Se a luglio, nel primo conto parziale, gli alberghi erano pieni al 73%, a Natale la città è stata sold out. Non una stanza libera, fosse pure dell’ultimo affittacamere, non un tavolo al ristorante che non sia stato prenotato, non un negozio vuoto. “Si è sviluppata un’energia vitale collettiva, una voglia di andare avanti malgrado tutto, e il turismo non porta solo soldi ma anche civiltà, urgenze nuove. Cappella di San Severo, per esempio, si è fatta carico autonomamente di riqualificare la strada antistante. Al municipio mancavano i soldi e l’economia turistica ha provveduto a un processo virtuoso di sostituzione”, ricorda lo scrittore Maurizio De Giovanni.
NAPOLI HA LE TASCHE vuote, i creditori alle porte, una pila impressionante di decreti ingiuntivi, carrettate di nullafacenti, obliqui personaggi ovunque, eppure va avanti. “Napoli è la sola città italiana che si è vista commissariare dal governo i suoi due più importanti canali finanziari, il porto e l’area di Bagnoli”, ricorda ancora De Giovanni. Eppure sta riuscendo a rinascere. Il miracolo, se vogliamo chiamarlo così, ha un nome e cognome: Luigi De Magistris. Un ex. Ex Giggino a manetta, politico con la bandana, Masaniello al tempo di Internet, populista per vocazione, giustizialista per formazione e ogni altro appellativo che si è andato cercando, un po’ anche meritandoselo. Oggi è solo un sindaco stimato, amato, rispettato. “Ha gli stessi bioritmi della città, una connessione sentimentale unica, una visione suggestiva”, garantisce Marino Niola, studioso dei corpi al Suor Orsola Benincasa.
N’ALBERO È IL RISULTATO tipico di una progettazione anarchica, provvisoria, autodidattica, nello stile approssimato e confuso. C’era il Natale in arrivo e c’era un amico del sindaco, Pasquale Aumenta, che costruisce palchi per spettacoli in tutta Europa. I suoi ponteggi, che altrove sarebbero stati utili per puntellare le mura di edifici cadenti, qui hanno edificato un enorme albero, piramide luccicante che sorveglia la città dall’alto. Estetica ad alto rischio, malumori diffusi, ma colpo turistico favoloso: centomila visitatori, i ristoranti sull’albero presi d’assalto, “trecento euro per cenare a Capodanno e nessun posto libero”, ricorda Niola. Il Comune ha speso zero ma la città si è vista allargare le misure da una ricchezza sconosciuta. Il lungomare che qualche anno fa spegneva le sue luci alle otto di sera si è trasformato in un grandioso luogo della ricreazione. De Magistris ha avuto l’idea di chiudere al traffico quella zona e ha colpito nel segno, ha aperto una porta alla città, una speranza ai disoccupati ora riconvertiti in camerieri, pizzaioli, fattorini, un futuro alle guide turistiche, un modo nuovo di campare, di stare al mondo, di sentirsi in vita. “De Magistris ha lasciato che la città si organizzasse da sola, che mettesse in opera la propria arte. Come un regista che ai suoi attori dice: fate come meglio vi pare basta che il film viene bello”. Ha vinto l’anarchia dice il poeta Franco Arminio. Ha vinto la ragione, dice invece il saggista Isaia Sales. “È come se la città avesse capito che dall’Italia non c’è da aspettarsi nulla di buono, che di aiuti finanziari non ci sarà traccia. Tutti hanno compreso che era venuto il tempo di far da soli e il popolo, che qui ci mette un secondo a sbeffeggiare e protestare, si è fatto vicino al sindaco perché l’ha visto interessato al suo destino. E la borghesia, quella che una volta votava a sinistra, adesso cerca nel municipio un punto di riferimento non un miracolo. È una prova nuova di maturità. Nessuno si aspetta che la città splenda, nessuno parla di rinascimento, nessuno ha l’ambizione dei tempi del primo Bassolino. Tutti con la consapevolezza che in questa crisi sia già una vittoria resistere”.
IL DILETTANTISMO dei primi tempi con i 23 assessori sostituiti in un pugno di mesi facendo apparire la giunta un vagone itinerante e sconclusionato di viaggiatori sprovvisti di biglietto ha fatto posto alla versione due del sindaco. “Oggi è più lucido nella redazione di un progetto sociale, De Magistris ora è un leader”, dice De Giovanni. A Napoli oggi le bande camorristiche si ricompattano, le pistole tornano a sparare, ma la pressione delinquenziale non mette a tacere la città, non la intimorisce e non le ruba la speranza.
da: Il Fatto Quotidiano, 6 gennaio 2017