FORSE non lo sappiamo oppure non lo ricordiamo, oppure a noi maschi la cosa ci riguarda poco. Ma l’aborto, l’interruzione volontaria della gravidanza, anche se è legge dello Stato, è praticata solo da una minoranza dei medici italiani.
Questo è un fatto, una prova, una circostanza dentro la quale si sviluppa la vita e la paura di Lea, protagonista del romanzo che Flavia Piccinni (Quel fiume è la notte, Edizioni Fandango) sembra aver scritto con tutto il suo corpo. La forza della narrazione, la densità, l’energia delle parole fanno emozionare per il sentimento che trasmettono. È il tramonto di un’esistenza e l’avvio di un’altra. La scrittura è decisa, forte nei passaggi che danno respiro al racconto.
Non sopisce mai, colpisce invece quasi in ogni pagina. Un romanziere deve cercare in ogni rigo il fiato che necessita alle proprie costruzioni, a
rendere percepibile ogni suggestione, valicabile il confine di ogni fantasia, e la Piccinni, che non è una sprovveduta, trova sempre l’angolo giusto, l’inquadratura necessaria, l’energia indispensabile per rendere una storia “la” storia.
Non è un caso che Fandango abbia voluto mandare questo suo titolo al premio Strega. Il libro ha gambe per andare avanti, e avrà tempo per essere letto e anche riletto.
da: Il Fatto Quotidiano, 6 aprile 2016