Anche i candidati del centrodestra come Osvaldo Napoli per Forza Italia e Alberto Morano, notaio candidato da Lega e Fratelli d’Italia, riservano parole buone per Piero Fassino, sindaco uscente di Torino in cerca di conferma. A sostenerlo lunedì arriverà anche il premier Matteo Renzi, che ha fatto all’ultimo segretario Ds una promessa, ci dice Giorgio Airaudo, deputato di Sinistra italiana e candidato sindaco.
Airaudo, Renzi rovinerà la campagna di Fassino o gli darà più lustro?
Io non credo che Fassino e i suoi siano scontenti del suo arrivo. Non è soltanto il loro segretario, ma anche il premier, l’uomo a cui molti hanno affidato il proprio futuro. Dentro al Pd, ad esempio, si dice che Renzi abbia convinto un indeciso Fassino a ricandidarsi promettendogli, se passa la riforma, la presidenza del nuovo Senato delle autonomie.
Sa che della riforma Fassino critica un solo aspetto, i pochi posti per i sindaci in Senato…
Confermerebbe quelle voci… ma non voglio credere che il Senato possa diventare il dopolavoro o il buen retiro di sindaci che non sanno smettere di fare politica. Se fosse così sarebbe bene che lui lo dicesse, perché i torinesi devono sapere chi eleggono.
Ormai pare che tutti sostengano Fassino. Lei è sicuro di aver fatto bene a candidarsi?
Non vincerà al primo turno, una parte di Torino vuole aprire una discussione. In una città duramente colpita dalla crisi e senza una prospettiva chiara, lui ha trascurato i più deboli colpiti da sfratti e disoccupazione. Io mi sento la Croce Rossa. È il Pd che è sempre più centrista mentre Fassino si espande a destra, imbarca gli endorsement di Ghigo e Vietti, le dichiarazioni di Napoli e Morano.
Fassino dice: ho affrontato la crisi occupazionale e delle periferie con progetti strutturali.
Torino ha sempre affrontato le sue sofferenze con interventi diretti e pubblici. Da anni invece assistiamo a interventi dei privati, così i servizi peggiorano in due modi: si riducono gli addetti e regrediscono le condizioni di lavoro. Poi c’è l’intervento delle fondazioni bancarie che hanno sostituito il welfare pubblico.
Ecco, le banche. Fassino non nasconde i suoi buoni rapporti con Intesa e con la fondazione, la Compagnia di San Paolo.
E invece bisogna affrontarle. Bisogna fare un audit sul debito per capire quanto peserà sulle spalle dei torinesi e poi bisogna rinegoziarlo con le banche, come hanno fatto a Barcellona. Bisogna avere la forza, il coraggio e il consenso, ecco perché avrei voluto che le nomine della Compagnia di San Paolo fossero spostate a dopo le elezioni. Invece di debito non si parla. Per questo è una campagna elettorale moscia.
Perché?
Perché i confronti pubblici sono organizzati da soggetti che sentono l’influenza del sindaco. C’è un elemento di conformismo e omologazione. Fassino è molto legato all’establishment e continua a proporre le solite figure.
Si riferisce a Paolo Peveraro?
Sì, l’ex assessore al bilancio di Sergio Chiamparino che ha sottoscritto i derivati che gravano sul bilancio e ha ceduto l’Aziende elettrica municipale (Aem), una gallina dalle uova d’oro. L’Aem si è fusa con l’azienda genovese e poi ha dato vita all’Iren, dove ora Peveraro è presidente. Non ha fatto benissimo, eppure è sempre nel giro.
L’Iren vanta un credito di 190 milioni con Torino, eppure non lo riscuote. Che ne pensa?
Che facciamo bene a chiedere un audit.
A Iren c’era Francesco Profumo, ora alla presidenza della Compagnia di San Paolo.
Ribadisco: bisognava aspettare le elezioni per nominarlo. Avremmo avuto più autonomia nelle decisioni.
Per Fassino l’ex ministro è l’uomo giusto perché gestirà più di 2 miliardi di euro da investire sul territorio. Cosa ci vede?
L’idea che gli unici enti ricchi siano le fondazioni deve farci riflettere. Sono diventati gli enti che amministrano le città. Ma i cittadini eleggono il sindaco, non i consigli d’amministrazione.
Da: Il Fatto Quotidiano, 27 maggio 2016