A loro insaputa. Anche le statue dei Musei capitolini si sono trovate nella sofferta condizione che fu del mai abbastanza rimpianto Claudio Scajola.
“Qui sbaglia. Definirmi il teorico dell’insaputo significa solo costringermi a ricordarle che questa parola fu una devianza giornalistica, un sottoprodotto cronachistico del vostro taccuino frettoloso, magari proprio del suo, lei c’era quel giorno?”
Altroché!
E non ricorda?
Il ricordo è vivo, come se fosse oggi. Rammento il volto di sua figlia.
Venne anche mio figlio. Giunsero la sera prima a Roma e anticipai loro la decisione di dimettermi.
Potremmo dunque dire che tecnicamente a sua insaputa le fu attribuita la frase a mia insaputa.
Io dissi: nulla sapevo. C’è differenza.
Non subisce l’acquisto della casa, non è l’oggetto inanimato e molle dell’altrui generosità. Convengo con lei: nulla sapevo cambia le carte in tavola.
Non sa però poi com’è andata a finire?
Assolto.
Trentacinque pagine di assoluzione. Non c’è uno spillo che mi si possa attribuire. Non mi sarei dimesso.
E come fa? Nessuno mi chiese nulla, ma era chiaro che in quella condizione non avrei potuto continuare a essere ministro. Poi ho scoperto che con le dimissioni vanno via pure gli amici, e si diventa un cargo dove ciascuno deliberatamente getta fango. Le dimissioni si convertono agli occhi insinceri e avidi degli invidiosi e dei pavidi in un atto di contrizione e di scuse, un deliberato protocollo di colpa.
Quindi gli avidi, i pavidi e gli invidiosi hanno fatto a gara a sputacchiare vergogne.
Esatto. Amici, nemici e passanti. Rimorchi quintalate di fango che giungono da ogni dove. Adesso mi trova a Reggio Calabria per difendermi da uno degli ulteriori processi (quello Matacena) che sono seguiti alle famose dimissioni.
Posso dirle? Non è stata forse anche colpa del suo cattivo carattere? La sua proverbiale ira le avrà procurato nemici, fastidi, insidie dei meno talentuosi.
Chi governa deve avere carattere. Deve decidere, deve avere un progetto in testa, altrimenti che governo sarebbe, quali decisioni mai si prenderebbero?
I suoi vecchi amici di Forza Italia si sono dimostrati dal carattere molle e intristito dal potere. Vedere scappare in lacrime Bondi, o notare che i polsini d’oro di Verdini sono passati dall’altra parte fa un po’ pena.
Convengo.
Che disastro!
Lo dice a me?
Lo dica almeno a Berlusconi: Silvio, lasci perdere!
Fatto. Alcune sere fa mi ha telefonato per farmi gli auguri di compleanno ed è stata l’occasione per spiegargli il mio punto di vista. È nostro dovere impedire che la metà degli italiani rifiutino di andare a votare e l’altra metà sia costretta a scegliere tra Renzi e Grillo.
Ci vorrebbe Scajola.
Proprio qualche sera fa, invitato da 35 sindaci della mia Liguria, ho illustrato la mia analisi, messo in comune una riflessione obbligata.
Scajola c’è!
Basta con i bulletti muscolosi. Giovanilismo fa rima con infantilismo. Non servono i giovani, servono i bravi.
E modestamente lei…
Io ho carattere, so che per realizzare un programma ti serve un progetto in testa, uno staff che lo elabori e un uomo che lo rappresenti.
Serve un leader.
Non dispero.
Non dispera.
Da qui alle elezioni si troverà chi alzerà la bandiera dei moderati verso la vittoria.
Mi ha fatto molto piacere risentirla.
Sapesse a me. Ma non mi faccia pentire però.
Da: Il Fatto Quotidiano, 29 gennaio 2016