Come lo Stato, che accoglie i mecenati pur di vedere le sue bellezze rimesse a nuovo, anche il Vaticano cura il lifting fatturando i bonifici delle imprese. Mai però la pubblicità che – direbbe Mike Bongiorno – è pur sempre il sale della vita, era giunta così vicina al cuore di Gesù, dentro l’enorme mistero che la fede procura.
E SARÀ SEGNO anche questo della provvidenza divina che tutto guarda e tutto governa. Sono dettagli terreni ma anche i soldi hanno il loro quid. E rifare la facciata situata accanto alla Basilica di San Giovanni in Laterano, nell’edificio che Sisto V fece edificare per conservare la cappella privata dei Papi, il Sancta Sanctorum, ha il suo costo. E quindi via con la pubblicità. Tu vieni e preghi e lui, anzi lei, cioè Acea, paga. La soluzione ha davvero le sue convenienze ma pure, come tutte le questioni, un che di spiritualmente irrisolto. La Chiesa di Francesco, votata all’umiltà, a tornare povera tra i poveri, vicina a chi ha sete e fame, con il cuore dentro il flagello delle ingiustizie, delle guerre, della peste della cattiveria umana, ha pur sempre da fare i conti con la realtà: la sua imponente proprietà fondiaria, non solo chiese e campanili, ma palazzi di ogni sorta e taglio, hanno periodiche necessità di manutenzioni. Evitiamo qui di annotare gli effetti collaterali di tanto benessere immobiliare che tanti crucci ha dato a Francesco. La questione, anzi la domanda, ora è questa: dopo l’Acea verrà – per par condicio – anche il turno della Coca Cola? E –raggiunta la Scala Santa – quand’è che lo sponsor entrerà a San Pietro?
Da: Il Fatto Quotidiano, 4 aprile 2017