lega. E Federico Brizi a Terni, uguale. Antonio Biella non coordina più nel tarantino, E Silvia Sardone, negli ultimi anni ritenuta vera vichinga berlusconiana, ha da tempo cercato un alloggio di fortuna. C’è stato persino l’angolo del dileggio. Pietro Spizzirri, comunque vicecoordinatore dei club di Forza Italia, aveva promosso la corrente “Forza Salvini”. Una vera provocazione. Per fortuna è stato espulso.
Da: Il Fatto Quotidiano, 15 aprile 2019