Dove andiamo stasera? Al River Bar in via Forche 1/C a San Martino in Rio, vicino Correggio, una quindicina di chilometri da Reggio Emilia, o al Piccolo Bar in viale Resistenza? Certe notti o sei sveglio o non sarai sveglio mai/ci vediamo da Mario prima o poi. Era il 1995 e Ligabue ci portò nella sua nebbia, in questo bivio di case, filari di pioppi e i suoi due amati bar. Ci vediamo da Mario prima o poi.
GEOMUSICA, melotoponomastica o come vi pare. Ascoltare le canzoni con la cartina geografica in mano (o con google maps ) è curioso e istruttivo. L’Italia delle canzoni, un libro di Italo Mastrolia (edizioni Graphofeel) ci fa viaggiare tra l’alto e il basso del successo. Canzoni note e sfigate, intense o petalose, minuscole o immortali, tutte comunque che partono o arrivano in un punto esatto. Proprio lì ad Andretta, nell’Irpinia d’Oriente, dove Vincio Capossela ha famiglia. Sono gli anni della grande emigrazione (ogni passo manda un bacio/gia le piacio, già le piacio/si chiama Angela sta a Torino/piace pure a mio cugino). Geolocalizzare. Chi siamo noi e dove andiamo noi/a mezzanotte in pieno inverno ad Alessandria, ed è Paolo Conte. “Novara no”, di Banda Bassotti quindi Milano. Cimit ero Monumentale, non c’è Dio e non c’è male, solo vaga oscurità. Questi sono i Baustelle. E “Porta Romana” di Giorgio Gaber? Porta Romana bella, Porta Romana. “Luci a San Siro”, più in periferia. Ricordi il gioco dentro la nebbia?/tu ti nascondi e se ti trovi io ti amo là cantava Roberto Vecchioni alla sua prima grande fidanzata, Adriana, sua vicina di casa. Seguire le note o la segnaletica ed essere in via Broletto con Sergio Endrigo, o nella via Gluck di Celentano e Corso Buenos Aires con Lucio Dalla. Letteratura musicale infinita, canzoni alti e canzoni basse, e dischi su dischi: “Il cielo di Milano”, “Il duomo di Milano”, “La neve su Milano”, “Lettera da Milano”, “Lontano è Milano”, “Milano bene”, “Milano innamorata”, “Milano Milano”. Basta più. A Stradella con Paolo Conte: È grigia la strada ed è grigia la luce/e Broni, Casteggio/ Voghera son grigie anche loro/c’è solo un semaforo rosso quassù/nel cuore, nel cuor di Stradella. E il cuoco di Salò di Francesco De Gregori o il lago di Como di Van De Sfroos: Brezza di Nesso, erba di Boffalora/sabbia di Fuentes e un tuono di Colmenacco/Vola, vola…vola fino a Tresenda/vola in Valcavargna e al Pian del Tivano.
C’è l’“Acqua alta in Piazza San Marco” (Giampiero Artegiani, 1984), “Com’è triste Venezia”, di Charles Aznavour, “Torneremo a Venezia” di Al Bano e Romina, “Venezia” dei Ricchi e Poveri, “Venezia” di Guccini, “Venezia” dei Santo California. E poi Belluno. Binario tre/un rapido/con destinazione: andar via. Ligabue fece il militare a Belluno e la stazione era la meta abituale, ricordata in “Dove fermano i treni”. Baglioni ci porta ad Agordo poi al Lago di Misurina. Franco Battiato fa Scalo a Grado. E quindi “Com’è bello far l’amore da Trieste in giù”, ricordate Raffaella Carrà? Ma Trieste è anche “Magazzino 18”, il luogo della pena, della dimenticanza, dell’esilio. Il luogo dell’abbandono delle masserizie degli italiani costretti a partire. Lacrime uguali a quelle che Nilla Pizzi aveva fatto scorrere con “Vola Colomba”. C’è Bologna, e ci sono Santi che piangono il mio pranzo non ce n’è/sulle panchine di Piazza Grande. Il grande Lucio Dalla. O via Paolo Fabbri 43, dove aveva casa Francesco di Guccini. E fu a Bologna che scoppiò la prima bomba (Antonello Venditti). Poi “Le donne di Modena” di Francesco Baccini, qualche chilometro e siamo a “Romagna Mia” di Casadei. Via del campo c’è una graziosa/gli occhi grandi color di foglia/tutta notte sta sulla soglia/vende a tutti la stessa rosa. Neanche c’è bisogno di ricordare che Fabrizio de André è di Genova e che “Bocca di rosa” la incontrerà al paesino di Sant’Ilario. A Firenze si scende di poesia con Pupo fermo a “Santa Maria Novella”, si risale con Ivan Graziani. Comunque tu porta un bacione a Firenze. A Roma la mappa stradale ce la fa Antonello Venditti: dal liceo Giulio Cesare a piazzale degli Eroi, Campo dei fiori, Valle Giulia. Si impegna anche Claudio Baglioni con piazza dei Cinquecento, Paolo Pietrangeli è a Porta Portese, Barbarossa in via Margutta. “Fontana di Trevi” è di Claudio Villa. Poi le immortali: “Roma capoccia”, “Arrivederci Roma”. E quindi un elenco telefonico canoro: “Roma di tutti”, “Roma nuda”, “Roma malata”, “Roma spogliata”. Con Calcutta siamo arrivati a “Frosinone”. Pochi chilometri da Nisida di Edoardo Bennato. Il grande “Don Raffaè” di De André. “A città e Pulicinella”, “Munasterio” e “Santa Chiara”, “Campi flegrei”, “Napul’è” (ricordare almeno una volta Pino Daniele).
CHI HA VOGLIA “Viene a ballare in Puglia” che c’è Caparezza. Oppure con Rino Gaetano più giù: Chi vive in Calabria, chi vive d’amore/Ma il cielo è sempre più blu.
da: Il Fatto Quotidiano, 10 febbraio 2018