12 punti. Anzi no: 10. Facciamo 5 e non se ne parli più!
Azioni? Punti percentuali? Prezzi? Macché, parliamo dei punti dei programmi elettorali! Walter te ne vende dodici e Silvio te ne propina cinque. C’è poi Luca, che i punti – dieci – li impone. Nel supermercato elettorale ciascuno illustra la propria raccolta premi. Che serva davvero?
Una volta, quel che faceva la differenza si chiamava ideologia. Divideva il mondo in due parti, o di qua o di là. Poche pagine, tanti discorsi e uno schieramento sicuro. Un po’ come Don Camillo e Peppone di Guareschi.
Poi, dal bianco e nero si è passati al colore. Varie tonalità di grigio, niente di eccessivamente brillante, ma quale nuance scegliere era ancora una questione seria, fatta di programmi elaborati, pagine su pagine di proposte. La decisione poteva essere ben ponderata.
Ora siamo arrivati al monocromo: niente discorsi, qualche battuta al tg, seratone intere da Bruno e poi via coi punti! Chi meno ne ha, meno ne metta!
Ma nel supermercato della politica, si sa, il giorno dopo le elezioni la raccolta punti è già scaduta. Tante o poche, le promesse da campagna elettorale sono come quelle dei marinai: rigorosamente disattese. Ricordate il buon proposito per risolvere il conflitto d’interessi? E tutte le promesse di abbassare la pressione fiscale?
Non si tratta di un atteggiamento di una fazione piuttosto di quell’altra. Non c’è destra né sinistra che tenga. L’unica differenza tra i governi consiste nel tempo necessario agli elettori a rendersi conto di essere stati gabbati con lo specchietto per le allodole dei punti elettorali.
Chi ha in mano lo scettro del potere viene infatti attratto dal sottile fascino dell’immobilismo. Ne parla Antonello Caporale nel suo libro Impuniti:
“Se decidere è un rischio, allora conviene non farlo. Si sta più sicuri nella botte di ferro dell’immobilismo. Non è più saggio prendere tempo, sine die? Tenere il piede in tante staffe quante sono le opzioni di scelta? […] La gente dimentica chi non fa nulla, e spesso non lo sa nemmeno. E poi si può sempre rinviare e promettere per la prossima legislatura, o dare la colpa ai predecessori”. Un atteggiamento, ahimè, bipartisan. Vi sfido a raccontarmi la storia di un solo politico, grande o piccolo, che abbia veramente mantenuto le promesse fatte.
SABRINA PINDO