La Campania è stata appaltata a Vincenzo De Luca, la Basilicata offerta in gestione ai fratelli Pittella, la Calabria a un consorzio di imprese individuali. La Sicilia invece è un franchising (fatturato interessante), come pure la Puglia che ha, però, più problemi di liquidità.
Per la holding renziana il Sud non è altro che un vitalizio. Una rendita permanente, un incasso sicuro in termini di voti, una cambiale a doppia cifra sempre onorata alla sua scadenza.
IL MEZZOGIORNO non è più un territorio ma una provvista, è denaro contante, perché i voti sono come i soldi, si contano e si spendono. In cambio la società capogruppo laggiù non mette piede né becco, non vede, e se vede non mette a fuoco, non sente, e anche quando ascolta si tura le orecchie, e nemmeno vede. Cieca, signora mia!
Non che i leader che l’hanno preceduto abbiano fatto meglio, ma con Renzi si arriva allo Zenit. Adesso che la Campania sporca le primarie al Pd, proprio mentre il Pd era intento a sporcare i Cinque Stelle con le vicende immorali di Quarto – cioè sempre con un po’ di Campania –, ci ricordiamo che il presidente del Consiglio alle scorse primarie era riuscito a ottenere nella città governata dall’attuale presidente della Regione, cioè Salerno, il 97 per cento dei consensi in città e il 71,3 per cento dei consensi in provincia.
Gianni Cuperlo, il concorrente sconfitto, fece ricorso. E di cosa accusò il Pd deluchiano? Esattamente di brogli. Infatti i voti di Salerno non furono attribuiti, ma il padrone di Salerno è stato promosso: oggi infatti è governatore. Salerno è un vitalizio, come tutto il Sud.
PRIMA di Renzi passò all’incasso Pier Luigi Bersani: alle precedenti vittoriose primarie ottenne grazie a De Luca esattamente il 97 per cento dei voti in città e il 71 per cento in provincia. Tutto si tiene. Il vice di De Luca in Campania, Fulvio Bonavitacola, si è aggiudicato le parlamentarie del 2012 anche grazie ai voti del Pd di Nocera Inferiore dove transitarono, anche per mano di una società edile, circa 700 preferenze frullate, smistate e purtroppo intercettate, per colpa della loro definizione via telefono, dalla procura. Sono agli atti quei voti, eccoli. Quelli non puzzano.
C’è l’appalto e poi anche il subappalto.
La Lucania è gestita intra-moenia dalla famiglia Pittella. Gianni, il fratello maggiore, essendo a Strasburgo capogruppo del Pse, dunque fuori casa per quattro giorni su sette, ha delegato suo fratello minore Marcello a fare il governatore e provvedere all’ordinaria amministrazione. Nei giorni feriali si va da lui, nei festivi o nei weekend c’è Gianni. Chi controlla? Chi decide? Chi seleziona?
Chi, per esempio a Cosenza, dove è in auge il Partito della Nazione, ha scelto di cooptare il boss cittadino Antonio Gentile, fresco di nomina a sottosegretario allo Sviluppo economico, nella cordata del centrosinistra che promuoverà l’agente televisivo Lucio Presta a nuovo sindaco? Gentile fino a ieri, almeno in città, aveva organizzato la cordata di centro destra. Poi ha piegato verso Ncd, ma nelle ultime settimane è considerato un nuovo supporter di Verdini. In Calabria il governo è affidato a Mario Oliverio che è il trapassato. Non è più un corpo, ma cera. È il potere sempre immobile e sempre instabile. Sei mesi per fare una mezza giunta, un assessore nei guai, come al solito, nessuna idea, nessun investimento. Inazione, inerzia. Inguardabile. Renzi dov’è? Lo sa? Gli frega? No, è il sistema del concambio: quando servirà la Calabria sarà renziana e vincente. Quindi c’è da scandalizzarsi se il personale politico è il più chiacchierato, ignavo, consunto? Pensate che laggiù le primarie sarebbero luccicanti?
E LA SICILIA, dove il plenipotenziario di Matteo si chiama Davide Faraone e ha acquisito in blocco il centrodestra, ha accolto la fila dei cuffariani, definendoli “apporti nuovi, magari insoliti, ma sempre costruttivi”. Cos’altro è se non un permanente suk dentro il quale ogni sei mesi si sfascia e si ricompone una giunta Crocetta, si taglia e si cuce un assessorato dietro l’altro? Il suk in cambio dei voti che serviranno a Matteo Renzi per vincere. Nel partito e nel Paese. Il mercimonio, definizione adeguata con la quale Antonio Bassolino ha commentato le ultime vicende napoletane, è l’elemento fisso, l’inquadratura stabile di un partito che non vuol cambiare, che non apre le porte al possibile nuovo ma le chiude, non innova nell’apparato ma conserva le antiche, oleate clientelari strutture di potere. Non combatte i vizi ma li accoglie come un pegno obbligato. È vero: il Sud sporca un po’ l’immagine, ma in fondo è tutto ok, il prezzo è giusto.
Da: Il Fatto Quotidiano, 9 marzo 2016