A Napoli dicono tric trac. Nei palchetti sganasciati dei quartieri popolari anche tricchete e tracchete. Lui, che è nato nelle vicinanze della bocca dell’Etna, e lì ha la vigna, i cani, i mandarini e la scienza esatta del suo talento politico, annuncia: “Il mio governo sarà una moschetteria”. Assessori come fanti col dito sul moschetto dei regolamenti e delle leggi: provvedimenti a raffica, bonifiche, sanatorie, appalti, urgenze adempiute. Saranno fuochi d’artifici e vedremo finalmente lo spettacolo del buon governo.
E IMPRESENTABILI ridotti a “scassapagghiari”, ladruncoli di paese. Insomma: microcriminalità politica. Nello Musumeci, il fascista perbene, l’uomo d’ordine che conosce i bisogni della gente è il vincitore ed è fermo sul ricordo: “Ho guardato negli occhi Berlusconi e gli ho detto: io nomino, io scelgo. O così, o mi dimetto”. Fiducioso, volitivo, pragmatico. Nulla a che vedere con Rosario Crocetta, l’uscente neomelodico, l’affabulatore e il narciso che ieri, via sms, ai giornalisti comunicava: “Tra quattro ore termina il mio voto di castità”. O ringhiava: “Il Pd voleva ammazzarmi e ha finito col suicidarsi”. No, Musumeci è disciplinato come un tedesco, sobrio, asciutto nel fisico, determinato: “Questa vittoria la dedico ai miei tre figli (uno dei quali purtroppo è deceduto), ai figli della Sicilia e a tutti i siciliani”. A Palermo è giunto con le tenebre, e lo attendeva il capo moschettiere Gianfranco Miccichè, ieri suo indubitabile nemico, che si è molto congratulato: “Avrò pure il diritto di consigliargli qualche assessore? Poi certo, lui sceglie”. E Vittorio Sgarbi, teatrante di prima grandezza e vice moschettiere: “L’assenza del mio movimento, Rinascimento, dalla corsa elettorale è stato decisivo per la vittoria di Musumeci. Sarò suo assessore alla Cultura”, etc etc.
Alle 9 di sera lo spoglio non si decideva a spegnersi, a lasciare libero Musumeci di contare i suoi voti, quelli delle sue liste e soprattutto se è vero, come appare, che la sua maggioranza sarà invece minoranza, 32 eletti su 70 seggi. Un guaio non grandissimo, ma certo un problema in più: servirà un aiutino da parte del centrosinistra.
E poi contare quanti sono gli scassapagghiari, gli impresentabili. A Messina il giovanissimo Luigi Genovese tra un esame di giurisprudenza e l’altro (“sto preparando le due prove di Procedura e Diritto amministrativo”) ha raccolto come d’incanto circa 20 mila preferenze e Nello il tedesco, il governatore della sobrietà e della moschetteria, si è trovato a veder sospingere la sua cavalcata da una percentuale bulgara: oltre il 50% dei consensi nella città dello Stretto. Tutto merito di Musumeci o del papà di Luigi, Francantonio, imprenditore d’altura, commissario politico della città, arrestato e condannato, come sua moglie, deputato che il Pd ha lasciato andare in carcere e che – sempre per via della passione politica – ha scelto di macinare voti per Forza Italia? E nulla gli chiederà Antonello Rizza (4 processi, 22 capi di imputazione) sindaco di Priolo decaduto, che coi suoi voti non è riuscito a farsi eleggere ma certo ha reso pingue il bottino di Musumeci in provincia di Siracusa? E Musumeci dovrà qualcosa a Luca Sammartino, boss delle preferenze Pd a Catania che nell’ultimo giorno utile ha fatto diramare dai suoi ragazzi sms per il voto utile: scaricare Micari e sostenere contro i 5Stelle il dirimpettaio Musumeci?
Scassapagghiari, li ha liquidati così il nuovo presidente. E ha detto anche viva l’Antimafia, e tutto quel che bisogna fare per far diventare bellissima (“Diventerà bellissima” è il nome della sua lista) l’isola affranta e sporca, piegata da disoccupazione e malgoverno centenario. È vero: Musumeci è l’uomo politico mai intaccato da un’inchiesta, mai sporcato da una voce, mai finito dentro al calderone delle maldicenze. Ed è giusto credergli, fino a prova contraria: “La giunta la decido io. O mi dimetto”.
MA HA ACCETTATO di farsi eleggere anche coi voti di Marianna Caronia, la signora indagata a sua insaputa nell’inchiesta per gli appalti del servizio marittimo che ha portato in carcere l’ex sindaco di Trapani. Musumeci sale al trono anche grazie ai voti di Riccardo Pellegrino (fratello imputato per mafia) e forse deve dire grazie pure a Edy Tamaio che ha corso per il centrosinistra ma ha dimenticato di spiegare ai propri elettori che il suo candidato era Micari.
“Ringrazio la coalizione per avermi onorato della sua fiducia”, ha detto a Catania davanti alla sua corte più fedele e grata. Anche la coalizione ringrazia sentitamente, formula vivi complimenti e attende fiduciosa. Gli amici sono tanti e perfino Renato Schifani, uomo di Stato, festeggia. Era andato via da Forza Italia con Angelino Alfano, ma poi la passione l’ha ricondotto alla casa del Padre. Hip hip, urrà.
Da: Il Fatto Quotidiano, 7 novembre 2017